Andrea s'è perso-
S'è perso...
Non sa tornare
[Fabrizio De Andrè, Andrea – per tutti, una canzone contro la guerra- ]
Clovis mosse pochi passi in direzione di Henri, il quale se ne ristette, gli occhi spalancati di stupore.
- Clovis...– sussurrò, portando istintivamente una mano al cuore.
Il pianista strinse impercettibilmente gli occhi, come rifiutando di sentire il proprio nome pronunciato da suo fratello, quel fratello che credeva sepolto sotto una valanga di malinconiche macerie laggiù, in Iraq.
- Amore...- s'intromise Agnese accostandosi a Clovis, - ci vorreste spiegare...?
- Lui ha da spiegare – sibilò acido il pianista, - non io.
Henri abbassò gli occhi con un sospiro amaro, mentre Ines lo squadrava da un angolo, gli occhi sgranai.
- Il Natale non è fatto per un Vagnet – mormorò rauco, cercando con lo sguardo la padrona di casa, Artemiya.
- Le spiacerebbe se io mi sedessi? – domandò in un sussurro. D'un tratto, s'era fatto stanchissimo.
- La prego – acconsentì Mia, indicandogli uno sgabello lasciato disponibile.
Henri vi si sedette, osservando Clovis da capo a piedi.
- Perciò davvero mi volevi morto? – sussurrò.
Clovis aggrottò la fronte, punto sul vivo.
- Che cosa? – esclamò, - Henri, cosa stai dicendo? Io ti credevo morto!
- Ed ora che son qui – mormorò aspramente il più vecchio dei due Vagnet, - non riesci a far altro che odiarmi?
Clovis, preso dalla confusione e dal profondo senso di rabbia che gli rimescolava il sangue, si risedette.
- Henri, sono dieci anni che sono convinto di aver perso un fratello in battaglia! – sbottò Clovis, - e ora pretendi che faccia come se niente fosse?
Henri lo guardò da sotto le lunghe ciglia nere.
- Dovrei forse salutarti come un fratello che non vedo da un giorno, invece che pensare d'essere ammattito davanti ad uno spettro? – esclamò il pianista.
Agnese gli circondò il collo con le braccia, spaventata da tale reazione. Clovis se ne accorse e con un solo gesto le chiese perdono, una carezza invisibile e calda, irradiata da una calma rassegnata che scorreva sottopelle.
- Lo so – disse Henri, - lo so...
- Scusate se interrompo la riunione di famiglia – disse Elisa, - ma vorreste renderci partecipi?
Clovis nemmeno si accorse delle parole della donna. Stringendo le labbra voltò il viso, coprendosi gli occhi con una mano. Marco avvicinò una sedia libera e fece sedere lì accanto Agnese.
Henri, invece, guardò Elisa. Come lamine d'oro il suo sguardo si puntò negli occhi di lei, cercandovi qualche cosa, abbandonando la ricerca quando s'accorse che la ragazza iniziava a muoversi nervosa, come una tigre in gabbia davanti agli avventori dello zoo.
Stiracchiò le gambe, guardò Ines, impalata alle spalle di Artemiya, i boccoli rossi attorno al viso smunto, le braccia abbandonate lungo i fianchi.
Osservò Mia, la sua vicinanza con Elisa, le mani bianche strette tra loro sul grembo, lo sguardo smeraldino serio e un poco severo.
Henri ripensò alla sua vita in quei pochi istanti e si rese conto di non aver mai festeggiato il Natale.
"Caro fratello,
spero che la guerra che non t'impedisca di guardare il cielo, stanotte. Se ci riesci, fallo anche per me,
Clovis"
I biglietti di Natale di suo fratello sono sempre tristi. Quest'anno gli ha spedito una fiaschetta tascabile rivestita in pelle nera, assieme con la solita fotografia di famiglia, in cui appare piccolo e timido ragazzino, l'espressione seria e indecifrabile, accanto al padre, stranamente sobrio, e alla madre, con un gran cappello in piume blu sulla testa.
Henri getta la foto dello scorso anno e la rimpiazza con quella nuova, che infila nel taschino interno della giacca. La fiaschetta se l'appende alla cinta, prevedendo per lei un triste futuro d'acqua sporca e infusi locali.
Anche quest'anno i pacchi e le lettere le ha recapitate un povero soldato venuto direttamente dagli States con uno squallido abito da Santa Claus, con tanto d'auguri da parte del Pentagono e del Presidente degli Stati Uniti.
I suoi compagni cantano, mangiando tacchino e bevendo birra. Avremmo preferito una spogliarellista, dicono ridendo. Henri si stende nella sua cuccetta, il piatto sporco accanto alla testa, fissando la rete del letto sopra di sé.
È un attimo, e le sirene squarciano il velo sonoro delle carole. È un attimo, e Henri Vagnet corre fuori, sotto il cielo stellato, a difendere l'onore di quella patria che nemmeno è sua, ma che ha giurato di onorare in nome di suo zio.
Le pallottole fischiano nell'aria calda del conflitto. La popolazione è ridotta a fuggevoli ombre senza storia che corrono sui muri delle case, oltre le lame di bronzo dipinto che lambiscono i sandali, brucianti più dell'inferno.
Gli americani rispondono al fuoco nemico. Un paio di corpi cadono a terra, militanti umani delle due diverse fazioni, esche sacrificali nel grande giro di Roulette Russa mondiale.
Henri non ha ancora sparato, non ha ancora riscosso il suo merito. Alza il lanciagranate, s'appresta a prendere la mira. Un ombra a terra si muove, scalcia.
Una bambina.
Henri non pensa lanciandosi nella pioggia di proiettili. Non sente l'urlo del suo superiore che impreca chiamando il suo nome.
La bambina è intrappolata, ha una gamba schiacciata sotto un ammasso di calcinacci crollati da un muro. Henri si avvicina a lei, i suoi occhi lucidi ma decisi di bambina della guerra lo inchiodano. Passa un secondo, e la bambina è libera.
Ma la granata che cade sul resto dell'edifico ancora in piedi stronca i muri portanti, e Henri e la piccola irachena vengono sommersi da un fiume di pietre.
Clovis aveva il viso rigato di lacrime.
Elisa annullò completamente la sua chiusura verso Henri, rilassò i muscoli e prese la mano di Mia, che scoteva contrariata la testa bionda.
- E che ne hai fatto di tutto il resto del tempo? – domandò Clovis asciugandosi le gote.
- Ospedali. Campi di raccolta volontari. La famiglia di Rania che aveva bisogno di una casa – disse, - e poi Roma. E quella merda di vita da militare...
Henri abbassò la testa. Dall'angolo del suo occhio destro, una piccola lucciola acquatica si sporse. E Clovis, senza una parola, si alzò e lo raggiunse, stringendolo a sé.
Contro la sua spalla, con l'ultimo filo di voce rimastogli, Henri lo chiamò.
- Fratello mio...
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La vita sulla pelle
RomanceElisa e Artemiya, la loro storia, l'amore e la vita, perché il tempo di gioire è sempre sfuggente.