47 - padri e figli

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Credo che si diventi quel che nostro padre ci ha insegnato nei tempi morti, mentre non si preoccupava di educarci. Ci si forma su scarti di saggezza.
(Umberto Eco)



JOSHUA

Ero davanti a quella porta a vetri da un tempo che non riuscivo nemmeno più a quantificare; camminavo, avanti e indietro ripetendo all'infinito gli stessi otto passi, calcando uno spazio, che molti prima di me avevano già attraversato. Forse avrei fatto bene ad entrare, pensai, guardando ancora attraverso quella porta dai vetri satinati che non permetteva di scorgere che qualche dettaglio sfocato di ciò che avveniva al di la di esso. No, sarei stato solo d'intralcio, continuai nel mio soliloquio nervoso e sconclusionato. Lei era lì, la mia splendida, giovane moglie, era all'interno di quella stanza asettica senza il conforto della mia mano a stringere la sua, ma lei mi aveva sorriso e rassicurato: tutto sarebbe andato per il verso giusto. Perché, in fondo, era sempre stata lei quella più forte. Ancora il rumore dei miei passi a rompere il silenzio nel corridoio della clinica privata in cui eravamo. Mi sentivo impotente di fronte a qualcosa più grande di me; impotente e spaventato. Mi avvicinai alla finestra e guardai il giardino imbiancato da una inusuale nevicata a queste latitudini, ma era febbraio e non era così raro avvertire i venti polari venire direttamente dal Canada. Il rumore di una porta che si apriva mi distolse dalle mie riflessioni, mi voltai di scatto e sorrisi trepidante alla vista di una donna in camice bianco che stringeva tra le braccia un fagottino urlante: il mio bambino.

"Allora?" chiesi emozionato alla giovane ostetrica.

"Complimenti è un bellissimo e sano maschietto" disse porgendomi il mio figlio tra le braccia, "la signora sta bene, anche se è parecchio stanca, il travaglio è stato lungo e faticoso, ma si rimetterà non appena avrà visto il vostro piccolo capolavoro!" Sorrisi e guardai per la prima volta il visino paffuto e rosso del mio piccolino e per un breve istante lui smise di piangere fissando il mio.

"Ciao cucciolo", dissi emozionato e sull'orlo del pianto. "Benvenuto in questo mondo, amore mio, benvenuto, piccolo David!"

****

Erano passati quindici anni da quel giorno e molte cose erano accadute tra noi: la nascita di Jamie, la malattia di Elizabeth, la crescita della mia impresa che mi aveva portato a trascurare i miei doveri di padre e di marito... Dave era cresciuto senza di me, legandosi alla madre, a cui somigliava incredibilmente, e coltivando la sua stessa passione per l'arte e per la musica. Non approvavo questa sua deriva artistica: David era il mio primogenito e avrebbe dovuto guidare le mie aziende, da adulto; non c'era spazio per le fantasticherie nella vita che avevo programmato per lui, non c'era spazio per la musica, né per l'arte. Lizzie però non era del mio stesso avviso, lei incoraggiava le passioni artistiche di David, come quelle di Jamie per gli sport. Non riuscivo a comprendere perché lo facesse, perché andasse volutamente contro ciò che era meglio per loro.

"Perché i figli non sono tua proprietà, Josh!" Mi aveva detto una volta, "loro appartengono soltanto a sé stessi e al mondo, devono imparare a seguire le loro inclinazioni. Soltanto così saranno persone migliori e complete, una volta adulti." Il sorriso ad illuminarle il volto scarno e segnato: quando parlava dei suoi bambini, mia moglie sembrava rifiorire in un istante.

Non riuscii a comprendere fino in fondo il senso delle sue parole allora, ero un uomo all'antica, cresciuto in una famiglia patriarcale, con un padre che si era fatto le ossa da solo e da solo aveva costruito la sua fortuna: avevo sempre dovuto fare ciò che mi era stato detto, senza discutere; non ero avvezzo a contestazioni di nessun tipo. David però non era un ragazzo che si lasciasse piegare facilmente, era ostinato e caparbio, proprio come me. Sì, se Dave era fisicamente simile ad Elizabeth, caratterialmente era come a me in tutto e per tutto; lo scontro era inevitabile e temetti che molto presto le nostre due indoli combattive si sarebbero scontrate non senza lasciare ferite profonde.

Solo un uomo (un uomo solo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora