3.2

2.3K 176 34
                                    

Picture, picture, smile for the picture

Pose with your brother, won't you be a good sister?

Everyone thinks that we're perfect

Please don't let them look through the curtains.”

-Melanie Martinez, 'Dollhouse'

-Ashton

Alle tre del mattino, il cellulare di Ashton squillò.

Non squillò, in realtà—vibrò (perché, per fortuna, Ashton aveva impostato il silenzioso) ad un ritmo regolare ed insistente a due metri dalla mano sinistra di Ashton.

Normalmente non sarebbe stato un problema—Ashton avrebbe controllato la schermata e avrebbe deciso se rispondere o ignorare in base a chi stesse chiamando. Le chiamate alle tre del mattino, comunque, erano un'altra storia—non potevano quasi mai essere ignorate perché venivano quasi sempre dall'Australia, ed erano quasi sempre dal suo fratellino o dalla sua sorellina, ed erano quasi sempre importanti. Ed in effetti, sua sorella lo stava chiamando.

Allora Ashton fu posto davanti ad un problema—un problema adorabile e caldo e spalmato sul suo petto, un problema che respirava contro alla stoffa della sua maglia. Era completamente avvolto da Luke. E sebbene gli piacesse starsene dove stava, non gli venne in mente quasi nessun modo per divincolarsi dall'abbraccio di Luke e rispondere al telefono senza svegliarlo.

Quasi.

In seguito ad un movimento acrobatico con riposizionamento delle gambe di Luke incluso, Ashton riuscì ad allungarsi a sufficienza per poter rispondere al telefono appena prima che scattasse la segreteria. Gli ci volle quasi un minuto per portarselo all'orecchio.

“Hey.” sussurrò, la voce impastata dal sonno. La vibrazione l'aveva svegliato—aveva il sonno leggero, anche il minimo suono lo faceva sobbalzare. Era sia una benedizione che una condanna—più una condanna, quando stai in un campus pieno di universitari.

“Ciao Peach.” la vocina di Lauren risuonò dall'altra parte della linea e per un momento Ashton provò una sorta di conforto nel sentirsi chiamare con quel soprannome.

“Ieri mi hai mandato un messaggio dicendomi che dovevamo parlare. E la nonna mi ha chiamato l'altro giorno. Non parliamo mai così tanto. Vi manco?” chiese Ashton, ridendo piano e guardando Luke, che era scivolato appena più giù. Sembrava così beato e tenero quando dormiva, ed Ashton sentì il suo cuore sciogliersi e sobbalzare e fermarsi e ripartire nell'arco di un millesimo di secondo.

“Certamente. Ci manchi costantemente.” disse Lauren con quel suo modo formale di parlare che gli dipingeva sempre un sorriso sul volto.

“Aw, anche voi mi mancate, Laurie. Come va? Com'è il tempo? Mi manca non gelare.” disse Ashton, accarezzando i capelli di Luke e scostandoglieli dalla fronte. Erano morbidi come quelli di un bebè e gli ricadevano sugli occhi in un ciuffo scombinato.

“La temperatura è eccellente. Credo che tu debba ritornare a casa.” disse Lauren con la sua voce da dodicenne troppo cresciuta. Parlava con tutti quanti come se fosse ad una riunione di lavoro. Era esilarante, ma a volte Ashton desiderava che si lasciasse un po' andare.

“Davvero? E perché?” le chiese Ashton. Luke borbottò qualcosa nel sonno e Ashton si morse il labbro per evitare di ridere.

“Io—scusa, perdonami per un momento. La nonna mi sta chiamando. Sì, nonna?” Ashton sentì un fruscio e poi silenzio, come se qualcuno avesse coperto il microfono del cellulare per non fargli sentire nulla. Continuò a giocherellare con i capelli di Luke e per una volta si sentì in pace con il mondo, anche se sapeva che sarebbe stato terribilmente esausto il mattino seguente. Luke era suo—il suo ragazzo—ufficialmente. E lo spaventava e lo spaventava ma era spaventosamente bello, pensò Ashton, ma ne valeva la pena perché Luke si era sedimentato nel suo intero universo.

Traduzione; Coming Up For Air // l.h. + a.i. || {Lashton} || (love in london)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora