Elisa, dopo essersi fatta una doccia dall'estenuante giornata alla pista di pattinaggio, si poggiò con – dire fine è un eufemismo – delicatezza sul divano. In mano il blocchetto mangiucchiato e l'altrettanta penna. Gli occhiali sulla punta del naso e la voglia di scrivere nel cuore.
La luna splende, chiara sulla superficie liscia del lago ghiacciato.
Sulla sua patina di speranze e felicità, l'angelo danza.
Sui piedi due fili di violino e velocità.
Sul candido viso solo l'ebbrezza del vento e il pallido rossore del freddo.
Nel cuore l'assoluto silenzio dell'arte sublime.
Ma la mora, rileggendo le note appena vergate, si sorprese della banalità della sua poesia. Osservò la penna stranita. E la mano che la sosteneva con ancora più dubbi.
"Che mi sta succedendo?" pensò, mentre nel cuore un palpito strano. Un vuoto che non aveva più bisogno d'esser colmato. Tentò d'ignorare questo sentimento, e riprese a scrivere, riprovando.
Sulla collina la donna osserva il sole calare.
E le lacrime lente accompagnano il suo scendere lento, mentre la vista diventa opaca.
Fu con il terminare del giorno che perse la vista, disperandosi nel veder scomparire il suo unico amore.
Sapendo che lei non sarebbe ritornata.
Coprendosi con le mani il volto disperato, nemmeno s'accorse della meraviglia in cielo.
La luna e le stelle.
«Cazzo. Allora mi è veramente successo... il mito diventa realtà.» mormorò, proprio nel momento in cui Mia svoltava l'angolo coperta unicamente dall'asciugamano. I capelli umidi avvolti in un panno rosa. Elisa non distaccò lo sguardo dalla penna, quasi fosse surreale.
«Che mito amore?» chiese la bionda, vedendo lo sconcerto di Elisa mentre fissava la penna. Il silenzio calò, e la mora lasciò cadere la penna in modo quasi teatrale.
«Il famoso "blocco dello scrittore" ha preso persino me.» e con quelle parole, funeree, si portò le mani al volto e lo nascose. Artemiya rimase di sasso e notando lo sconforto della donna si avvicinò, passando un braccio intorno al suo collo.
«Dai amore, non fare così...» fece Mia, poggiando il capo umido alla sua spalla, sentendola sussultare. Gli occhi verdi natura pieni di sconforto e dell'empatia che si prova verso la propria anima gemella.
Ma la risata di Elisa scoppiò, inevitabilmente, facendo sobbalzare la compagna che pensava fosse distrutta.
«Ah ah ah, non ci credo! Proprio a me! A me, che la poesia la sento ogni volta che ti vedo.» disse, guardando la sorpresa della donna. Gli occhi marroni illuminati e sorridenti, urlando alla vita la sua felicità.
«Mi sembra strano che non possa scrivere l'amore che provo per te... forse è fatto apposta. Forse perché non ci sono abbastanza parole per descrivere l'emozione totale che sento.» mormorò, strappando un bacio alla donna, mettendole quasi inconsciamente la mano sulla coscia.
«Tu pensi?» domandò la bionda, stringendo delicatamente le dita della compagna. La dolcezza delle parole che le scendeva nelle più piccole grinze dell'anima.
La mora s'alzò, con un sospiro. E con lievi scricchiolii si stiracchiò, portandosi una mano alla schiena. Lo sguardo cadde sul piano, abbandonato al muro candido dell'appartamento. Un filo di polvere ricopriva i bicromati tasti.
«Certo che lo penso, se no non lo direi... giusto?» rispose, per poi porre una questione alla compagna, alzatasi anche lei per finire di vestirsi.

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La vita sulla pelle
Любовные романыElisa e Artemiya, la loro storia, l'amore e la vita, perché il tempo di gioire è sempre sfuggente.