CAPITOLO 16.1: Attacchi d'ira

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"Non capisco cosa sia voluto venire a fare qui" borbottò Justin guardando William che si cambiava. Alzai il mio sguardo facendolo passare tra i due.

"Smetti di fissarlo" gli dissi allacciandomi la scarpa.

"Come se fosse facile" mi rispose sedendosi sulla panca con me.

"Dobbiamo spezzare le ossa a qualcuno oggi oppure vinciamo e basta?" mi chiese Jack facendo ridere alcuni ragazzi che si erano avvicinati.

"Non prendetela sotto gamba, l'anno scorso sono arrivati in semifinale e ad un passo dal giocare con noi la finale. E poi non giochiamo una vera partita contro altre squadre da almeno due mesi" lo ripresi mentre mi guardavano goliardici.

"Ok, mamma" rise Jack coinvolgendo gli altri.

"Siete incredibili" dissi stufo alzandomi in piedi e sgranchendomi.

"Comunque oggi durante il riscaldamento sembravate tutti in forma" aggiunse Justin mentre gli altri annuivano energici.

"Stiamo per scendere in campo! Qualcuno ha domande?!" sbraitò il coach entrando negli spogliatoi mentre tutti ci mettevamo immediatamente in posizione.

"Tutti pronti!" esclamai sollevando un grido generale eccitato. Ci mettemmo poi in fila e iniziammo a camminare verso l'uscita dagli spogliatoi. Quando mi girai, notai che i miei vecchi compagni di squadra ci stavano camminando accanto in silenzio, e anche se nessuno mi guardava, mi sentivo gli occhi di tutti addosso.

Quando uscimmo all'esterno, constatai che gli spalti erano pieni come mai li avevo visti e i fischi e le urla si confondevano nell'aria, caricando e incutendo tutti i giocatori ad eccezione di me, che ero solo carico come mai prima.

I miei compagni corsero in campo mentre vedevo Justin e William sedersi in panchina, a doverosa distanza, insieme ad altri. Stavo per scattare pure io, ma fui fermato dal mister.

"Tutto bene?" mi chiese con un tono paterno.

"Certo" risposi convinto e incuriosito dal suo tono.

"Non lasciarti provocare e non esagerare. Spegni il cervello e gioca con il cuore. Sei nato per questo sport, dimostralo a tutti. E ora vai che sennò divento troppo sentimentale e non è da me!" mi urlò indicandomi il campo. Gli sorrisi felice e poi scattai tra i miei amici mentre mi mettevo il casco.

Presi un respiro profondo e lasciai scivolar via tutti i miei pensieri. Poi, l'arbitro fischiò l'inizio. Carl che era il nostro quarterback in assenza di Will, mi passò la palla. La afferrai prontamente e scartai uno degli avversari. Continuai attorno guardandomi attorno e feci un lancio lungo su Ryan che afferrò la palla mentre si guardava attorno e la ripassava indietro. Sbuffai visto che non stavamo avanzando e mentre rientravo, Jack sbagliò un passaggio facendo cadere la palla a terra regalandola così agli avversari.

"Ragazzi più svegli!" urlai rientrando mentre il coach infamava Jack che sbuffò. Mentre lo urlavo l'arbitro fischiò e gli Oakland ripresero la loro azione. La nostra difesa sembrò dormire e fu segnato il primo touchdown, a favore degli altri. Ritornammo in posizione mentre il mio sguardo si posava per la prima volta su George che stava festeggiando con i suoi compagni. Vidi poi Carl guardare il coach che gli stava dando qualche indicazione.

"Schema otto, ragazzi!" urlò Carl sotto il sole cuocente californiano delle tre di pomeriggio. Lo schema otto era un'azione con me come soggetto. La palla veniva passata a Philip mentre io scattavo in avanti coperto dall'intero attacco che doveva liberarmi il campo. Era un'azione che facevamo di solito quando eravamo in difficoltà, vista la sua complessità e la fatica nel farla, ma il coach doveva avere qualcosa in mente. Forse voleva intimorire gli avversari con una mossa da solista. Non ebbi però il tempo di ragionare che Carl batté il kick-off che Philip ricevette.

PRIMA DI INCONTRARTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora