Artemiya aveva sempre adorato le sveglie: nei mercatini, erano gli oggetti che più l'attiravano. Ma quella mattina, davvero, quella mattina le odiò.
Alle otto in punto, dal comodino, il trillo acuto pervenne a lei, raggomitolata tra le coperte come un pitone albino tra le fronde. Con un grugnito tese un braccio, facendo spuntare dal copriletto di merletto una mano per far tacere il malefico aggeggio. Dal luccicare della gemma al dito, constatò che la sera prima non aveva nemmeno chiuso le persiane.
Era sfinita. Si era fatta trascinare da un gruppo di amici all'Hard Rock Cafè a bordo di una scassatissima Ford Fiesta anni '80, quando avrebbe potuto starsene tranquilla a casa a leggere.
Artemiya si alzò stiracchiandosi. Gettò un'occhiata al grande specchio lì accanto: i capelli parevano una balla di fieno, ma pazienza. Piuttosto, era andata a dormire col vestito verde...
Lo sfilò imbronciata e si mise una vestaglia per andare in cucina. Là mise la caffettiera sul fuoco.
Che serata orrenda. Agnese, ubriaca, si era addormentata a terra, in un angolo. Marco aveva litigato con un ragazzo, non sapeva chi fosse.
Si versò un'abbondante tazza di caffè, v'aggiunse dello zucchero e portò la tazza bollente al cuore, come da sempre le piaceva fare.
Aveva bevuto, non molto, ma l'aveva fatto. Non le piaceva esagerare così. Aveva buttato giù quattro vodka alla fragola e basta, anche se avrebbe potuto continuare: lo reggeva bene, l'alcool... ma non trovava senso nell'ebbrezza dell'ubriacatura.
Sorseggiò lentamente il caffè, pensando. Tra due ore avrebbe dovuto scendere all'università, per presenziare ad un corso.
Si alzò per infilare una mano nella busta dei biscotti. Tra pochi giorni avrebbe dovuto sostenere l'esame.
Ad un tratto, dall'ingresso arrivò lo squillare argentino del cellulare che l'avvertiva dell'arrivo di un SMS. Andò lentamente al mobile su cui era posato, assieme alle chiavi e alla borsa. Era Ines:
- Puoi portarmi gli appunti che ti ho prestato?
Artemiya appoggiò la tazza per rispondere:
- Te li porto oggi. Perché ieri non sei venuta?
Ines rispose in fretta: - Intossicazione alimentare...
Artemiya rise: era una vecchia storia. Ines era stata portata dal suo ragazzo a cena fuori e per l'ennesima volta era stata male. Forse i veri gatti neri della situazione non sono sempre felini...
Alle 9:40 mise in moto la Renault Laguna argento, dopo aver sbattuto la borsa coi libri sul posto del passeggero.
Non incontrò traffico per le strade, filò per tutto il tratto fluidamente, fino a posteggiare davanti alla facoltà.
Si caricò la borsa in spalla e scese dall'auto: quella mattina si era infilata dei jeans grigi, una maglietta rossa e un maglione pesante dalla fitta trama. Si guardò attorno, per individuare la figura di Ines: ed eccola, a chiacchierare con un ragazzo.
Artemiya si avvicinò: no, non era un ragazzo, anche se i capelli glielo avevano fatto credere.
E un vago ricordo affiorò...
Artemiya beve dall'affusolato bicchiere da vodka il liquido rosso e denso che le brucia, seducente, la gola. Le sue orecchie ormai non sentono quasi la musica, il suo cervello elabora Mozart a non finire. Ha perso di vista i suoi amici da parecchio, ma non le importa.
«Buonasera, principessa.».
Una ragazza le si avvicina. È più alta di lei, ma non di molto, i capelli scuri sono tagliati corti, a cornice del viso affilato. I suoi occhi ardono, forse per l'alcool - il suo alito ne riporta le tracce. Ha le labbra rosse come un predatore.
«Posso offrirti da bere?»
Artemiya alza un sopracciglio, «No, grazie.».
Si volta dall'altra parte. Può avvertire il calore della carne di quella donna.
«Vieni spesso qui?» le domanda ancora.
Artemiya si guarda attorno. Tutti si sono lasciati andare, tutti meno lei.
«No, è la prima volta.» decide di rispondere.
L'altra sorride, esultante. Iniziano a parlare.
Artemiya ascolta con un sorrisetto l'adulazione nella voce della donna, ma ci sta, intanto, perché non provare?
Da lontano osserva gli altri avventori del locale.
«Dì un po'...hai da fare stasera?».
Artemiya la guarda.
«Sì.» risponde solo.
«Ne sei proprio sicura?» sussurra l'altra avvicinando le labbra al suo viso. Strappandole un bacio umido sulla mascella.
«Sì, davvero sicura.» ribatte Artemiya. «Se vuoi scusarmi...».
E si allontana, intimorita, lasciando allo sguardo dell'altra le sode forme.
Paura, sì. Perché le stava piacendo...
«Tu?» esclamò quindi, gli occhi sgranati, quando riconobbe le stesse labbra, gli stessi occhi, le stesse forme.
Ines le osservò entrambe, sorpresa: «Vi conoscete?».
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La vita sulla pelle
RomanceElisa e Artemiya, la loro storia, l'amore e la vita, perché il tempo di gioire è sempre sfuggente.