Incubi e camicie lunghe

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Elisa era avvolta dalle braccia di Mia, quando si svegliò di soprassalto. Bastò vedere il suo volto per rilassare un poco l'animo. Un incubo. Di quelli peggiori.

Elisa era in piedi, davanti un altare bianco, con un velo che nascondeva qualcosa. Fu la sua curiosità a vincere, scostando il telo con forza. E quel che vi vide sotto fu il dolore. La sofferenza.

Artemiya... morta.

Ma il turbamento del sogno la scosse lo stesso, facendola piangere. Mia si svegliò anch'essa sobbalzando, scoprendo la compagna in un fiume di lacrime.

«Amore! Calmati, che è successo?» ma la sua voce non ricevette risposta, bensì il volto affranto della compagna s'annegò nel suo petto caldo, stringendola con forza.

"è qui, è viva. Perché piangi Elisa, smettila!" ma non ci riusciva. Quel sogno aveva evocato la sua paura più terribile, l'unica che ancora le gravava sulla testa e che non poteva sconfiggere: la morte di una persona a lei cara. La persona che contava più d'ogni suo respiro. Lei.

Artemiya.

«Sssh...» fece la bionda, stringendo il capo a sé mentre imitava il sibilo del serpente, per tentare di quietare l'animo della donna dai capelli corti.

Quando sentì che le lacrime e il singhiozzo andavano in calare, portò il volto della compagna alla pari del suo.

«Cosa hai sognato, cucciola?» le chiese con voce melodiosa, mentre gli occhi verdi sfrecciavano alla ricerca di una risposta in quella terra bagnata.

Così bella.

Così dolce.

Così... importante.

Perché gli incubi continuano a tormentarmi?

Perché continuano a buttarmi in faccia ciò che non posso in alcun modo bloccare: la morte?

«T-tu... morta.» e quella confessione le uscì quasi soffocata, facendo riprendere lo scorrere delle lacrime. La bionda la strinse ancor di più a sé, sorridendo nell'accorgersi dello struggimento della compagna per la sua immaginaria scomparsa. Sorrideva come una madre sorride per le lacrime del figlio quando si spaventa per una cosa stupida.

Sì, perché i sogni sono stupidi. Soprattutto gli incubi.

«Calmati amore... sono qui. Calmati...» sussurrò, mentre accarezzava con dolcezza i capelli di lei e incrociando le gambe con le sue.

«Non è successo niente, su... non piangere...» in voce lo stesso conforto che può dare la madre al proprio figlio spaventato.

Elisa alzò il volto, immergendosi in quegli occhi, che ricambiavano lo sguardo.

«E se... succedesse davvero? Amore mio... io s-senza di te morirei.» rispose, abbassando lo sguardo e con le lacrime che tentavano di rompere ancora l'argine delle sue ciglia. La compagna le afferrò con morbidezza il mento, riportando lo sguardo della compagna al proprio. Gli occhi color natura determinati e concentrati.

«Tu non pensare a situazioni drammatiche, adesso non ci pensare, su... che mi fai pensare male.» mormorò, ribadendo il concetto scuotendo il capo.

Ma perché pensarci ora?

Perché fasciarsi la testa prima di rompersela?

Come posso rovinare ciò per un semplice timore?

Perché tagliare una corda se si ha paura che si spezzi?

Elisa, ancora col cuore stretto in una morsa la baciò. Un bacio che chiedeva attenzione, conforto, dolcezza e amore. Un bacio che Mia non poteva non contraccambiare.

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