43- Siamo pronti

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T: "Pronta?"
Lo guardo truce, finendo di masticare un quadratino di ambrosia per far quantomeno sfumare i dolori continui. Porto quindi l'attenzione alle cinghie dell'armatura, accertandomi di averle strette adeguatamente.

A: "Non vedo l'ora."
Tempo due secondi e me lo ritrovo di fronte, con le braccia incrociate.

T: "Che hai adesso?"
Inarco un sopracciglio e prendo un elastico che tenevo al polso per fare una coda bassa, ignorandolo totalmente.

Stretto bene l'elastico, tento di voltarmi per andare a raccattare l'elmo, ma una mano mi ferma per il braccio.
Mi irrigidisco e mordo il labbro inferiore, socchiudendo gli occhi. Okay, non potrò continuare all'infinito così.
Sospiro e mi volto verso il figlio di Morfeo, palesemente confuso e forse anche un po' ferito dal mio comportamento.

T: "Mi vuoi dire che ti prende o preferisci continuare a ignorarmi?"
Stringo le mani a pugno e cerco di evitare il suo sguardo.

A: "È solo che... mi sento una codarda. Tutti qui rischiano la loro vita combattendo contro quegli esseri, e io fuggo al sicuro. Anzi, addirittura con una guardia del corpo."
L'amarezza e il disonore sono più tangibili nel mio tono di quanto avrei sperato, mai ormai è andata. Mi mordo la lingua e faccio una leggera smorfia, serrando gli occhi.

Dopo qualche secondo di silenzio, sento una pressione sulla mia mano. Riapro gli occhi di scatto. Theo mi ha preso la mano con la sua, e con il pollice delinea lenti cerchi sul mio dorso.

T: "Non provare mai più a pensarlo. Non sei stupida, ragiona. Cosa pensi accadrebbe a tutti questi semidei se non ci fossi tu? I caschi non bastano neanche lontanamente per un piano degno di essere chiamato tale, e solo un intervento divino li salverebbe. Ma ovviamente gli dei non si prenderebbero neppure la briga di alzare un dito per i loro figli."

La sua ultima frase è pregna di dolore e disprezzo, che mi fanno aggrottare leggermente le sopracciglia. Non pensavo provasse un tale risentimento verso i nostri genitori, non aveva mai dato motivo di immaginarlo.
Porto lo sguardo sul suo viso, e lo tengo fisso nei suoi occhi mentre riprende a parlare.

T: "Tu sei la loro unica possibilità. Ma non sei una dea, hai dei limiti. È normale. Quindi non fare un dramma perché non sei invincibile; nessuno di noi lo è, anche se ad alcuni piace pensare di esserlo. Non posso assicurarti che ne usciremo tutti sani e salvi, non faccio promesse che non posso mantenere. Ma una cosa posso dirtela per certo. Ho visto la portata del tuo potere e il controllo che tu hai su di esso, nonostante ne hai consapevolezza da poco. Fidati, ho visto ragazzi con anni di esperienza che non avevano una tale manipolazione sulle loro capacità. E sono sicuro che tu sia capace di qualsiasi obiettivo di poni. Quindi non ho il minimo dubbio che riuscirai a tenere quelle bolle per tutto il tempo che vorrai. Hai capito?"

Annuisco piano, aprendomi poi in un sorriso grato appena accennato. Stringo la sua mano, e anche lui mostra un sorriso sincero che rivela le fossette.
Poi arretra di un passo, separando le nostre mani, e ostenta un'espressione dispiaciuta.

T: "Ora però mademoiselle, temo che dovremo avventurarci nei meandri di questa oscura landa e raggiungere il fatal luogo dove sarà mio onore tenerla al sicuro da ogni minaccia."
Inarco un sopracciglio, ridacchiando leggermente. Lui si lascia sfuggire un sorrisetto, mentre raccoglie il mio elmo e torna davanti a me.

T: "Permette?"
Mi mordo il labbro e lo guardo curiosa.

Stiamo al suo gioco?

Stiamo al suo gioco.

A: "Le concedo il permesso, monsieur, di avvicinarsi alla mia persona. È mia speranza che mi riserverà il medesimo privilegio."
Un sorriso sbarazzino si allarga sul suo volto, mentre fa un piccolo passo, ponendosi a pochi centimetri da me.
T: "Le posso assicurare che le vostre speranze sono ben riposte mademoiselle. Con permesso..."

Underwater - Figlia di PoseidoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora