Una donna che non sono io a baciare le sue labbra
Una donna che non sono io a toccare il suo corpo
Amore...
Che rumore fa una pietra che in mezzo all'Oceano precipita?
Artemiya si fermò di colpo a prendere fiato. Il freddo le aveva appesantito i polmoni, non sarebbe riuscita a correre ancora. Tanto più che dalla foga aveva imboccato una via traversa, e il loro appartamento era dall'altra parte di un caseggiato.
Il suo appartamento.
Si appoggiò alle ginocchia coi palmi, respirando profondamente. E la prima lacrima scese.
Elisa, amore mio...come hai potuto?
Chi è quella donna, perché la sua bocca possedeva le tue labbra?
E che ne sarà di me, e del mio cuore infranto?
Hai sentito il rintocco della campana, Elisa? Era il batocchio contro il cristallo della mia anima, stilla d'acqua salata in mezzo a massi granitici.
Cosa farò dei cocci del mio amore?
Altri passi risuonarono nella stradina, amplificati dalla curva maestosità dei muri dei palazzi, che come maghi gobbi pendevano sbilenchi verso il terreno, sminuendo lo spazio di cielo visibile.
- Artemiya...-
Alzò gli occhi, la pianista. Attraverso le lacrime silenti, le luccicanti pupille smeraldine ribollivano di rabbia.
Elisa aveva il fiato grosso, e si avvicinò cautamente. L'espressione preoccupata. In Artemiya, solo l'urlo della Banshee.
- Non mi toccare – intimò.
Elisa si accostò a lei, temeraria, ben conoscendo come poteva reagire Mia. Ma non le sarebbe importato.
- Amore...- mormorò, ma il ringhio basso della russa l'interruppe:
- Bastarda indegna, non parlare.
E vi fu un singhiozzo. Perché Artemiya l'amava, e soffriva indicibilmente nell'allontanarla da sé. Ancora.
Elisa, incurante dell'aria da leonessa della pianista, la placcò fermamente, un abbraccio rigido ma sincero, per non permetterle la fuga.
Artemiya gemette, lasciando scorrere le lacrime.
- Ti prego, và via...- implorò prima di piantare le unghie nei fianchi della donna. La spinse via con violenza, arretrando contro il muro.
Elisa la guardò, sulla gota la gemella delle sue lacrime.
Artemiya rimase per un poco ferma, fissando il terreno. Poi voltò le spalle e s'incamminò verso casa.
Elisa si lasciò scivolare a terra, esausta.
- Perché? – gemette, - perché Iddio, perché?
Rivolse gli occhi al cielo, una breve striscia blu e bianca tra i tetti ed i fili.
- Perché?- esclamò, lenzuolo dilaniato dalla foga del gioco infantile.
Una persona le passò davanti, probabilmente si fermò ad osservarla. Ma lei rimase immobile, la testa abbandonata sulle braccia conserte, finché il visitatore solingo riprese la sua strada, interdetto dalla vorace cecità di un popolo masticato e sputato sul marciapiede.
Artemiya si chiuse alle spalle la porta di casa con un colpo secco, appoggiandovi la schiena contro, come a barriera rispetto al mondo esterno.
Eppure, il dolore più grande era dentro.

STAI LEGGENDO
La vita sulla pelle
RomanceElisa e Artemiya, la loro storia, l'amore e la vita, perché il tempo di gioire è sempre sfuggente.