Chaos e ancora oltre

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Sentì il dolore nella musica,

Si alzò dal pianoforte,

Ma quando vide la luna uscire da una nuvola

Gli sembrò più dolce anche la morte"

(Caruso - Lucio Dalla)

Sono seduta sotto le fitte fronde di un abete, nell'aria l'odore della flora e dell'elettricità. Sono seduta su una radice che, ricurva, spunta da terreno come un ponticello, con le gambe a penzoloni. Sono là seduta e...muoio.

Non piove ancora, ma l'aria è già satura di umidità. Nell'immenso cielo nerastro, lunghi e sinuosi lampi di luce pura saettano sfrigolando, mi pare di avere nelle orecchie il loro suono.

Tutto è sfocato, poco chiaro: solo l'odore di tenebra è ben presente nella mia coscienza...finché non appare una figura avvolta in un ampio mantello. Un lampo cade poco lontano, ma non sento rumore: solo, la luce investe il viso della figura...

Elisa.

Artemiya osservò vagamente stranita la donna nuda che dormiva accanto a lei, scomposta e scarmigliata.

Folle.

Si guardò intorno. Gli abiti suoi e quelli di Elisa erano sparpagliati dappertutto, a terra, sulla poltrona, sulla testata del letto. La sveglia segnava le otto meno cinque minuti: disattivò l'allarme, per non svegliare quella che aveva deciso di chiamare "dea del sesso".

Quella russava. Piano, ma russava e borbottava nel sonno. Con una mano strattonò le coperte, avvolgendosi fino alla vita, ma continuò a lamentarsi inconsciamente, così Artemiya la coprì sino alle spalle, azzittendone i grugniti.

In silenzio, cercò qualcosa da indossare: trovò i pantaloni sotto il letto e il reggiseno sul comò, sopra una boccetta di profumo. Prese una felpa a caso dall'armadio e andò in bagno.

Vi si chiuse. Si guardò allo specchio con occhio critico, poi gli voltò le spalle e s'appoggiò al lavandino.

Nel suo letto, una donna stava dormendo. Aveva fatto sesso con quella donna, aveva dormito con la sua testa sul seno. Ed era stata...felice? Forse. Di certo era stata meglio di come era stata con tanti altri.

Si fece una doccia veloce, poi infilò gli abiti che aveva raccattati alla rinfusa in camera. La mente le tornava continuamente all'immagine del corpo di Elisa, così bianco e, allo stesso tempo, incandescente. Non avvertiva sensazioni particolarmente negative, ora, se non un profondo imbarazzo.

Si diresse in cucina, modulando il passo per non fare rumore.

Elisa dormiva ancora. E quando si sarebbe svegliata? Cosa le avrebbe detto?

Soppesò mentalmente il problema, trovandosi impreparata ad affrontare seriamente il risultato delle proprie azioni: cosa poteva fare, se il problema non c'era? Sarebbe stato ipocrita trovare pecche in un simile trascorso... non era una verginella, non una bambina. Era una donna impegnata ed equilibrata. Era stata... una scappatella, no?

«Buongiorno.».

Artemiya sobbalzò, arrossendo come una tredicenne. E la parola scappatella svanì impercettibile dalla sua mente, come una goccia di rugiada al sole.

«Oh, sei tu.» disse calcando le parole con lievi soffi assorti.

«Chi credevi che fosse?» disse Elisa con un sorrisetto. «Ti svegli sempre così presto?».

«Oh, sì.» rispose Artemiya, ricomponendosi. «Tra l'università e le lezioni, giro Roma dalla mattina alla sera...».

A proposito di lezioni, non avrebbe dovuto fare qualcosa quel giorno...?

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