Bucky Barnes (pt.3)

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Per la prima volta padre e figlia si guardarono negli occhi, entrambi coscienti che da lì in poi molte cose sarebbero cambiate.

Bucky fissava attentamente la ragazza, non sapendo a cosa andava in contro. L'unica cosa che gli importava era fare un po' di chiarezza nella sua vita e se lei poteva aiutarlo, ben venga.

-Sei pronta?-

-Io non so cosa devo fare-

Lui era euforico, non vedeva l'ora di avere nuova informazioni sul suo passato ma a vedere gli occhi di lei, così tristi e spaventati, tutto l'entusiasmo parve scomparire.

-Non ti preoccupare, devi solo stringermi la mano-

Le sembrava un sogno, loro due insieme nella stessa stanza, che parlavano. Lui sembrava aver abbandonato quella perenne espressione scocciata che aveva ogni qual volta che i due entravano in contatto.

Con molto timore la ragazza avvicinò la mano a quella dell'uomo e lui non esitò neanche un istante ad afferrarla.
Per lei era la prima volta che si toccavano da quasi diciotto anni, non poteva sapere che Bucky si era precipitato da lei sul campo di battaglia o che si fosse intrufolato nella sua stanza solo poche ore prima.

Lui attese impaziente di vedere anche la più piccola immagine ma ben presto si rese conto che tutto ciò che c'era nella sua testa erano i suoi pensieri, niente immagini, niente scene, niente di niente.

Staccò bruscamente la mano da quella di sua figlia.

-Perché non funziona!-

Era visibilmente scocciato, il sua unico metodo per riacquistare la memoria sembrava non funzionare più.

-Mi dispiace, te l'ho detto non so come funziona-

-Ma prima è bastato solo il contatto. Perché adesso non va? Lo sapevo che non dovevo avere fiducia in te-

L'uomo stringeva il pugno cercando di ritrovare la calma. Sperava che lei potesse essergli d'aiuto ma ci aveva sperato troppo e adesso era rimasto deluso.

- S-scusa, vo-voglio aiutarti ma non s-so come-

Bucky si girò, ancora una volta, ad osservare quella ragazzina. Forse aveva esagerato un po'; non era certo colpa sua se non ci riusciva. Si era appena risvegliata e lui l'aveva quasi obbligata a usare quella sue nuove capacità, senza neanche prima controllare che non fossero un pericolo per lei.

Adesso se ne stava là sul letto, a solo pochi centimetri da lui a piagnucolare. Perché stava piangendo? Era lui che non ricordava niente, a lei che la sua memoria tornasse o meno, non le importava.

Vederla così fragile gli smosse qualcosa dentro, come quando senza badare a niente e nessuno si era messo a correre per raggiungerla. Non sapeva da dove veniva quella forza di volontà ma non riusciva a stare indifferente mentre quelle creatura soffriva.

-Perché piangi?-

-Voglio veramente aiutarti-

-Come mai tutta questa premura verso di me?-

Non gli avrebbe rivelato la verità, non ancora. Se con il suo potere sarebbe riuscita a fargli rammentare bene, altrimenti avrebbe dovuto aspettare che la memoria tornasse da sola. Lei voleva affianco suo padre, ma non avrebbe costretto Bucky a starle vicino solo perché sua figlia. Lei desiderava che lui ci fosse per lei perché le voleva veramente bene, non solo perché si sentiva in dovere. Sapeva che se gli avesse rivelato tutto lui poi si sarebbe sentito obbligato a farle da padre. Voleva che lui ritrovasse i sentimenti perduti.

-Ho sentito parlare di te, hai sofferto molto e con il mio aiuto speravo di riportare un po' di serenità-

-Mi dispiace, sono stato troppo duro prima. Voglio avere fiducia in te, sono certo che prima o poi capirai come funziona il tuo nuovo potere-

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