“Home, let me come home,
Home is wherever I'm with you
Our home, yes, I am home,
Home is when I'm alone with you”
-Edward Sharpe and the Magnetic Zeros, 'Home'
-Ashton
“Ma che cavolo?!” disse Ashton ad alta voce quando furono fuori dalla caffetteria. “Che ti è preso?”
Luke fece spallucce. “Si stava comportando in maniera ridicola e mi ha fatto incazzare. Non volevo doverti rianimare due volte in un giorno.”
“Però la prossima volta lascia che sia io a combattere le mie battaglie, okay?” disse Ashton al biondo, fumante di rabbia. Luke non loconosceva; non era nessuno per decidere quanto Ashton fosse in grado di sopportare. Ashton strinse i pugni.
“Okay!” invece di reagire, Luke sorrise e alzò le mani in segno di resa, senza nemmeno sembrare infastidito dal comportamento di Ashton. Ashton pensava si stesse proprio comportando da stronzo— perché non reagiva?
“Mi dispiace. Non pensavo fosse così grave.” disse Luke, alzando le spalle e sorridendo, mostrando le fossette. Ashton non riusciva a distogliere lo sguardo dalla piccola depressione che si era formata sulla sua guancia e all'improvviso stava allungando un dito per carezzarla delicatamente.
Luke lo guardò dall'alto in basso, con un mezzo sorriso, senza nemmeno sussultare a quel tocco.
Ashton si irrigidì non appena si rese conto di quello che stava facendo, scrutò Luke con sguardo colpevole, ritraendo la mano.
“Io—scusa.”
“Tranquillo.” disse Luke. “Anche a me piacciono le tue fossette.”
“Non per quello—cioè, sì anche per quello. Ma scusa se mi sono arrabbiato e...sì. Io—sì.” balbettò Ashton, fissando il suolo.
“Non ti preoccupare. Ho esagerato. Solo che non mi piace quando la gente ti pa— quando la gente parla in quel modo ad altra gente.” disse Luke, ed Ashton lo guardò accorgendosi di quanto fosse arrossito.
“Ah...okay.” disse Ashton. “Ora però andiamo al campus.”
-
Luke rimase silenzioso mentre camminava leggermente dietro Ashton verso il campus ed Ashton ne fu grato, perché aveva proprio bisogno di un po' di tempo per pensare. C'era qualcosa nella voce di Luke che faceva in modo che il suo cervello se ne andasse temporaneamente in vacanza e non poteva permetterselo. Non adesso.
Le parole di Louis gli risuonavano nelle orecchie, continuavano a rimbombare ancora e ancora e ancora e con dieci volte più cattiveria di quanta non ne portassero in origine. Si odiava perché sapeva, sapeva che Louis aveva ragione. Non sapeva cosa significasse amare qualcuno in quel modo—Dio, non sapeva cosa significasse amare in generale. E non sapeva—non poteva sapere come ci si sentisse ad essere gay, quell'ulteriore livello di complicazione al già intricato mondo dei sentimenti.
“Tutto bene?” chiese Luke a voce bassa, la sua voceaffannataprofondagutturalemusicaledelicatafortesexyrocasuadenteinnocentedolcepeccaminosa candeggiò i pensieri arancioni di Ashton per quello che sembrò quasi il tempo di un respiro.
“Penso...di sì.” disse Ashton ricomponendosi mentalmente. Ed era vero. Era vero, perché nonostante si sentisse come se fosse sull'orlo di un precipizio, andava tutto bene perché Luke camminava a poco più di un metro dietro di lui. In qualche modo questo bastava a far sembrare tutto quanto un po' perfetto.
Anche se il suo migliore amico non gli parlava.
Anche se l'università non andava poi così bene.
Anche se la sua ragazza l'aveva lasciato.
Anche se la sua famiglia non si trovava nemmeno nel suo stesso emisfero.
Anche se non aveva nessuna idea di cosa fare della sua vita.
In un certo senso, Luke gli faceva dimenticare tutte queste cose, ed era bello sentirsi leggeri anche se per poco.
“Giuri?” disse Luke ed Ashton vagava in una foresta metaforica, era perso.
“In che senso?”
“Giuri che stai bene?” disse Luke e Ashton poteva sentire il calore del suo corpo che si avvicinava.
“No.” disse Ashton, rallentando e spostandosi di poco sulla destra in modo che Luke potesse camminare di fianco a lui. “Ma giuro di pensareche sto bene.”
“Okay.” disse Luke, e Dio, c'era qualcosa di angelico nella parte destra del suo viso quando sorrideva. Le fossette non dovrebbero avere il potere di pugnalarti il cuore.
-
Ashton non voleva che Luke entrasse nella sua stanza. Era disordinata ed impersonale e non era una parte della sua vita che voleva condividere con qualcuno perché non era davvero sua e non era davvero lui. Ma non voleva spiegare tutto questo a Luke, quindi lo fece entrare, arricciando il naso alla vista dei vestiti sul pavimento e delle pareti bianche e vuote.
“La tua maglietta.” disse Ashton, avvicinandosi alla piccola cassettiera posta all'angolo della stanza e prendendo la maglia nera fresca di pulito dal primo cassetto. “Scusa se l'ho dimenticata.”
“No problem.” disse Luke con un sorriso appena accennato, come se Ashton fosse stato un cucciolo che non voleva spaventare. “Mi piace la tua stanza.”
Ashton rise amaramente e scosse la testa. “Grazie. Io non la sopporto.”
Non appena pronunciò queste parole se ne pentì. Luke distolse lo sguardo e Ashton sapeva, sapeva di aver rivelato troppo.
“Perché?” chiese Luke e Ashton voleva saltare giù dalla finestra perché gli occhi di Luke erano così blu e le sue labbra...santo cielo, perché stava pensando alle labbra di un ragazzo?
“Ah—um—,” balbettò Ashton. “È solo che...mi fa sentire un po' solo. Pensavo che mi sarebbe piaciuto non avere un compagno di stanza ma—già. Non così tanto.”
“Oh.” Luke annuì, in qualche modo aveva capito qualcosa che nemmeno Ashton stesso riusciva ancora a comprendere. “Okay.”
“Già.” disse Ashton.
Restarono lì in piedi per un attimo a guardarsi e Ashton si abbandonò all'osservazione del modo in cui i capelli di Luke ricadevano più sul lato destro della sua testa, e di come mordicchiava l'anellino che aveva al labbro quando era nervoso, e di come le sue bionde ciglia erano lunghe chilometri, e di come gli carezzavano le guance quando sbatteva le palpebre, e—
“Forse ora dovresti andare.” disse Ashton in un sussulto, in preda all'imbarazzo.
“Okay.” disse Luke ancora una volta, e prima che Ashton potesse muoversi o respirare o fare qualsiasi altra cosa, Luke si abbassò e l'abbracciò. Fu veloce, come se Luke avesse avuto paura della sua reazione. Subito si precipitò fuori dalla porta prima che Ashton potesse salutarlo.
Ashton rimase lì in piedi per qualche secondo, a respirare a sbattere le palpebre a pensare.
Perché era stato davvero, davvero bello stare fra le sue braccia, e in quell'istante, in quel breve sfiorarsi di stoffa e pelle, Ashton si era sentito a casa.
Ashton non si sentiva a casa da tantissimo tempo.
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Traduzione; Coming Up For Air // l.h. + a.i. || {Lashton} || (love in london)
FanfictionChe succede quando un ragazzo distrugge tutto ciò che hai sempre creduto di sapere su te stesso? "Non mi piacciono i ragazzi. Ma mi piaci tu. Ha senso?" "No." "Bene." {Lashton} ıTRADUZIONEı