Rose avvertiva una superficie calda contro il proprio fianco destro. Aprì lentamente gli occhi e mise a fuoco il soffitto dell'antro di Myr, dal quale pendevano le radici più sottili della quercia che lo sovrastava.
La ragazza deglutì e tentò di muovere il braccio destro, che era schiacciato da qualcosa di pesante e morbido. Abbassò lo sguardo e vide che, appisolato contro di lei, c'era Wulfric. Il giovane era inginocchiato su un cuscino accanto al suo giaciglio, e si era appallottolato come Urchin; anche il folletto stava dormendo, rannicchiato nei meandri del suo mantello.
Rose sorrise e sottrasse con delicatezza il braccio dalla presa di Wulfric. Gli accarezzò i capelli dalla consistenza simile a quella delle piume di un pulcino. Da Wulfric provenne un grugnito e il ragazzo si girò su un fianco. Il movimento svegliò Urchin, che batté le palpebre e si stropicciò il muso con le sue eleganti zampine da roditore.
«Rose?» sussurrò, nel vederla sveglia.
«La sola e l'inimitabile.»
Il folletto emise un verso di giubilo e punzecchiò Wulfric con gli aculei finché il giovane non tornò in sé.
«Cosa... cosa c'è?» farfugliò il ragazzo, soffocando uno sbadiglio.
«Rosmarino si è svegliata» disse Urchin.
Zampettò sul giaciglio di Rose e lei lo posò fra le coperte per poterlo guardare. Gli accarezzò la testa e tentò di alzarsi. La nausea le appannò la vista e un dolore sordo le risalì lungo il collo.
Crollò fra i cuscini con una smorfia e cominciò a respirare affannosamente.
«Ecco, se hai bisogno di vomitare» balbettò Wulfric, e si affrettò a porle un secchio.
Rose schiuse gli occhi di qualche millimetro e lo guardò attraverso lo strato scuro delle proprie ciglia. La luce delle candele la infastidiva. «Immagino sia una magia di alto livello, questa» mormorò, arricciando le labbra.
Wulfric la guardò come se temesse che il suo cervello fosse rimasto danneggiato e le accarezzò la testa per tenerla buona.
«Sì, certo» le disse, posandole una mano sulla fronte per controllare se aveva la febbre. «Magia.»
«Wulfric, era una battut...»
«Come ti senti?» la interruppe lui. Le rimboccò le coperte fin sotto il mento. «Ti ricordi cos'è successo?»
Rose pensò che si sarebbe sciolta per il caldo, ma non fece nulla per scostarle. Aveva la sensazione che il rimedio universale di Wulfric fosse gettare una coperta addosso all'ammalato.
«Ah, sì, certo che ricordo! Sono molto arrabbiata con te. Non mi hai nemmeno chiesto scusa per le cose orribili che mi hai detto!» sibilò.
Il volto del ragazzo si contrasse in una smorfia, pentito di averle fatto tornare in mente l'unica parte della vicenda che aveva sperato si fosse scordata. Tentò di raccogliere una delle mani di Rose, ma lei la sottrasse, gli occhi castani colmi di risentimento.
«Beh, sai, non ha tutti i torti» fu il commento di Urchin, che, fra un pisolino e l'altro, assisteva alla loro ennesima disputa.
«Stà zitto tu!» borbottò Wulfric. «Torna a dormire.»
«E tu chiedile scusa, imbecille!»
Wulfric sospirò e sollevò lo sguardo sul volto di Rose. Tendeva a mordersi le labbra e a evitare di guardarla direttamente negli occhi, preferendo concentrarsi sulla sua fronte. «Rose, mi dispiace per le cose che ti ho detto. Sul serio. Non volevo essere così aggressivo, è che... io ci tengo tanto a quello che faccio, e... è vero, mi sono lasciato prendere troppo dal mio punto di vista» sussurrò. «Quando mi hai detto di voler sfruttare questo posto per tuo padre, io ho pensato al mio di padre, e di come sia tutto tranne che un padre, e ho perso la testa. Voglio dire, non ho lo stesso legame con la mia famiglia, e un po' ti invidio. Ero anche agitato per tutto quello che è successo, per il fiume avvelenato e perché Myr non mi dà mai una soddisfazione... ma non è giusto che me la sia presa con te. Sono stato meschino.»
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Mundbora - L'ombra degli antichi
Fantasy"Non ci si dovrebbe fidare delle fate. Sono creature volubili e non hanno gli stessi canoni morali degli esseri umani. Non gli importa di niente, il loro unico desiderio è divertirsi il più possibile. Non lo fanno per malvagità, ma perché non capisc...