Capitolo 36: Finvarra, il Candido (1/3)

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Il terreno era sassoso e scricchiolava sotto gli stivali di Rose. La ragazza teneva gli occhi spalancati nel tentativo di vedere qualcosa. Era come se fossero caduti in una boccetta di inchiostro. Non c'era la minima luce, e nemmeno i suoi occhi riuscivano a scorgere niente in quell'oscurità, nonostante fossero più affilati di quelli di un essere umano.

«Abbiamo sbagliato strada» gemette Wulfric, sbuffando sotto il peso di Artri.

Si era caricato il re sulla schiena, con tutti i suoi novantotto chili di peso, senza contare Eftwyrd, che pesava come un tredicenne. Wulfric boccheggiava a ogni passo, e Rose avrebbe voluto aiutarlo, ma il ragazzo diceva che dividendo il peso sarebbero rimasti troppo vulnerabili. Qualcuno doveva essere pronto a reagire se fossero stati attaccati. L'unico fardello che si era sentito di affidarle era il suo martello, che di per sé doveva pesare almeno dieci chili. La tracolla in cuoio del martello segava la clavicola e le costole di Rose, che tentava di sistemarla senza ottenere risultati. Nella mano destra, ricoperta di sudore, stringeva l'elsa della spada.

Quello era l'ingresso del Mondo del Bianco, eppure dell'utopia descritta da Artri non c'era nessuna traccia. Sembrava più una propaggine del Tartaro, che la terra del Re Candido. Ma perché il vecchio re avrebbe dovuto ingannarli in quel modo? Forse mancavano solo pochi passi e lei ancora non riusciva a vedere l'uscita. Tutto ciò che potevano fare era avanzare in quel calamaio, sperando che prima o poi si sarebbe aperto uno spiraglio di luce.

«Guarda il lato positivo» disse la vocetta di Urchin, attutita dal borsello dove riposava. «Almeno non siamo morti.»

«C'è mancato poco» sibilò Rose. «E guarda Artri, manco si regge in piedi. La ferita si è rimarginata, però ha di nuovo la febbre, e stavolta ha bisogno di cure serie. Il problema è che qui non c'è nessuna fonte! Tu vedi qualcosa o sono io che non ci riesco?»

«In effetti non vedo un bel niente.»

«Sembri molto calmo davanti alla prospettiva di aver fatto tutta questa strada per finire bloccato in una stanza nera senza uscita.»

«In confronto a tutte le battaglie che ho passato nel tuo borsello, questa è una passeggiata. Ho ricevuto tante di quelle gomitate. Guarda, metà dei miei aculei si sono storti!»

«Mi avevi detto che non ti eri fatto niente!»

«Cercavo di farti sentire meglio. Con quelle tue crisi di autostima...»

Rose avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma una folata di aria fresca la zittì. Annusò a fondo quel refolo di speranza e lo seguì come un cane randagio rincorre una bistecca su un amo, mentre stringeva un lembo del mantello di Wulfric per guidarlo.

«Hai visto qualcosa?» grugnì il ragazzo, mentre riassestava Artri sulla propria schiena con un tintinnio metallico.

«No... però sento che siamo vicini a un'uscita. Non senti il vento?»

«Quale vento?»

Rose soffocò un ringhio di frustrazione. Non se l'era immaginato. Era lì, da qualche parte. Doveva soltanto raggiungerlo.

I suoi occhi notarono una discrepanza nel velo nero che la circondava, come se due lembi di tessuto fossero stati sovrapposti, ma parte della luce dall'altro lato riuscisse a filtrare. Si avvicinò a quella piega con una mano tesa e le sue dita incontrarono finalmente una resistenza. Si trattava davvero di tessuto, dalla consistenza simile a quella del feltro, appesantito da uno strato di metallo sul fondo. Per quanto assurdo, le ricordò un sipario. Rose tirò forte e, da qualche parte, ci fu un "clack", seguito da una serie di piccoli "click" e da un rumore di tessuto che si ripiegava su se stesso.

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora