Capitolo 89: Lento, veloce.

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Lei


     Sono scappata in bagno non appena Victor mi ha concesso di respirare senza lui appiccicato addosso e mi fa strano anche solo pensare una cosa del genere, ho paura ad abituarmi ad un pensiero così dolce.

Ho appena mandato un messaggio a Gioia per avvisarla che la mia irruzione improvvisa è servita a qualcosa e che forse, io e Victor, siamo più di due semplici amici.

Apro la porta e sento il mio sorriso sul viso e l'agitazione nel cuore, mi sento confusa. Quando sono arrivata qui, poco più di un ora fa, pensavo che tutto sarebbe finito. E, se solo riuscissi a dire a voce alta, che è appena cominciata mi sentirei come una che sta per affrontare un salto con il Bangi Camping.

Ma questa è una paura che fa bene al cuore.

Lancio uno sguardo sul divano, pensando di trovarvi su Victor, ma non c'è. Lo trovo dall'altro lato della cucina, parla al cellulare con il capo chino e gli avambracci sono tesi sul bancone.

Il mio cuore perde qualche battito, conosco quell'espressione, quelle movenze. Dev'essere successo qualcosa, qualcosa che non promette affatto bene.

< Dove lo stanno portando? > annuisce, mentre io rimango prigioniera del mio shock, < sarò lì in meno di venti minuti. Farò il più presto possibile. >

Non l'ho mai sentito così. Anche se il suo tono di voce rimane basso, l'agitazione ha la meglio.

< Victor, che succede? >

< Oscar. > Sputa a denti stretti.

Mi sento gelare il sangue e non ho il tempo di capire nulla, perché lui mi afferra per il polso e mi trascina con sé. Faccio appena in tempo ad acciuffare la mia borsa.

Non appena chiudiamo gli sportelli, lui parte ad alta velocità. Mi aggrappo forte al sedile di pelle e senza togliere gli occhi dalla strada, gli chiedo < Vic... cosa succede? Oscar sta bene? >

< Sta bene un cazzo, Mia. E' stato portato urgentemente al pronto soccorso. Come diamine è possibile, Mia? Come merda è possibile che ha una frattura al cranio una roccia come lui? >

Victor sta lottando contro se stesso per non piangere, non sbatte le palpebre da quando siamo saliti in auto e, se fosse stata una normale circostanza, mi sarei già sentita male per quanto veloce sta sfrecciando sulla strada.

La mia mente è così affollata e confusa... in circostanze del genere non so mai come consolare. Non faccio altro che chiedermi "perché? com'è potuto accadere?" ma questo non aiuterebbe affatto.

Ecco perché tengo la bocca chiusa.

Abbiamo entrambi il fiato corto non appena arriviamo nel corridoio che ci è stato indicato, i ragazzi sono già tutti lì e le occhiate che ci lanciano sono piuttosto vaghe, non lasciano trasparire nulla. Ma Will si trattiene più di qualche secondo nel guardarmi con aria grave e, non appena me ne accorgo, si volta a braccia conserte.

< Che cosa è successo? Qualcuno vi ha detto qualcosa? > Victor non ha lasciato la mia mano un secondo da quando siamo qui, ma nessuno sembra farci caso. Il punto è che, per loro, sono la Bambina di Victor già un pezzo e hanno avuto più tempo di me per abituarsi all'idea.

< Le condizioni sono stabili, adesso. E' in camera, sta riposando. Ha delle flebo collegate e alcune fasce in testa che coprono la ferita, ma non so dirti altro per il momento. > Si affretta a spiegare David.

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