Sono solo stasera senza di te,
mi hai lasciato da solo davanti al cielo
e non so leggere,
vienimi a prendere,
mi riconosci: ho le tasche piene di sassi.Jovanotti
Elisa aveva osservato tanto a lungo il viso calmo di Artemiya. Dopo i giorni brulli del disonore e della perdita, finalmente si erano trovate ancora, sotto le stesse lenzuola, con le stesse labbra e le stesse parole: ad amarsi per ritrovare se stesse nell'altra, a giurarsi che mai più sarebbero state tanto lontane trovandosi a soli pochi metri l'una dall'altra.
Perché il dolore maggiore è essere divisi quando solo pochi passi corrono tra i nostri corpi.
Quella mattina, sdraiate a letto, abbracciate, avevano deciso di richiudere le porte alla vecchia casetta montana, e di tornare alla loro piccola e perfettamente imperfetta quotidianità romana.
Per questo ora Elisa aspettava che il Dottor Gottardo smettesse di parlare con la giovane infermiera dagli occhi blu e si voltasse per vederla là, in piedi accanto al muro, una spalla poggiata e le mani affondate nelle tasche dei jeans bianchi, lo sguardo luccicante e sereno, e le belle labbra rosate piegate all'insù, come gemma da mostrare al mondo.
Il medico congedò l'infermiera, che zampettò via a testa china. Sfogliò per un momento ancora la cartella clinica che reggeva in mano, borbottando tra sé e sé, e poi si voltò e fece due passi, per poi accorgersi della figura alta e imponente di Elisa.
- Vederla qui senza accompagnamento mi pare un ottimo segno – sorrise il dottore, - o mi trovo in errore?
- No, non si trova in errore, no – disse Elisa stringendogli brevemente la mano. – Sono venuta per ringraziarla, dottore.
- Come si sente? – chiese l'uomo.
- In splendida forma – rispose Elisa, - io...ho ritrovato me stessa.
Il Dottor Gottardo annuì.
- Lo sapevo, sa, l'ho capito quando ho visto sua moglie per la prima volta – disse, - è una donna forte, e coraggiosa...non è così?
- È grazie a lei – mormorò Elisa, - grazie a mia moglie e a lei, dottore, se sono guarita.
Gli occhi gentili del medico scintillavano. Prima ancora del resto del viso, i suoi occhi sorridevano. Era un uomo vero, quell'anziano dottore che guardava la sua prima paziente scampata dal coma. Era un uomo felice, un uomo che quella sera sarebbe tornato a casa e che avrebbe abbracciato i suoi due nipotini, avrebbe accarezzato la testa del suo cane e avrebbe stretto sua moglie per un istante lungo secoli. Un uomo completo. Un uomo che si accontentava della piccolezza della vita umana per lenire il dolore di giorno in giorno.
- Io in realtà non ho fatto molto – disse il dottore. – La sua tempra, e l'amore della sua donna, hanno fatto il più. Io vi ho solo messo quel poco sapere che mi è concesso, e un paio di pillole di cui non aveva veramente bisogno.
- Il suo sapere non è poco, dottore – sussurrò Elisa. Lo guardò dall'alto in basso con un sorriso sbilenco, il marchio della nuova vitalità che le scorreva nelle vene.
Il Dottor Gottardo le strinse ancora la mano.
- Signora, - disse solennemente, - è stato un piacere essere al suo servizio.
- Grazie di tutto.
- Saluti la sua signora da parte mia. Buona fortuna.
Era anche un uomo sensibile, il dottore. Lasciò la mano ad Elisa e scivolò via, come se sotto il suo corpo fossero d'un tratto apparse invisibili rotelle che ora lo facessero fuggire di gran carriera come una nave sulla vastità dell'oceano.
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La vita sulla pelle
RomanceElisa e Artemiya, la loro storia, l'amore e la vita, perché il tempo di gioire è sempre sfuggente.