20 - Cercare

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Quando il cuore piange per ciò che ha perso,
l'anima ride per quello che ha trovato.
(Detto Sufi)

La casa di mia madre era come la ricordavo, scarna nell'arredo, contemporanea nello stile; se si escludeva l'imponente pianoforte a coda che troneggiava in soggiorno, l'ultimo regalo, per quel suo figlio, sensibile e testardo. L'ultimo suo regalo per me.

L'avevo fatta pulire a fondo, quella casa, chiusa da troppo tempo; avevo chiesto di arredare una delle stanze, con mobili adatti a una bambina; ora, non mi restava altro che entrare, passando attraverso il piccolo giardino curato e varcando la porta di mogano scuro. Spinsi il carrozzino fin dentro il salotto, poi presi in braccio Lizzie, che accolse il cambio di posizione e di ambiente con grande felicità, riempiendo la stanza quasi vuota e uo po' rimbombante, con risolini di gioia. La abbracciai, la tenni stretta, mentre una sottile malinconia velò il mio sguardo.

"Ti piace la tua nuova casa, piccolina?" Le sussurrai, baciandole la guancia liscia come velluto.

"Per un po' di tempo vivremo qui: questa è la casa, dove il tuo papà ha vissuto momenti di grande gioia, la casa della tua nonna. Sicuramente, lei, ti avrebbe adorato!" La vezzeggiai ancora un po', poi la feci stendere a terra, sul morbido tappeto che avevo fatto ripulire, gudendomi i suoi tentativi di rotolarsi e alzare la testa e il busto. Non avevo portato molte cose con me, nel mio trasferimento da New York, la maggior parte degli scatoloni contenevano vestiti e giochi di Lizzie; ma pur essendo poche cose, quegli scatoloni attendevano di essere aperti e il compito spettava a me.

Lizzie tentò di mettersi seduta, aggrappandosi allo sgabello del pianoforte, ma perse la presa e ruzzolò a terra sbattendo lievemente la testa. Corsi da lei e la sollevai, il suo labbro inferiore si sporgeva già in avanti e i suoi occhi erano lucidi di pianto.

"Pa... pà... pa... pà... " disse affondando le manine tra i miei capelli.

"Ssh, piccolina, va tutto bene!" Dissi, cullandola dolcemente per calmare il suo pianto.

"Pa!" grido isterica, fissandomi ancora con i suoi occhioni lucidi e tanto simili ai miei.

"Papà è qui, e ti vuole bene" sussurrai con voce rotta dall'emozione. "Papà, ti vuole bene!" Una piccola lacrima fece capolino dai miei occhi, incastrandosi tra le mie ciglia.

Un capogiro, mi annunciò che il mio tempo di stare in piedi era finito. Il viaggio aveva sfinito la mia residua resistenza, ora come ora, avevo soltanto bisogno di cenare e andare a letto. Jo mi aveva raccomandato di concedermi il tempo di recuperare le forze, ed era ciò che dovevo fare: fermarmi, rimettermi in forze, reagire. Per Elizabeth, per Christina.
L'indomani avrei messo un annuncio per una collaboratrice. Speravo soltanto che il mio nome non attirasse troppe arrampicatrici sociali. Avevo avuto già a che fare con Samantha in passato, non mi servivano altri esempi.

****

Avevo esaminato più di trenta aspiranti tate – babysitter - collaboratrici: nessuna rispondeva ai requisiti che avevo in mente: nessuna aveva quella luce negli occhi; nessuna era davvero interessata al lavoro; speravano solo di conoscermi o peggio di accalappiarmi. Qualcuna di loro era infastidita dal solo fatto di occuparsi della casa, altre mi facevano l'occhiolino, oppure accavallavano le lunghe gambe, fasciate da jeans troppo stretti o minigonne troppo corte; altre ancora, sollevavano impercettibilmente l'orlo del vestito, per farsi notare, certo, ma senza sembrare troppo sfacciate. Come se io non fossi abituato a questi giochetti.

Ero David Lewis dopotutto, e non ero più a New York. Qui in città, il mio nome era conosciuto; inoltre, nonostante fossi un po' acciaccato, ero comunque affascinante, sexy, ricco e single. Una preda ambita. Uno stallone da cavalcare, un milionario da sposare. No, loro non erano certo venute per aiutare me, ma piuttosto per farsi aiutare.

"Le farò sapere... " dissi, liquidando l'ennesima ragazza che si era soffermata a guardarmi un po' troppo a lungo.

Dannazione, avevo bisogno di una tata in realtà, (anche se nell'annuncio avevo volutamente omesso questo dettaglio), non di scoparmi qualcuna anche se, dovevo ammetterlo, in un'altre occasioni, molte di loro sarebbero state oggetto di più di un'attenzione da parte mia.

Depennai l'ultimo nome dalla lista: rischiavo di dare di matto, di cedere e chiamare in aiuto Rick e Jo, anche se a New York era già abbastanza tardi.

Devi farcela,David, mi dissi, cazzo, sei un uomo, sei un padre, devi farcela.

"Signor Lewis?" Una voce attirò la mia attenzione distogliendomi dai miei pensieri cupi.

"Era aperto, sono entrata e... " sussultai a quel suono, così stranamente familiare e sconosciuto, al tempo stesso.

Dove avevo sentito quella voce...

Alzai gli occhi su quella ragazza dall'aspetto goffo, che rovistava nervosamente nella sua grande borsa di tela. Non riuscivo a scorgerne il volto, semicoperto dai lunghissimi capelli castani, eppure c'era qualcosa in lei che me la faceva sembrare familiare.

"Scusi il ritardo... è... è ancora possibile fare il colloquio?" Ero stanco e non avevo più voglia di vedere nessuno per oggi, eppure, quell'aspetto, tanto diverso dalle altre ragazze che l'avevano preceduta, mi aveva incuriosito irresistibilmente.

La sconosciuta scostò i capelli dal viso mostrandomi il volto di una ragazza dallo sguardo dolce, caldo e... sorpreso.

"Sei tu... " disse, sussurrando con un filo di voce, prima di arrossire violentemente.

Ci conoscevamo? Dove avevo visto quel volto? Dove avevo sentito quella voce?

"Sei tu... " ripeté, come in trance, la giovane sconosciuta, mentre un sorriso affiorava sognante agli angoli della sua bocca.

Chi era? Perché il suo volto mi era così familiare?

La conoscevo, cazzo! Conoscevo quella ragazza, ma non sapevo chi fosse né dove l'avessi incontrata.

Come si fa a dimenticare un simile incanto?

Poi, l'immagine di una ragazzina lacera, infreddolita e spaventata, in una notte di dicembre di tanto tempo prima, si fece largo nella mia mente... non potevo crederci, dopo più di tre anni, il destino ci aveva messi di nuovo l'uno sulla strada dell'altra...

"Non è un sogno, sei davvero tu... " la sua voce a fluire lentamente in me, come una pioggia infinita in una tazza di carta; possedendomi, accarezzandomi...

"Sei tu, il mio angelo dagli occhi di cielo!"

Words are flowing out like endless rain into a paper cup

They slither while they pass, they slip away across the universe

Pools of sorrow, waves of joy are drifting through my open mind

Possessing and caressing me

(Beatles_ Across the Universe)

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Rieccomi con questo capitolo un po' breve ma interessante soprattutto per il finale.

Ve lo aspettavate? Immagino di si!

Fatemi sapere cosa ne pensate e  se vi va votate.

Alla prossima

B.

Solo un uomo (un uomo solo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora