Lui
Mentre sono fuori ad attendere l'arrivo di Mia rubo boccate di fumo alla mia sigaretta e rifletto su alcune idee che mi sono balenate in testa giusto questa mattina, quando il prof. di economia spiegava una della sue noiosissime lezioni. Cercava, in parole spicciole, di spiegarci il metodo più semplice ed efficace di fare soldi.
Cosa di cui a me non importa proprio un bel niente.
So che molta gente crede che io sia così disinteressato alla questione dei soldi "solo perché a me non mancano", ma il punto è proprio questo: io so cosa vuol dire avere una vita che gira attorno al denaro e, certamente, non è così che immagino il mio futuro. Non voglio che la gente mi sia amica o riconoscente solo per il mio cognome; ho visto gente farsi trattare da zerbino per amore di essere mio amico e sono estremamente disgustato da questa tipologia di gente. Tutto questo è ridicolo, io non sono solo un Davis, uno dei tanti ragazzi in America nato in una famiglia più che benestante.
Io sono Victor come prima cosa e voglio fare il fotografo ed esplorare il mondo e viaggiare, fare tante di quelle foto bellissime da far venire la voglia alla gente di alzarsi da quel divano, prendere il primo volo e partire. Falli arrivare dove io posso arrivare solo grazie alla fotografia.
Io sono Victor e voglio indietro mio nonno, l'uomo che mi ha insegnato tutto quello che sapeva e dato ancora di più, voglio che lui possa tornare indietro e abbracciarmi tutte quelle volte in cui ne ho un bisogno disperato e dirmi che tutto andrà bene e non vorrei sentirmi morire ogni volta in cui mi rendo conto che questo non è possibile. Io voglio che, almeno per una volta, gli occhi di mio padre sapessero guardarmi come faceva mio nonno.
Il denaro non è tutto, con il denaro non si possono comprare i sentimenti. Vorrei che la gente capisse questo: io non ho un prezzo, ma un valore.
Non l'ho sentita avvicinarsi, ha i passi piccoli e leggeri, perciò vederla seduta accanto a me che mi guarda con i suoi occhi smeraldo e preziosi è una sorpresa.
Una piacevole sorpresa.
Socchiudo gli occhi –con la sensazione di aver raggiunto il nirvana- e sospiro < ciao Bambina. >
Lei socchiude a sua volta gli occhi e mi risponde dopo un tempo che mi pare simile all'eternità, < Ohi Vic. >
Rimane a scrutarmi in silenzio, alla ricerca di chissà quale risposta, che non sta a me darle. Distolgo lo sguardo dai suoi occhi e mi prendo qualche momento per osservala: è stretta nel suo giubbotto di pelle nero, con il mento affondato nella sua sciarpona –che ha la consistenza di una coperta- e, al contrario delle sue normali abitudini, tiene i capelli stretti in una coda alta e qualche ciocca ribelle le sfiora la fronte. Ha l'aria stanca, la mia Bambina, ma è splendida. Vorrei poterglielo dire, invece mi tocca mordermi il labbro inferiore per poter tacere.
Mia rimane ancora in silenzio con quella sua tipica espressione corrucciata che ti fa sempre chiedere a cosa stia pensando. Le sue braccia tengono strette le sue gambe e adesso abbiamo la stessa posizione: guancia appoggiata alle ginocchia e occhi che chiedono di più.
Non so per quanto tempo restiamo in silenzio a fissarci, ma sento che Mia –ogni volta un po' di più- mi è sempre vicina.
So che sta ragionando sulla telefonata di ieri e su quanto mi abbia mostrato di lei. E, conoscendola, so che adesso si sente in imbarazzo per questo, anche se non c'è nessuna ragione. Io non voglio che lei si senta così.
Vorrei che lei sapesse da quanto tempo ho aspettato questi momenti e cosa significano per me.
Vorrei che lei capisse, ma non si può. Non è ancora il momento.
< Stai bene? > Mi chiede dolcemente, con mia grande sorpresa.
"Sto bene?"
Mi vengono in mente una marea di risposte semplici e false da buttar giù: potrei dire che sono solo stanco, che è stata una giornata pesante. Potrei semplicemente dire di star bene. Ma, dato che posso scegliere, non mi va' proprio di mentire a Mia.
< No, Bambina > la osservo mentre vedo la sua preoccupazione affacciarsi nei suoi occhi, < non sto affatto bene. >
La mia voce è stanca, delusa. Troppo triste per un ragazzo di ventun anni a cui "non manca proprio nulla."
Mia rimane per qualche secondo in silenzio indecisa, adesso più che mai, sul da farsi. Si avvicina a me con lentezza delicata e poggia la sua minuscola mano infreddolita sul mio ginocchio. C'è freddo qui fuori, ma il tocco di Mia mi riscalda l'anima. Il battito del mio cuore accelera ed io mi sento uno stupido adolescente alla sua prima cotta mentre resto a guardare la sua mano e lei. Ma il fatto è che in ballo c'è molto di più.
< Posso... posso fare qualcosa per te? > mi chiede infine.
E' un attimo.
Un déjà-vu incredibilmente vivo davanti ai miei occhi, mi sono catapultato –con la mente e con il cuore- a sei anni fa'... So bene che la situazione è molto diversa e che è da sciocco sentirmi ancora dentro quel momento, ma che posso farci? Non l'ho mica scelto io. Ma se avessi potuto farlo, l'avrei fatto. Ad occhi chiusi.
< E' solo che... sento la mancanza di una persona cara. Tutto qui. > Dico mentre faccio spallucce.
Gli occhi di Mia si addolciscono come se avesse visto il cucciolo più bello del mondo e volesse tanto abbracciarmi, solo che non lo fa perché ha paura. Mia ha sempre paura, lei è fatta così.
Nessuna ragazza mi aveva mai guardato così e questo basta per farmi sentire amato nel modo che desidero. Fino adesso mi hanno sempre guardato come un capriccio da passarsi, come l'ultimo modello di borsa Louis Vitton appena uscito, "devo assolutamente averla!" e poi, si passa al modello successivo.
So che non è molto, che magari sono davvero un illuso. Ma cazzo, essere guardato così da Mia –anche solo per un secondo- è la cosa più perfetta che ci sia.
< Mi dispiace tanto. > Ed è sincera quando lo dice, come se mi volesse già un gran bene e il mio dolore appartenesse un po' anche a lei.
Non dico una parola ma resto a guardala negli occhi e –lentamente, molto lentamente- sollevo la mia mano destra e l'appoggio alla sua. All'inizio il contatto la spiazza, è troppo irrigidita per rilassarsi e non fa altro che guardare le nostre mani che sono lì in attesa di trovarsi. Poi chissà perché, ma grazie a Dio, alza lo sguardo sul mio viso e –forse solo per questo momento- decide di fidarsi di me. Butta fuori un sospiro e non appena incrocio le mie dita alle sue sento quanta fatica le costi, ma anche quanto importante sia per lei questo gesto. Stringe la mia mano in modo impercettibile, ha l'aria commossa e mi chiedo nuovamente a cosa stia pensando.
Lo sento. Lei non lo sa ancora, ma io si. Con lei mi tocca sempre aspettare, ma se questo significa averla davvero aspetterò fino alla fine.
Mia inizia a volermi, ma –come sempre- fa finta di nulla e aspetta che passi.
Ma noi non passeremo, ma saremo. Se c'è una cosa di cui sono sicuro è proprio questa.
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Storie d'amoreMia ha diciassette anni ed è già stanca di tutto: del posto in cui vive, delle persone che la circondano e di essere considerata la ragazza di Derek Collins, nonostante siano passati anni. Non fa altro che correre, per un infinità di motivi: per ca...