Il sempre-
È fatto di adessi-
Non è un tempo differente-
Tranne per l'infinità-
E l'ampiezza della casa-
(Emily Dickinson)
Paesaggio immobile, graduato, salvo. Un paesaggio di pace che forse era solo promessa, solo illusione dolce dalla prospettiva offerta dalle braccia di Elisa.
Immenso. E silenzio.
Il silenzio frizzante d'aria montana delle valli sottostanti a loro, le valli che parevano rinchiuse nel magico intrico della gabbia silvestre, a ridosso del terrazzino da cui osservavano, in silenzio, le due coniughe.
Artemiya respirò a pieni polmoni. Elisa strinse le braccia, fortificando la presa sul suo busto, e il suo tocco delicato alla sua vita.
- Ti amo – disse.
- Anche io ti amo – disse Artemiya, - e amo stare qui in questo paradiso. Con questo silenzio.
La russa si beava del calore protettivo del corpo di lei alle proprie spalle. La sentiva, amante e complice, sorella e sposa. Sentiva quanto i loro cuori potessero battere all'unisono, ed i passi dell'una confondersi con quelli dell'altra.
Sentiva quanto l'immenso volesse sfuggire dalle loro dita, e librarsi in volo, alto e imprendibile nastro dorato di libertà.
- Cosa si fa di solito in un viaggio di nozze? – domandò Mia.
Elisa sogghignò, soffiandole all'orecchio.
- Vuoi che te lo mostri? – chiese, saggiando il calore della pelle dei fianchi di lei.
Artemiya rise.
- Intendevo oltre a quello – disse.
- Non ne ho idea – rispose Elisa, - sai, questo è il mio primo viaggio di nozze. Primo ed ultimo.
Artemiya si voltò a guardarla.
- Sarebbe esagerato voler passare tutto il giorno abbracciata a te? – domandò ancora.
- Se sarebbe esagerato non so – rispose Elisa, - so solo che io vorrei farlo per tutta la vita.
Si baciarono delicatamente, assenti. Uniche fiammelle in una nera notte senza stelle, prigioniere e padrone del loro stesso calore. Candidi petali di paradiso sul selciato.
- La casa è stupenda- sussurrò Mia, - ti ho già detto che trovo sia stupenda?
- Solo una decina di volte, forse – disse Elisa.
Artemiya sbatté una volta le palpebre.
- Sei cresciuta qui...?- fece, un misto tra domanda e affermazione, un eco sordo di sospiro tra le pareti montane.
- Sì. Non te lo avevo già detto? – disse Elisa, appoggiando il viso sulla sua spalla, chinandosi alla sua altezza, lei che a suo confronto era imponente.
- Sì, lo hai fatto – sorrise Mia, - ma ricordandomelo capisco da dove hai preso la tua bellezza.
Le sorrise. I suoi occhi, verdi pugni di giada sul fondo d'un torrentello, luccicavano. Erano turbini di amore e sorpresa appagata, quei ciclici ritmi dorati nelle sue pupille. Erano i sospiri del suo inconscio innamorato che riconosceva e richiamava a sé l'amore della sua vita.
- Tanto quanto tu sei la regina dei ghiacci, amor mio – sussurrò Elisa, - mai dono più grande mi fece, l'inverno...
Artemiya avvertì le labbra di lei che piano le baciavano il collo, e sentì nello stomaco un moto strano, tondo. Perfezione.
- Amore...- chiamò, - amore, ascolta un po'...
Elisa alzò la testa dalla curva del suo collo bianco, le morbide e seducenti labbra socchiuse, gli occhi accesi.
- Che c'è? – chiese aggrottando la fronte.
- Sai cosa mi piaceva tanto fare da bambina? – chiese Artemiya.
- Ehm...- mormorò Elisa, - suonare il pianoforte?
- No – rise Mia, - no, oltre a quello...ecco, adoravo fare escursioni.
Gli occhi verdi della russa brillarono riflessi in quelli caldi e castani di Elisa.
- Mi porti nel bosco, questo pomeriggio...? – chiese Mia.
Elisa sorrise.
- E dire che volevo proporti un pomeriggio tutto coccole e relax...- disse, - ma va bene. Sarà bellissimo vedere la mia sposa a contatto con la natura.
- Grazie...- sorrise Mia, - grazie di esistere.
Elisa si lasciò baciare con trasporto, rispondendo al richiamo della sua lingua lentamente, concentrata.
- Mmm...volpina mia, ti amo tanto...- sussurrò appassionata, stringendo il corpo della sua donna a sé, tanto forte da volerlo quasi inglobare dentro il proprio petto.
Artemiya le carezzò il volto serio, guardandola negli occhi lucenti e commossi.
- Dai, andiamo dentro – disse, - qui si gela.
Elisa si lasciò prendere per mano, e condurre in salotto, dove un potente fuoco scoppiettava nel camino, illuminando tutt'attorno.
Mia si sedette sul divano, portando con sé il corpo di Elisa, che pareva volesse abbandonarsi completamente a lei.
Si rannicchiò infatti contro di lei, le gambe piegate e le braccia attorno ai suoi fianchi, e la testa posata sul suo seno. Così aggomitolata pareva un gatto, pensò Mia. Eppure, pareva un gatto bellissimo.
- Rimaniamo un poco così – mormorò. – Con il nostro calore. Con il nostro silenzio.
Artemiya le baciò la testa.
- Amore mio, cosa farei senza di te...- disse.
- Io mi sarei lasciata trascinare via da Enrico, altroché...- sospirò Elisa.
- Ed io mi sarei lasciata morire – mormorò Mia.
- Non dirlo – disse gravemente sua moglie. – Non dirlo.
Artemiya la strinse contro di sé. Respirò a fondo il suo odore, il profumo di casa e di donna che tanto amava, che avrebbe riconosciuto tra milioni d'altri.
- Va bene – disse. Sorrise. – Sei la mia vita.
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La vita sulla pelle
RomanceElisa e Artemiya, la loro storia, l'amore e la vita, perché il tempo di gioire è sempre sfuggente.