13 - Perchè la notte

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Perché la notte appartiene agli amanti

Patty Smith

Un fulmine rischiarò il buio della stanza e un tuono in lontananza annunciò l'imminenza di un temporale. Aprii gli occhi, disturbato da quel suono tanto particolare in città, e guardai l'orologio: erano circa le due di notte, avevo dormito poco più di tre ore e mi sentivo ancora fottutamente sbronzo. Mi alzai, e avvicinandomi alla finestra, guardai di fuori: il cielo era illuminato da decine di scariche elettriche, e il rumore dei tuoni rimbombava forte nel silenzio di quest'angolo di città semi addormentata.

Poi la pioggia. Improvvisa, violenta, fredda; la pioggia bagnò senza pietà una New York surriscaldata dall'estate e dal continuo traffico veicolare. Appoggiai la fronte al vetro fresco e guardando fuori la vidi: una figura di donna, ferma sotto le mie finestre.

Chi è così pazzo da restarsene sotto quest'acquazzone?

Pensai fissando con malinconia quell'immagine, la cui ombra allungata si rifletteva sul muro di fronte casa mia. Mi versai dell'acqua, poi tornai a guardare fuori, perso tra i miei pensieri. Lei era ancora lì, quella sagoma stranamente familiare, restava immobile, lasciandosi inondare dallo scosciare violento della pioggia. La guardai con più attenzione sentendo uno strano senso di familiarità: io conoscevo quella donna.

Christina.

Scesi di corsa di sotto e aprii il portone.

"Chris!" Chiamai. Lei alzò gli occhi su di me, ma il suo sguardo vacuo e profondamente triste mi passò attraverso senza davvero vedermi. "Entra, ti prenderai un malanno!" Gridai, cercando di superare il rumore della pioggia e del vento.
Non si mosse, né diede segno di avermi ascoltato o visto. Uscii io, bagnandomi non poco, e la trascinai di peso dentro l'androne.

"Forza, vieni su, ti fai una bella doccia calda e poi ti asciughi per bene!" Non rispose, ma si lasciò guidare lungo le scale che conducevano al mio appartamento.

Che cosa poteva esserle accaduto di tanto triste, da spingerla fuori con questo tempo?

Entrammo in casa e alla luce riuscii a osservarla meglio. Indossava un lungo abito da sera, rosso scuro forse, difficile da dirsi, visto che era totalmente inzuppato.

"Vieni, entra in bagno, fatti una doccia calda, poi vedrai, ti sentirai rigenerata." Ripetei, ma lei non accennò a muoversi dal centro del mio salotto. "Cosa ti prende, piccola... " le sussurrai quelle parole a un passo dal suo viso, con dolcezza, con una tenerezza che riservavo a pochi...

Christina, mi mostrava un lato di sé che non avevo mai visto, totalmente diverso dall'immagine di ragazza solare e bellissima che conoscevo. Questa sera, la mia bella newyorkese sembrava lo spettro di sé stessa.

Le carezzai i capelli bagnati.

"Dave..." sussurrò, infine. Tirai un sospiro di sollievo, almeno ora mi parlava. "Scusami io... io non sapevo dove andare." Continuò, mentre una lacrima solcò il viso già bagnato, mescolandosi alla pioggia che scendeva dall'acconciatura ormai sfatta.

"Hai fatto bene a venire, in questa casa accogliamo sempre volentieri le belle fanciulle inzuppate di pioggia!" Risposi con un sorriso, cercando di far dileguare la cappa di tristezza che era calata nella stanza. "Ora però ascoltami, devi scaldarti e asciugarti, poi potremo parlate per tutto il tempo che vorrai!"

Lei si voltò verso di me con un'espressione quasi disperata, mentre il suo corpo cominciava a tremare dal freddo.

Presi un accappatoio dall'antibagno e lo poggiai sulle sue spalle.

Solo un uomo (un uomo solo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora