L'alba aveva l'onere di arrivare troppo presto, e i suoi raggi rossicci svegliarono bruscamente Rose. La ragazza aveva tentato di coprirsi gli occhi con un braccio e di rannicchiarsi su un fianco, cercando conforto nell'ombra offerta dal mantello di Wulfric, ma non era servito a niente.
Alla fine rinunciò e si mise seduta, stropicciandosi le palpebre. Aveva i capelli ricoperti di foglioline e ramoscelli, e passò i cinque minuti successivi a liberarli dalla foresta che aveva deciso di stabilirsi sulla sua testa.
Rose raccolse Urchin, che si era messo a pisolare sul suo grembo, e lo infilò con delicatezza nel suo borsello, dove il riccio si rannicchiò su se stesso in cerca di una posizione più confortevole. Rose sorrise e gli accarezzò la pancia con un dito.
La ragazza si guardò attorno e non fece in tempo a chiedersi dove fosse finito Artri che una figura imponente si fece largo fra le frasche con un fagotto nella mano destra.
«Guarda chi ha aperto gli occhietti» brontolò il re. Lanciò il fagotto a Rose e andò a svegliare Wulfric.
Il ragazzo ricevette un calcetto sul fianco e si svegliò con un grido soffocato, stringendo il manico del martello che aveva tenuto con sé tutta la notte.
«Buongiorno» disse Artri, inarcando le folte sopracciglia. «Scusa se ti ho spaventato, principessa. Metti qualcosa sotto i denti, vedrai che ti passerà.»
Rose lo guardò storto e aprì il fagotto che le aveva lanciato. Traboccava di more, lamponi e noci crude, dal guscio umido. La ragazza si ammorbidì e dispose la colazione su una roccia, attorno alla quale si radunarono per mangiare.
«Possibile che pure quando fai il gentile riesci a terrorizzare la gente?» sospirò Wulfric, risentito per il risveglio traumatico.
«Voglio che siate pronti a reagire» disse Artri con aria contrariata, come se non riuscisse a capire perché se la stesse prendendo tanto.
Rose posò una mano sul braccio di Wulfric, facendogli intuire che era meglio lasciar perdere. Il ragazzo sospirò e si dedicò alla colazione assieme a lei, rompendole delle noci.
«Come sei galante» mormorò Rose, sgranocchiando i gherigli puliti. «Sei diventato proprio un cavaliere, Wulfric.»
Si scambiarono un'occhiata, all'inizio seri, poi entrambi scoppiarono a ridere. Rose non riusciva nemmeno a capire perché stesse ridendo, ma ne fu felice, perché aveva un disperato bisogno di alleggerirsi l'anima.
Rose appoggiò la spalla destra contro la sinistra di Wulfric e lo prese a braccetto.
Poco dopo finirono di mangiare, e fu di nuovo momento di mettersi in cammino. La ragazza trasse un profondo sospiro e si alzò in piedi, avvolgendosi nel mantello blu che le avevano fornito le Ninfe. La sensazione del rivestimento in pelliccia sulla pelle le diede un po' di coraggio e seguì Artri, che si stava già allontanando nella selva, con Eftwyrd sotto mano. Sembrava non volersi più staccare da quella spada, come se allontanarsi avesse potuto portare sfortuna.
Rose si voltò e attese che Wulfric si affiancasse a lei, prima di proseguire. Il ragazzo allungò una delle sue mani callose da sotto il mantello e strinse la sua.
«Sei stanca, non è vero?»
«No, no. Sto bene. Ho dormito, Artri mi ha dato il cambio...»
«Non mi riferisco a questo.»
I limpidi occhi di Wulfric, sinceri come solo i suoi potevano essere, le guardavano dritti nell'anima. Non serviva a niente nascondergli quello che pensava.
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Mundbora - L'ombra degli antichi
Fantasy"Non ci si dovrebbe fidare delle fate. Sono creature volubili e non hanno gli stessi canoni morali degli esseri umani. Non gli importa di niente, il loro unico desiderio è divertirsi il più possibile. Non lo fanno per malvagità, ma perché non capisc...