(R) Capitolo 4: Il limbo silente (1/2)

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I vestiti di Rose erano ad asciugare su un filo teso fra i rami degli alberi poco fuori dall'antro di Myrddin. I pantaloni erano ancora interi, ma il giubbotto era stato ridotto in coriandoli dalle zampate dell'Unholda, e il maglione a stelline non era in condizioni migliori. Mai una volta in cui avesse un po' di fortuna, persino i suoi vestiti preferiti dovevano finire al macero.

Myr, che le aveva fatto indossare una delle sue tuniche mentre era priva di sensi, le disse di aspettare sulla soglia.

«Ho qualcosa per te. Spero che ti andrà bene.»

Si chinò su una cassapanca accanto al letto e riemerse dal contenitore con un sobrio abito femminile sottobraccio, e glielo lanciò contro con malagrazia. Uscì dall'antro pestando i piedi.

Rose sospirò. «Ma che gli ho fatto, adesso?»

Accarezzò la stoffa in fibra ruvida. Era un tessuto di bassa qualità, di un lieve lilla, con dei ricami in filo d'argento. Rose lo indossò e allacciò il nastro che lo bloccava all'altezza del collo, affinché non si aprisse. L'abito le stava stretto sui fianchi, ma sarebbe andato bene, almeno finché non fosse arrivata a casa.

Dopo aver indossato sopra l'abito una pelliccia arruffata che Myrddin aveva posato sul letto, Rose lo raggiunse all'esterno.

Il Mundbora, seduto su una roccia, sollevò lo sguardo e fece una smorfia.

«Ti sta bene» le disse, tornando a guardarsi i piedi.

«Da come l'hai detto, non sembra. Come mai avevi un vestito da donna nella cassapanca?»

Myrddin si grattò dietro un orecchio, evitando il suo sguardo. «E' di una vecchia amica. Penso le avrebbe fatto piacere, se l'avessi avuto tu.»

Il sorriso di Rose si affievolì, mentre ripensava all'antro di Myrddin: l'uomo doveva riferirsi alla donna del ritratto a cui aveva urlato come un pazzoide. Quella giovane doveva essere stata una persona importante per lui. Le sue labbra carnose e il naso delicato dovevano aver attirato molti uomini, all'epoca in cui era vissuta.

Rose trasse un profondo sospiro e seguì il Mundbora, che le stava facendo cenno di andare. Lui era praticamente nudo, e Rose ebbe un brivido di freddo nel vederlo con solo quella tunica leggera, che gli arrivava a stento a metà coscia.

«Non hai paura di congelarti?» gli chiese, stringendosi nella pelliccia.

«No. Il mio sangue è bollente, come quello delle fate» rispose Myrddin, incrociando le braccia sul petto.

Rose si morse il labbro per non chiedergli altro e spostò lo sguardo sull'antro che si erano appena lasciati alle spalle. Si trattava di un buco scavato fra le radici di una quercia nodosa che sprofondava nel terreno. La porta, decorata da delle incisioni geometriche, era stata lasciata aperta, come se Myrddin non temesse di essere derubato.

Il manto erboso sul quale stavano camminando era ricoperto da una nebbia densa che si radunava nelle depressioni del terreno. Rose aveva la sensazione che degli occhi invisibili li stessero scrutando da quelle buche indefinite, e si avvicinò di più a Myrddin.

La ragazza si spostò una ciocca di capelli arruffati dal viso. Erano unticci e avevano bisogno di essere lavati, e, nell'insieme, non si sentiva per niente bene. Era stato il festeggiamento post-esami peggiore della sua vita.

I due raggiunsero un sentiero sassoso che costeggiava la riva di un lago immenso, circondato da salici piangenti. Le canne palustri fischiavano debolmente e un concerto di gracidii e schiocchi indicava loro che non erano soli. Gli animali si fermavano a guardarli come se non avessero nessuna paura di loro.

Un germano reale dal collo smeraldo si avvicinò dondolando e Myrddin si accucciò. Raccolse il volatile e gli sussurrò qualcosa. Rise piano, mentre accarezzava la testolina della creatura.

La ragazza sollevò le sopracciglia. «Ah, allora non sei scorbutico con chiunque».

«Mi sono sempre piaciuti i bipedi. Solo non quelli parlanti» disse Myr, con un sorrisetto.

Frugò nel borsello che portava a tracolla e ne estrasse delle briciole di pane che gettò sulla riva del lago. Le anatre si avventarono sul pasto starnazzando, e Myrddin le fece cenno di proseguire.

«Forza, muoviamoci. Non siamo lontani.»

Rose però non riusciva più a contenere la sua curiosità. «Come mai sono così amichevoli con te quelle papere? Ho sempre sognato di prenderne una in braccio, ma scappano sempre.»

«In genere gli animali che non vengono addomesticati rifuggono gli umani, ma apprezzano molto i Mundbora. Quando sono feriti o affamati, vengono da me per farsi curare. La mia porta è sempre aperta per loro.»

Rose annuì e osservò il lago, che rifletteva la luce chiara del sole invernale. L'immobilità lo faceva sembrare uno specchio.

«Proteggo anche le creature fatate» continuò Myrddin, riprendendo la marcia. Proseguiva lentamente per non farla affaticare. «Aiuto le selkie a tenere in salute i loro cuccioli e a nascondere le loro pelli di foca, offro pesce fresco alle sirene che risalgono il fiume di Avalon, dò da mangiare alle silfidi... non mi annoio mai. Non ne ho il tempo.»

Rose non aveva idea di che razza di creature fossero le selkie, ma di sirene ne aveva sentito parlare molto. Riguardo le silfidi, invece, sapeva che erano delle creature minuscole, e quegli agglomerati di luce simili a soffioni o polline erano ancora presenti fra i capelli di Myrddin. Alcuni sbuffi di luce si resero conto di essere osservati e si avvicinarono a Rose, planando sulla sua chioma.

«Amano molto i capelli. Stai attenta, potrebbero farti il nido dietro le orecchie» mormorò Myrddin. «Sono Silfidi, e le si può vedere bene solo con la lente. A occhio nudo, specie per un umano, sembrano solo delle nuvolette.»

Rose sfiorò le creature con la punta dell'indice e il polline le avvolse il dito, prima di tornare a depositarsi sulla spalla destra di Myr.

«E le selkie? Che cosa sono?»

«Creature che vivono nell'oceano. Hanno una duplice natura, sia umana che di foca, e indossano la pelle di questo animale per trasformarsi. I cuccioli possono solo assumere una forma di foca, mentre gli adulti vivono anche tra gli umani. A volte accade che qualcuno rubi le loro pelli e, se vengono distrutte, loro muoiono. Per questo io le aiuto a nasconderle bene, anche quando si fermano qui solo per un paio di giorni. Sono molto delicate, ci vuole una mano esperta per trattarle.»

Rose non riuscì a fare a meno di sorridere. Myrddin poteva essere un tipo irascibile, ma sapeva un sacco di cose su quel mondo tanto affascinante.

«E fai tutto da solo? Non c'è nessuno ad aiutarti?»

Il Mundbora si passò una mano dietro la nuca, e le Silfidi si dispersero nell'aria.

«Beh, qualcuno ci sarebbe. Si chiama Geodfrith ed è vecchio oltre ogni dire, un Mundbora creato dalla Dama quando aveva già sessant'anni, circa duecento anni prima che io arrivassi ad Avalon. Geodfrith ha una salute molto cagionevole, in lui la trasformazione non ha attecchito bene. E così, prima l'ho affiancato nel suo lavoro, e alla fine l'ho sostituito. Ora Geodfrith compie solo piccoli lavori per la Dama, e conduce una vita ritirata. Però c'è il tuo amico, adesso.»

Mundbora - L'ombra degli antichiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora