Okay, stavolta è un update, giuro! In caso non l'abbiate ancora letto, ho pubblicato la prima parte dello spin-off :* buona lettura
xx"So make the best of this test, and don't ask why
It's not a question, but a lesson learned in time."
-Green Day, 'Good Riddance'-Luke
Quando Ashton entrò in cucina con i capelli bagnati e i piedi scalzi, Luke stava versando degli spaghetti in una pentola d'acqua bollente.
"Ho fatto una doccia. Spero non sia un problema." disse, con quel suo tono che faceva girare la testa a Luke.
"Va bene. Sto preparando gli spaghetti." gli disse Luke, leggendo il retro della scatola.
"Adoro gli spaghetti."
"Lo so."
"Sono il mio piatto preferito."
"Me l'avevi detto." Luke sorrise ad Ashton, che ricambiò.
"Grazie." Ashton arrossì leggermente e si avvicinò a Luke. Poi guardò per un attimo il contenuto della pentola.
"Grazie a te." disse Luke invece di dire 'Prego', e lo spinse scherzosamente.
"Per cosa?"
"Per essere rimasto. Perché mi rendi felice. Perché sei gentile. Perché sei tu." Luke disse l'ultima parte sottovoce, ma Ashton lo sentì e anche se Luke aveva paura di guardarlo, quando lo fece fu felice di averlo detto, perché il sorriso di Ashton era 3000 Watt di bellezza.
"Ma certo che sono rimasto. Tu hai fatto lo stesso per me, in un certo senso. Quando ero triste, al parco. Tu eri lì." Il sorriso di Ashton si ammorbidì mentre si guardavano. Non si stavano toccando, ma in un certo senso la connessione dei loro occhi era l'unica connessione che gli serviva in quel momento.
"Già." sussurrò Luke, dopo quattro battiti del suo cuore pieni del suono della pioggia che cade e dell'acqua che bolle.
Rimasero in silenzio per un altro po', Luke che controllava la pasta ed Ashton che lasciava che il vapore della pentola gli scivolasse tra le dita, perché gli piaceva la sensazione di calore contro al suo palmo. E l'atmosfera era così calma e normale e domestica e Luke si ritrovò improvvisamente a pensare che forse, forse quella sarebbe potuta essere la sua vita un giorno.
Lui ed Ashton in un piccolo appartamento a baciarsi e preparare pasta e gli sembrò proprio perfetto, onestamente.
"Non ti ho mai chiesto perché." disse Luke senza pensare, perché il rumore della vita lo aveva distratto troppo per pensare a tenere la bocca chiusa.
"Perché cosa?" chiese distrattamente Ashton, facendo vorteggiare del succo d'arancia attorno al fondo di un bicchiere di carta come se fosse un vino pregiato che ha bisogno d'aria.
"Perché eri triste. Al parco. Hai iniziato a piangere e non ti ho mai chiesto il perché." Luke decise di esternare i suoi pensieri, il nascondino non gli aveva mai portato niente di buono.
"Oh." disse Ashton, appoggiando il bicchiere e pensandoci su. "No. Non me l'hai mai chiesto."
Luke aspettò che continuasse.
Non lo fece.
"Beh? Me lo dici?" disse finalmente, mettendo il coperchio alla pentola. Ci volevano ancora un paio di minuti.
"Sì." disse monotono, ma sembrava piuttosto che stesse pensando. "Lo farò."
"Okay."
Ashton respirò per qualche istante, e poi aprì la bocca per parlare.
"È solo che...okay. Probabilmente ti sembrerà patetico perché tu sei così forte e coraggioso e disposto a perdonare e diciamo, perfetto—,"
"Non è v—,"
"Sì, lo è." gli disse Ashton serio. "Davvero, lo sei. Ma io no, Luke, e so che tu hai dei problemi familiari ben più gravi. Lo so. Okay?"
"Ash, non è una gara a chi ha la famiglia più di merda." disse piano Luke, prendendo la mano di Ashton e stringendola per un secondo. "Hai tutto il diritto di stare male. Non ti giudicherò."
Ashton annuì. Prese un respiro profondo. Iniziò.
"Beh, mio padre se n'è andato quando avevo sette anni. Ma stavo bene, poi però abbiamo dovuto traslocare dai miei nonni perché non avevamo soldi. Ma anche questo andava bene. Erano molto buoni con noi— non hanno mai fatto mancare niente né a me né ai miei fratelli e si prendevano cura di noi quando mia madre lavorava. E andava tutto bene. Benissimo. Andava...andava bene."
"Okay." lo incalzò Luke, dopo che Ashton era rimasto in silenzio per quasi un minuto. "Ma...?"
Ashton lo guardò come se stesse per vomitare.
"Ti ho mentito. Quella mattina. Quando ti ho detto di non aver mai voluto baciare un ragazzo prima. Era una bugia e mi dispiace ma in un certo senso ho mentito anche a me stesso anche se questo non mi giustifica e fammi spiegare e ti prego, ti prego, ti prego non odiarmi." Ashton inciampava sulle sue stesse parole e Luke si chiese cosa potesse aver fatto Ashton, cosa potesse essere così terribile da riempirgli gli occhi di lacrime.
Luke aspettò, senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Ashton.
"I— ho— mi era già successo di voler baciare un ragazzo, Luke. Mi dispiace lo so ti ho mentito ma avevo paura e ho ancora paura ed è una cosa che— che non si—,"
"Respira, Ash. Non sono arrabbiato." disse piano Luke, accarezzando il palmo della sua mano con il pollice.
Ashton respirò profondamente e chiuse gli occhi per un attimo prima di continuare.
"C'era questo ragazzo. Questo ragazzo di nome Elias. Frequentava la mia parrocchia e quando avevo quindici anni passavamo i pomeriggi insieme. Mi ero preso una cotta per lui e non sapevo cosa fare e così gliel'ho detto. Gliel'ho detto. E lui l'ha detto a mia nonna." Ashton non guardava Luke negli occhi, ma a Luke non importava. Continuò semplicemente a tenergli la mano.
"Mia nonna è molto, molto religiosa, Luke. Non era—a lei non— è peccato che mi piacciano i ragazzi, Luke. Lo sai? È grave. È grave. E lei era così— così arrabbiata con me. Dio, Luke, era furiosa. Allora mi ha mandato a questa specie di campeggio cattolico qui a Londra, perché mi curassero, perché mi aggiustassero. E pensai che avesse funzionato perché non mi piacevano più i ragazzi. Non mi piaceva più nessuno, in realtà." Ashton sembrava distrutto.
"Okay." disse sommessamente Luke. Voleva stringerlo, ma non sapeva come avrebbe reagito, quindi rimase fermo.
"E poi ho incontrato te." disse Ashton, la voce spezzata. "E tu mi piaci davvero. Ma se qualcuno lo scoprisse— se lei lo scoprisse— smetterebbe di pagarmi il college e non avrei dove vivere e la mia famiglia mi odierebbe e...io non—non posso permettere che succeda ma—ma—tu sei—tu rendi tutto più difficile perché sei perfetto e Dio, ti voglio come non ho mai voluto nessuno in tutta la vita, Luke—,"
Luke non riuscì più a resistere e lo strinse fra le braccia, sussurrandogli fra i capelli che era tutto okay, di respirare, che sarebbe andato tutto bene e si respirarono per un po', appesi l'uno all'altro per un po', aggrappati a qualunque cosa fossero per un altro po'.
Dopo circa 136 secondi si separarono. Ashton non stava piangendo, e anche se Luke pensò di poter piangere, aveva finito le lacrime qualche ora prima.
"Andrà tutto bene, Ash." Luke promise e Ashton annuì, sorridendo appena e accarezzandogli la guancia.
"Ho paura, Luke. Perché da quando so che esisti non ce la faccio a stare senza di te. Ho paura." disse Ashton, e Luke annuì solenne.
Poi sentì una strana sensazione, come un pugno allo stomaco e cercò di respirare quando si ricordò qualcosa che non riusciva a credere di aver dimenticato.
"Dov'è Calum?"
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Traduzione; Coming Up For Air // l.h. + a.i. || {Lashton} || (love in london)
FanfictionChe succede quando un ragazzo distrugge tutto ciò che hai sempre creduto di sapere su te stesso? "Non mi piacciono i ragazzi. Ma mi piaci tu. Ha senso?" "No." "Bene." {Lashton} ıTRADUZIONEı