48 - Lo sguardo di mio padre

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Una madre nasce contemporaneamente a suo figlio.

Un padre a volte aspetta degli anni prima di nascere.

(Fabrizio Caramagna)


"Mi avevi parlato della donna più importante della tua vita, pensavo volessi farmi conoscere la tua futura moglie!" Joshua sembrava meravigliato e sconvolto al tempo stesso.

"Mi piace sempre stupirti!" Risposi, con una punta di sarcasmo e di tristezza nella voce. Quella che parlava, era la parte ribelle che c'era in me. Nonostante avessi un disperato bisogno di riallacciare i rapporti con mio padre, con la mia famiglia, non riuscivo a dirglielo sinceramente. Noi non c'eravamo più parlati a cuore aperto da moltissimo tempo, era difficile perdere le vecchie abitudini.

"Ci sei riuscito!" Disse, con quella voce profonda e autoritaria.

"A fare cosa?" Annusai il profumo dei capelli di Lizzie, prima di guardarlo un viso.

"A stupirmi." Mio padre, si avvicinò a me con lentezza e rispetto, girandomi attorno, studiando questo figlio ritrovato, come si fa con un animale raro o con un oggetto prezioso, come si studiano i lineamenti di un antenato, cercando le somiglianze con sé stessi.

Forse questo ero diventato per lui, parte del suo passato: il figlio che l'aveva abbandonato, in evidente conflitto con le sue idee; il figlio che aveva deciso di vivere la sua vita nonostante tutto; che aveva rifiutato le ricchezze, che la sua posizione e il suo status sociale, potevano garantirgli. Avevo tagliato i ponti con la mia famiglia, limitandomi a poche, sporadiche visite. Solo ora, che la morte di Chris e la nascita di Elizabeth avevano segnato irrimediabilmente la mia vita, mi ero reso conto di quanto mi mancasse un solido sostegno cui aggrapparmi.

Strinsi mia figlia al petto e guardai l'uomo che avevo di fronte: sembrava diverso da quello che ricordavo, c'era una luce nuova nei suoi occhi, la dolce tenerezza di un uomo che ricordavo appena.

"Quando vuoi, papà!" Sorrisi, alzando solo un angolo della bocca, proprio come faceva lui. Non avevo bisogno del suo denaro, non ero tornato per quello; la mia carriera era ormai avviata, la causa vinta contro quella multinazionale, mi aveva assicurato successo economico e una mole di lavoro cui difficilmente sarei riuscito a fare fronte senza aiuto.

Ero tornato perché avevo bisogno della mia famiglia. Ero grato e Rick e Josephine per tutto il loro appoggio, ma avevo bisogno di recuperare un rapporto, che temevo definitivamente spezzato, prima che fosse troppo tardi. Lo dovevo a me stesso e a Elizabeth. Sperai solo di non aver riposto male le mie speranze.

La manina di Lizzie sul mio viso e i suoi allegri versetti mi distolsero dalle mie tristi riflessioni: stava ridendo alle facce buffe che mio padre le stava facendo.

"Ci sei riuscito!" Dissi a mia volta.

"A fare cosa?" rispose mio padre, con un sorriso che arrivava a illuminargli gli occhi, tanto simili a quelli di Jamie.

"A sorprendermi." Lo guardai ridere in modo sincero, mentre Elizabeth lo imitava, per nulla intimidita da quello sconosciuto dall'aria burbera.

"E' bellissima, David!" I nostri sguardi s'incrociarono, per un istante verde e blu si toccarono, come il prato e il mare, in un abbraccio senza parole. "Quanti mesi ha? Perché non ci hai detto nulla? E soprattutto, dov'è sua madre?" Joshua era un fiume in piena ed io non riuscivo a rispondere al fuoco di fila di domande che mi stava ponendo.

Decisi di rispondere solo all'ultima, la più difficile, la più importante.

"Ci siamo soltanto noi, papà." Un groppo in gola mi rese difficile continuare, ma dovevo farlo. Era il primo passo per la guarigione dal mio trauma. "Christina, la madre di Lizzie, è morta. Complicazioni post parto, " spiegai rapido, abbassando lo sguardo affinché non vedesse i miei occhi lucidi.

Solo un uomo (un uomo solo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora