Fiori di loto e pesco

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«Grazie Paola... sei gentile ad ospitarci.» ringraziò con voce roca Elisa, guardando l'amica che le stava di fronte. Una ragazza dai lineamenti gentili, un sorriso soffice e la pelle candida. Completamente diversa dai suoi compaesani. Forse perché non era originaria di lì.

«Di niente Elisa, tutto per un'amica in difficoltà... e poi, con tua madre che sta male.» rispose la ragazza, lievemente più bassa di lei. Il fisico minuto, magro. Con affetto le portò una mano alla spalla, accarezzandola.

Artemiya tentò di darle fuoco con gli occhi, osservando sprezzante quelle dita che andavano avanti e indietro per la sua spalla. La mora portò la mano opposta alla sua, ricambiando il gesto. Il fuoco rosso colorò gli occhi verdi della bionda.

«Grazie...» gli occhi castani della mora s'illuminarono un secondo prima di spegnersi. Il ricordo di pochi minuti fa la spegneva.

La forza di Enrico bloccò la mano del padre, aperta pronta a colpire Artemiya. L'intervento del fratello fu vitale. Elisa afferrò la bionda, portandola dietro sé. Bloccandola tra il muro e il suo corpo, e con le braccia a bloccarle le vie di fuga. Le sue lacrime ancora cadevano, ma i suoi occhi erano brucianti.

Il fratello, schivando il pugno del padre, riuscì a sbatterlo contro il muro, facendo cadere sul pavimento il tavolino con fogli e penne. L'infermiera in corridoio, sentendo il rumore, chiamò l'intervento degli infermieri. Elisa e Artemiya si spostarono, ma presto la mora si lanciò nella zuffa, per difendere il fratello, preso per il collo.

La sorella balzò coraggiosa in braccio al padre, tentando di liberare la presa al fratello, mentre con le mani graffiava e con i denti mordeva il collo.

Come una tigre madre si lancia contro l'orso per salvare il piccolo.

Le fauci mordono e gli artigli graffiano.

Anche se sai che lui è più forte di te.

Ma non importa.

La vita, la vita per un'altra.

Il padre liberò il moro, lasciandolo sboccare a terra, mentre con una mano afferrò i capelli di Elisa, facendola urlare. Ma le unghie non mollavano. I denti non si staccavano. Le lacrime non smettevano di scendere. E il cuore non smetteva di morire.

L'odore ferroso del sangue iniziò a sentirsi nella stanza, e Elisa sentiva in bocca il gusto amaro del suo stesso sangue.

Perché siamo arrivati a questo punto, padre?

Cosa mi sta portando a morderti, a gustare con amarezza il tuo sangue?

Perché non posso sorridere al sentore del tuo profumo di tabacco?

Per quale motivo sta andando così?

Ma non resistette, e con disgusto mollò la presa con i denti, facendosi portare a terra, per poi essere afferrata da un braccio alla gola e stretta forte.

«Elisa!» Artemiya si lanciò, in contemporanea con il fratello di Elisa, tentando di prenderlo da dietro.

La mora piangeva, mentre il fiato veniva meno, la bocca sporca di sangue.

Veleno. L'hai avvelenata di te.

Sei morte. Sei odio. Sei crudeltà.

Il fratello usò la stessa posa sul padre, afferrandolo con il braccio al collo, urlando di lasciarla andare. La bionda intanto tentava invano di sciogliere la presa, mentre con pura paura guardava gli occhi di lei spegnersi e lentamente chiudersi. Artemiya non vide più niente, e con le unghie graffiò l'uomo in volto. Strisce parallele di pelle rossa e sangue si formarono sul volto dell'uomo, mentre mollava per toccarsi gli occhi feriti.

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