1- Rumori sospetti

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Solita giornata, solita routine.
Mi sveglio 5 minuti prima della sveglia, da mattiniera quale sono; in effetti, credo di essere una delle poche adolescenti che si svegliano sempre presto la mattina.

Due settimane. Solo altre due, misere, settimane, e sarò finalmente libera. Solo quattordici giorni, un'ora e dodici minuti e inizieranno finalmente le vacanze. Questo è l'unico pensiero che mi permette di alzarmi, sconfiggendo la forza di gravità che sembra assurdamente opprimente quando bisogna alzarsi da un letto. Lancio uno sguardo sconfortato ai libri di testo, che giacciono dolorosamente voluminosi sulla mia scrivania, pronti a essere trascinati per infiniti corridoi liceali. Con un sospiro mi alzo, cercando di racimolare le forze necessarie a sopravvivere anche oggi. In qualche modo, come le vacanze estive si avvicinano, la scuola sembra farsi più estenuante, come se il miraggio delle giornate libere, piuttosto che essere motivo di rinnovate forze, facesse pesare ancor più le lezioni, costringendo la massa di studenti esauriti a vagabondare per la scuola con negli occhi lo strazio degli ultimi mesi.

Faccio partire una playlist di musica ritmata, in cerca di quell'energia impossibile da trovare da soli così presto, e la solita routine mattutina scorre senza troppi pensieri. Mi ritrovo così seduta nella mia piccola cucina, lavata e vestita, comoda nei miei jeans e camicia, di fronte a un piatto di waffle al miele e una spremuta d'arancia, mentre mia madre consuma il suo toast in piedi, pronta a scattare per andare a lavoro.

"Riesci a venire a prendermi dopo scuola oggi?" Le chiedo senza sperarci effettivamente.

E dal suo sguardo dispiaciuto, già so la risposta.

"No tesoro, mi dispiace. Anche oggi torno per cena." Mi risponde mentre mette già via il piatto che ha usato. "Ma posso farmi perdonare portandoti a cena fuori."
Annuisco con un grande sorriso, contenta di poter passare qualche momento con mia madre.

Lei mi manda un bacio volante, poi guarda accigliata l'orologio.
"Devo andare Alyssa, ci vediamo sta sera. Buona fortuna a scuola! Non dimenticarti le chiavi di casa! E se vuoi puoi invitare qualche amica per sta sera, basta che mi mandi un messaggio."

"Certo mamma, non preoccuparti. Buon lavoro." La saluto con la mano, mentre esce di fretta, cercando di sistemare i capelli in una coda mentre si chiude la porta alle spalle.

Non la biasimo per essere poco presente: lei fa di tutto per permetterci una vita dignitosa, e considerato lo stato in cui ci trovavamo pochi anni fa, il suo lavoro è stato impressionante. Sono orgogliosa di mia madre. E non mi serve avere auto di lusso o potermi permettere vestiti di marca per dirlo.

Finisco la mia colazione, sbrigandomi nel vedere i minuti scorrere veloci, e mi affretto a prendere tutto e uscire, assicurandomi di chiudere bene casa. Mentre aspetto l'autobus, tiro fuori dalla tasca dello zaino i miei fidati auricolari, e un paio di canzoni dopo arriva il mezzo pubblico. Mi lascio cadere pesantemente su uno dei pochi posti liberi, facendo appena un cenno al ragazzo al mio fianco, che mi rivolge a sua volta un mezzo sorriso prima di tornare a perdersi nel paesaggio oltre il finestrino. Socchiudo gli occhi, rilassandomi sul dolce scorrere delle note, mentre i minuti passano interminabili. Dopo un tempo indistinto, passato col sottofondo del chiacchiericcio dei ragazzi e i rumori tipici della strada, arriviamo. Saluto distrattamente l'autista, poi sposto l'attenzione sul triste palazzo che si staglia a meno di una cinquantina di metri.

Due settimane e non dovrò più vedere questo posto per parecchio tempo. Devo solo stringere i denti ancora un po'.
Annuisco a me stessa, e a passo spedito mi dirigo verso l'ingresso, raggiungendo l'angolo con le macchinette in cui sono solita trovarmi la mattina con i miei amici. Bastano una manciata di minuti perché senta il mio nome venire urlato da una voce familiare, sovrastando il vociare degli studenti ancora per metà addormentati.

Underwater - Figlia di PoseidoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora