CAPITOLO 14: Cadere in pochi secondi

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Erano passati tre giorni. Tre giorni in cui avevo provato qualunque cosa per parlare con Nicole, ma nulla. Lei non voleva vedermi. Inoltre, non si era neanche presentata ai corsi ed era passata a prendere alcune delle sue cose mentre io ero fuori al college. La casa sembrava così piccola e vuota senza di lei. In più neanche gli altri mi parlavano, se non Noah. Justin non si sedeva neanche più accanto a me a lezione. Avevo provato a parlare anche con lui e Will, ma silenzio stampa. Iniziavo a pensare di aver combinato un casino. Mentre lo pensavo suonò la campanella di fine corso. Vidi Justin alzarsi veloce, ma oggi non mi sarebbe sfuggito. Uscii velocemente e lo cercai tra la massa di studenti. Dopo qualche secondo, lo vidi che si stava mettendo il casco. Mi misi a corrergli dietro.

"Permesso" urlai spintonando gli studenti per passare. Justin mi sentì e dopo avermi visto accelerò il passo. Eh, no. Finalmente uscii dalla massa di ragazzi accalcati e vidi Justin accendere la sua moto. Mi misi a correre il più veloce possibile, ma Justin partì. Ma non mi sarebbe scappato. Continuai a correre e girai a destra per prendere quella che speravo fosse una scorciatoia. Per una volta avevo fatto una cosa giusta. Justin si era fermato ad un marciapiede per sistemarsi meglio lo zaino sulle spalle. Probabilmente era partito talmente veloce che aveva messo male le sue cose. Corsi, ormai col fiato corto per lo scatto, e lo vidi che stava per ripartire. Non lo avrei permesso, e feci la cosa più stupida della giornata, ovvero mi buttai davanti alla sua moto.

"Aiden, ma sei pazzo?" mi urlò contro Justin che aveva fatto appena in tempo a frenare.

"Tu ora scendi dalla moto e mi parli" gli dissi mettendo le mani sulla moto.

"Non pensavo di doverti parlare di qualcosa" mentì grattandosi la nuca. Non lo vedevo in faccia a causa del casco, ma ero sicuro che non mi stesse guardando.

"Justin, ti prego" lo implorai lasciandogli la moto. Lui non disse nulla, ma dopo poco sbuffò e si tolse il casco.

"Hai cinque minuti, poi me ne vado" mi disse scompigliandosi i capelli. Mi prese di sprovvista. Avevo così tante domande che non sapevo con cosa cominciare.

"Nicole" gli dissi rendendolo nervoso.

"E' a casa mia. Il mio coinquilino sta con la sua ragazza in questi giorni, quindi dorme in camera sua" disse serio. Sbuffai.

"Non era questo che intendevo. Perché mi ignora? Cosa ho fatto?" gli chiesi.

"Non penso che tu lo debba chiedere a me questo, io non sono il suo portavoce" disse frustrato.

"Beh, sta saltando i corsi. Sta bene?" chiesi non sapendo più che dire. 

"Sta bene, non se la sentiva, beh, sì, diciamo che ha preferito restare a casa per un paio di giorni. Ma stai tranquillo, stasera torna all'appartamento, anche perché torna il mio coinquilino" disse per poi rimettersi il casco e sfrecciare via davanti a me. Almeno mi aveva detto che sarebbe tornata in serata. Non sapevo neanche se essere contento o no, e sicuramente non sapevo come avrei reagito nel rivederla. Scossi la testa e pensai a cosa avrei dovuto fare nel pomeriggio. Nel pomeriggio e fino a dopo cena mi sarei allenato con Jacob. Sarei tornato a casa intorno alle undici, perciò avrei dovuto studiare prima di andare. Avevamo fissato al campo intorno alle quattro, perciò avrei studiato al massimo un'oretta. Mentre camminavo sentii il mio telefono squillare. Era mia mamma.

"Pronto?" dissi mettendomi il telefono all'orecchio.

"Ciao Aiden" mi si gelò il sangue. Era mio padre.

"Ciao papà" risposi dopo qualche secondo e buttando giù un groppo che mi si era creato in gola.

"Come stai?" mi chiese apatico, come se fosse obbligato a parlarmi.

PRIMA DI INCONTRARTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora