Prologo

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Fermai la macchina. Ormai era da due giorni che guidavo. Solo durante la notte e per un paio di pasti avevo stoppato la mia vettura. Nonostante la durata del viaggio non ero affatto stanco. Avevo guidato ininterrottamente se non per qualche pausa, ma mi sembrava di avere ancora tutte le energie, come se mi fossi appena svegliato. E adesso ero nervoso. Accidenti se ero nervoso. 

Spensi l'automobile. Era un classico giorno d'estate newyorkese, e dovevo ammettere che era particolarmente caldo. Stavo sudando da quando ero entrato nella città, e considerato che adesso ero in periferia, era da tanto che il mio corpo stava producendo sudore.

 Aprii lo sportello dall'auto e presi un respiro profondo. Stavo per andare in scena. Uscii dall'automobile e mi sistemai per la milionesima volta la mia maglietta. Probabilmente puzzavo da far schifo, ma non avevo tempo per quel pensiero, non adesso. Chiusi la macchina e iniziai a percorrere il giardino di quella villetta in cui ero stato solo una volta. Ma come scordarsela. Ogni volta che compivo un passo mi sembrava di sprofondare, come se al posto dei mattoncini del vialetto ci fossero delle sabbie mobili. Finalmente arrivai davanti alla porta. Mi risistemai i capelli e mi scossi la maglietta come se bastasse quel piccolo movimento per farmi sembrare meno sudato.

 Stavo per suonare il campanello, ma il mio dito era come bloccato. Era posizionato sopra quel bottoncino, ma era come se una forza opposta a quella del mio dito mi impedisse di premerlo. Scossi la testa. Cosa diavolo ci facevo lì? Sbuffai e ripresi i miei passi. Dovevo andarmene da quel posto il prima possibile. Ripresi a camminare verso la mia macchina mentre scuotevo la mia testa come per rimproverarmi e decisi che mi sarei fermato in qualche albergo della città. Sapevo che se me ne fossi andato non avrei più avuto il coraggio di tornare, ma non ero pronto nemmeno adesso, nonostante fossero passati due mesi.

Stavo per aprire la portiera della mia auto quando mi girai verso la strada e lo vidi. Era davanti a me impassibile che mi osservava. Fu solo un istante, ma non era cambiato affatto, forse i suoi capelli erano un po' allungati, ma nessun'altra differenza. Questo non era considerato nel mio piano. Non che il mio piano fosse un granché o che io ne avessi uno. In pratica l'intero piano era stato solo guadagnare i soldi per arrivare a New York e poi seguire il flusso delle cose. Guardando meglio notai che accanto a lui c'era pure sua sorella. Dopo qualche secondo, tempo che a me era sembrato un'eternità, lui si avvicinò. Non mi mossi. Appena mi fu vicino si fermò. Stavo per aprire bocca, ma fui bloccato dal suo cazzotto sul mio naso. Indietreggiai fino a quando non inciampai sul bordo del vialetto, cadendo così sul prato. Stetti zitto mentre mi premevo una mano sul naso, come se con quel gesto il dolore sarebbe scomparso. Lui rimase immobile a fissarmi dall'alto con uno sguardo, che se avesse potuto, mi avrebbe ucciso. 

Me lo ero proprio meritato quel cazzotto.

PRIMA DI INCONTRARTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora