(R) Capitolo 2: Unholda (1/2)

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L'acqua bollente scorreva lungo la schiena di Rose, che teneva la testa piegata in avanti, ascoltando il gorgoglio placido dello scarico della doccia. I capelli castano scuro si erano appiattiti lungo il suo corpo, e le arrivavano poco sotto i seni. Rose cominciò a insaponarsi e l'aria densa di vapore si saturò di un piacevole profumo di pesca. Sua mamma le inviava spesso dei saponi o glieli portava di persona quando veniva a trovarla in Scozia, assieme a un sacco di leccornie italiane difficilmente reperibili. L'ultimo pacco salvifico che Ilenia le aveva spedito era stato circa un mese addietro. Il tesoro aveva contenuto formaggi, shampoo e dolci di varia natura, tra cui un delizioso mandorlato che aveva avuto solo tre giorni di vita. Quell'approfittatore di Wulfric aveva divorato una confezione di gorgonzola da tre etti da solo e aveva avuto la faccia tosta di chiedere a Rose di chiederne di più per il prossimo pacco.

Rose si era ripromessa di non perdonarlo per il brutto tiro che le aveva giocato. Non si era più fatto vedere dal giorno in cui si sarebbero dovuti incontrare alla fiera, e si stava davvero giocando la loro amicizia, comportandosi in quel modo.

La ragazza trasse un profondo sospiro e girò la manopola dell'acqua. Si avvolse in fretta in un asciugamano verde e si bloccò: lo sguardo le era caduto sul ciondolo che Myrddin le aveva dato cinque giorni prima. Lo raccolse fra le dita, con un profondo sospiro. Ancora non le era chiaro cosa fosse successo. Sapeva solo che non le era piaciuto per niente e una parte della sua mente continuava a rivivere quell'incontro e a chiedersi se fosse stato reale.

L'unica cosa positiva era che presto sarebbe tornata a casa e, una volta in Italia, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di quell'uomo pazzo fino al termine delle vacanze natalizie. Quando fosse tornata, la fiera se ne sarebbe andata da un pezzo.

Rose passò un paio d'ore nella sua stanza, leggendo un libro per distrarsi. La sua camera era piccola e pulita, ben illuminata da una plafoniera che le ricordava un piccolo sole. Sulla scrivania accanto alla finestra erano impilati ordinatamente i libri del college, e ai piedi del letto giaceva la valigia che Rose stava finendo di preparare. Fra tre giorni sarebbe dovuta tornare a casa, proprio dopo il Natale, per passare almeno capodanno e l'epifania con i suoi. Quell'anno aveva dato gli ultimi esami in ritardo e non era riuscita a prepararsi prima, quindi avrebbe dovuto sacrificare un Natale in compagnia. Tutti i suoi compagni erano già tornati a casa, e lei sarebbe rimasta sola; ma avrebbe festeggiato la vigilia facendosi una maratona di serie tv e mangiando così tanto pandoro che sarebbe tornata a casa rotolando, quindi non avrebbe avuto nessun rimpianto.

Un bussare insistente alla porta la distrasse dalla sua lettura. Rose aggrottò le sopracciglia: non aspettava visite per quell'ora. Era quasi tempo di mettersi a preparare la cena, nessuno era così stupido da disturbare un'italiana durante quell'orario. Nessuno, a parte una persona che conosceva fin troppo bene.

«Ehi, Rose? Sei lì?»

Rose fece finta di niente e cercò di rimettersi a leggere. Era ancora arrabbiata con lui. Molto arrabbiata.

«Rose, lo so che ci sei. Dai, non fare la musona. Apri la porta.»

Rose afferrò il telefono e si mise a guardare gli orari dei bus per arrivare all'aeroporto.

«Mi dispiace per lunedì, va bene? Non volevo farti aspettare. E' successa una cosa, e non sono riuscito a venire.»

«Avresti almeno potuto avvisarmi!» ruggì Rose, mettendosi seduta di scatto.

Corse verso la porta e la aprì, lasciando la catenella attaccata per bloccarla. Dall'altro lato un paio d'occhi azzurro sporco la stavano osservando con un'espressione implorante.

«Ti ho aspettato per quaranta minuti! Quaranta minuti! E non mi hai nemmeno avvisato che non saresti venuto. Mi hai lasciata lì, da sola, come una stupida.»

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora