(R) Capitolo 6: Infuso di Cacciadiavolo (2/2)

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Wulfric fece una pausa e le rivolse un sorriso amaro.

«Essere ignorata ha portato Medb a nutrire un forte risentimento nei confronti degli uomini. Si è incattivita, e da dea capricciosa ma benevola, è diventata crudele. La Dama, sua sorella, è l'unica disposta a tenerle testa e a proteggere gli umani. Da quanto ne so, le altre Daone Sith sono morte eoni fa e il potente Finvarra, l'unico Daone Sith maschio, si è ritirato nell'Oltremondo. Però la Dama è ancora qui e protegge chi ha deciso di restare. Una volta saputo di questa faccenda, non ho potuto fare altro che unirmi a loro. Mi hanno detto che avevo le doti necessarie per diventare un ottimo Mundbora, e ho pensato fosse giusto lottare per qualcosa. Io ho preferito prendere il destino nelle mie mani e vivere davvero, anziché finire incastrato nel mondo quadrato degli umani. E, da quando sono qui, mi sento vivo. Davvero vivo, per la prima volta.»

Rose avrebbe voluto dirgli che le dispiaceva non si fosse mai sentito a suo agio fra gli umani e che lei gli voleva bene nonostante il suo caratteraccio, ma, se servire come Mundbora lo rendeva tanto felice, non si sarebbe messa in mezzo.

Vedere Wulfric tanto disposto a dire addio al mondo degli umani e alla sua famiglia la faceva star male, anche se sapeva che fra lui e i suoi genitori non c'era mai stato un rapporto tanto profondo. Tuttavia, almeno per quanto riguardava lei, Rose aveva pensato avessero un rapporto particolare per cui valeva la pena lottare, ma forse Wulfric non la pensava allo stesso modo.

Restarono in silenzio per un po', galleggiando nell'acqua, mentre osservavano le alghe colorate che popolavano il fondale.

«Dovrei andare a prendere l'infuso di Cacciadiavolo per te» disse Wulfric a un certo punto, rompendo quel momento di imbarazzo.

Nuotò verso la riva e raccolse la tunica abbandonata da Myrddin. Era minuscola in confronto al suo corpo da gigante, ed era appena passabile come gonnellino.

Rose si voltò e, nel vederlo con quello straccio sulle anche, scoppiò a ridere.

«Forse un filo d'erba sarebbe più coprente!»

Wulfric assunse una sfumatura rosso livido e accelerò il passo, risalendo lungo la collina.

«Tu stà ferma lì! Non ti muovere!» le gridò, mentre faceva irruzione in una casetta a mendicare degli abiti.

Rose sghignazzò fra sé e sé: Wulfric era stato intaccato dalla mancanza di pudore degli abitanti di Avalon, che se ne andavano in giro come se i loro corpi nemmeno gli appartenessero, però lei era sufficiente a metterlo in imbarazzo e a ricordargli cosa significasse essere umani. Non poteva nascondere che la cosa la divertiva parecchio.

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Rose si era avvolta in una coperta offertale da un paio di bambini dalle orecchie a punta. I due si erano seduti poco lontano da lei e stavano scavando una buca in cerca di vermi. I loro corpi erano ricoperti di polveri colorate e dalle loro schiene, emergevano un paio di ali minuscole simili a quelle di una libellula. I loro occhi erano ampi e privi di sclera, come quelli di un insetto, ma non spaventavano Rose.

Uno dei bambini si mise a giocherellare con le dita dei piedi della ragazza, esaminandoli come se non ne avesse mai visti un paio.

«Mi fai il solletico!» protestò lei, cercando di scacciarlo.

Il bambino rise e rotolò nell'erba fino a urtare il suo compagno. Questi lo spinse e i due cominciarono a litigare fino a cadere in acqua. Una volta che furono riemersi cercarono di acchiapparsi e cominciarono a nuotare.

Wulfric tornò poco dopo e le porse un calice colmo fino all'orlo di una sbobba verdastra.

«Ecco il tuo infuso.»

Rose sollevò lo sguardo su di lui e sorrise della sua smorfia offesa. Doveva essersela presa per prima.

La ragazza accettò il calice e inarcò le sopracciglia quando ne vide il contenuto. «Se lo berrò mi farà morire tra atroci sofferenze?»

«Sono sicuro all'ottanta percento che non succederà nulla, se non l'effetto inteso.»

«Hm. Almeno dimmi cosa c'è dentro, così saprò quale sarà la causa della mia dipartita.»

Wulfric non riuscì più a mantenere il broncio e scosse la testa. «Rose, credevo avessi più fiducia in me! La mia autostima di Mundbora ne risente. Se Myr dice che puoi fidarti... comunque, contiene Cacciadiavolo, o Iperico. Chiamalo come ti pare. Un distillato dagli influssi benefici. Ti farà stare meglio, specie dopo quello che hai passato.»

Rose capì che lui non l'avrebbe lasciata in pace finché non l'avesse bevuto, e così l'accontentò. Fu sorpresa dal sapore di quella fanghiglia, che era tutt'altro che cattiva: sapeva di torta di mele, anzi, no, di strudel della nonna.

«Buonissimo! Non ce n'è ancora?»

«Mi dispiace, ma no» sospirò Wulfric e le sfilò la coppa di mano.

«Sei davvero antipatico a volte» borbottò Rose, passandosi le braccia attorno alle ginocchia.

Wulfric si passò una mano dietro la nuca e si lasciò cadere accanto a lei. Rose si sorprese di non vedere la terra tremare, vista la grazia con cui si era lanciato, ma non commentò.

«Scusa se sono sempre così scontroso. Non lo faccio apposta. Ho solo tante cose a cui pensare, e la situazione non è delle migliori, qui.»

Rose inarcò le sopracciglia, facendogli cenno di continuare la sua spiegazione.

«Te l'avevo detto io che era pericoloso.»

«Devi sempre mettere il coltello nella piaga tu?»

«Sono qui apposta per ricordarti quanto sei irresponsabile, e lo faccio gratis. Dovresti essermi grato.»

Fu allora che Wulfric fece qualcosa di molto strano. Le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse a sé come se fosse stata in punto di morte.

«Che ti prende adesso? Non fai mai il gentile con me.»

Wulfric la guardò con un sorriso talmente finto che nemmeno uno sciocco ci sarebbe cascato. «Ti conforto.»

«E per cosa?»

Wulfric scoccò un'occhiata al calice vuoto e si morse un labbro. Rose strinse le palpebre e fece due più due.

«Oh, no. Non avresti osato.»

Wulfric sollevò le braccia in segno di resa e cercò di spiegarsi, ma lei tentò di allontanarlo mettendogli una mano in faccia.

«Cos'hai messo in quell'intruglio? Cosa diavolo ci hai messo?»

«Ti giuro, l'ho fatto per il tuo bene! Non voglio che resti coinvolta!»

«Sei uno scemo! Uno... uno scemo...» Rose soffocò uno sbadiglio e batté le palpebre con maggior frequenza. Le sembrava che il suo cervello stesse processando le informazioni a una velocità dimezzata.

«Ti prego, non odiarmi.»

Rose ormai si era squagliata a terra e stava bofonchiando a mezza voce, mentre sbavava sulla maglia di Wulfric, che l'aveva presa in braccio. Il ragazzo le sorrise di nuovo con quella faccia da idiota che faceva sempre quando si trovava in una situazione scomoda.

«Tanto non ti ricorderai niente, quando ti sarai svegliata. Quindi, guarda il lato positivo, non sarai arrabbiata con me!»

«Arrabbiata? Non hai... idea... di quanto...»

Rose avrebbe voluto dirgli che l'avrebbe asfaltato non appena si fosse ripresa, ma quelle parole restarono solamente pensieri nella sua mente annebbiata.

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora