Amore e cioccolato

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[La vera felicità è la pace con se stessi.

E, per averla, non bisogna tradire la propria natura.

Cit. Mario Monicelli]

Elisa, nella sua camera, dentro il borsellino che si portava sempre dietro, teneva una piccola agenda.

Agenda vecchia, fatta di pelle e ricordi, profumi e fiori diversi che l'arricchivano. Un piccolo libricino dove voleva racchiudere tutta l'esperienza della loro luna di miele.

La sfogliò un secondo prima di chiuderla a scatto quando sentì la compagna salire le scale. Di fretta la nascose nel cassetto della casa, affianco ad una Bibbia usurata. Nella mente la loro foto come prima pagina.

«Amore, sei pronta?» chiamò Artemiya, scostando la porta socchiusa. Gli occhi verdi che ricercavano gli scuri della mora. Elisa fece finta di legarsi lo scarpone per poi rialzarsi con un sorriso.

«Sì amore. Per te, sempre pronta.» rispose, incamminandosi a braccetto con la donna, pronta per l'ardua camminata nella foresta. Nella mente un piccolo post-it che le ricordava una serata speciale da passare.

Decisero di seguire un piccolo sentiero per i funghi, passeggiando allegramente, mano nella mano.

Il sole le accompagna, mentre alcuni residui di neve davano la possibilità alle donne di giocare.

Giocare tra di loro, e di potersi riscaldare. Le nuvole dei loro respiri si alzava, nel freddo e austero ambiente della foresta. Una foresta che dorme sul fianco comodo della montagna, eterno cuscino della terra. Una foresta apparentemente morta, con alberi sempreverdi che puntavano all'alto del cielo, a tentar di sfiorare quel tessuto di opaco blu. Fermatesi per riposare e rifocillarsi, Elisa estrasse dalla tasca una barretta di cioccolato come sprint per il pezzo finale.

«Oh, ma tu mi vuoi viziare, piccola...» affermò la bionda, sedutasi alla base di un pino. La mora si chinò, porgendole la metà più grande. Mia lo guardò con un ciglio alzato e un dispiacere negli occhi.

«Ma sai quante calorie ammucchio con questa!?» fece, leccandosi le labbra rosse per il freddo. Elisa sorrise, rimasta in piedi, avendo già divorato il proprio compenso. I loro occhi che, sfiorandosi, creavano un uragano di calore nelle loro anime, che la radura pareva ancor più ghiacciata.

La mora le sfiorò le labbra con la mano, distendendosi lentamente su di lei.

«... ma ti servono calorie amore...» mormorava, intanto che la compagna giocherellava con i suoi capelli. Il pezzo di cioccolata ancora titubante nella mano della bionda.

«... dopotutto, ne bruciamo tante... di calorie...» sussurrò, per poi sussultare al morso della compagna sul dito che – ahimè­ pensò Elisa – aveva scambiato per la cioccolata. Le labbra della mora presto raggiunsero quelle della bionda.

«... allora... mi lasci mangiare... la cioccolata... oppure devo pensare... prima a te?» parlò Artemiya, tra un bacio e l'altro sempre più affamato della compagna. Elisa, sorridendo serafica come un gatto si acquietò, mettendosi a carponi. Gli occhi spalancati nell'osservarla e, se avesse avuto una lieve coda nera e delle orecchie, avrebbe fissato Mia come un curioso gatto nero osserva un gomitolo di lana.

Finita la barretta la bionda non poté nemmeno prender fiato che venne assalita dalla sua gattina.

Le loro labbra che si bramavano, pretendevano sempre più carne, sempre più superficie da mordere e assaggiare ancora, e ancora, e ancora... ma, ovviamente, la foresta era un luogo assai scomodo per certe azioni. E assai freddo e umido.

Ma questo non fermò la mora che, con mano ormai lesta ed esperta, riuscì ad intrufolarsi nell'involucro di vestiti della bionda, raggiungendo le mutandine umide al suo tocco. E, d'un tratto, la foresta s'animò di un grido di piacere. Una vocale così soffusa e dolce che Elisa comparava al cantare degli angeli. E lei aveva il suo angelo tutto per sé. Mia ansimava, mentre baciava il collo della compagna. Il sorriso soddisfatto della mora era comparabile in gioia della bionda.

Guardandosi decisero, in silenzio, di riprendere il cammino interrotto con un sorriso nell'anima.

Ma il percorso d'un tratto si trasformò in un bivio, di cui Elisa non ricordava la presenza.

«Amore... abbiamo camminato abbastanza, se vuoi torniamo indietro.» fece la bionda, sentendo un brivido freddo mentre guardava le due strade. Una più spaziosa e grande conduceva verso il basso, e pareva quasi illuminata dal sole, a differenza dall'altra che era stretta, e si dirigeva verso l'alto, oscurata dalla montagna.

Si strinse inconsciamente al braccio della compagna, guardandola dalla spalla.

Elisa invece osservava le due strade concentrata. Con quel cruccio nella fronte, che le evidenziava la cicatrice sul ciglio. Alla fine decise, muovendo un passo.

«Andiamo a destra.» mormorò, trascinando la compagna, tutt'altro che reticente.

«Sei sicura?» le domandò, mentre sentiva il sentiero ingoiarla e il freddo prenderla. Non batteva più il sole. Elisa la guardò, sorridendole, accennandole un sì. Artemiya si convinse, rispondendole con un bacio sulla guancia, stringendosi a lei. Percependo nelle narici ancora il suo odore e sul corpo ancora il suo dolce tocco. Ma il presentimento di pericolo non la lasciò.

Continuando il cammino, Elisa notò che stavano solcando un vecchio percorso di capre, insidioso e pieno di ostacoli.

«Uff!» sbuffò Mia, poggiandosi sulle ginocchia. Aveva appena risalito una ripida scarpata. Elisa sorrise, con lo stesso fiato nel corpo.

«Volevi un'escursione?! Eccola!» fece, allargandole le braccia e ridendo, un nuovo sole per la compagna che, rialzandosi, sorrise anch'essa.

«Dai, smettila! Imbecille!» rispose, vedendola continuare il passo camminando all'indietro.

«Cosa vuoi che mi succeda?!» fece, continuando a sorridere. Il sole era bellissimo e caldo.

Possibile che io abbia pagato tutto...?

Possibile che io, nella mia vita, abbia già dato abbastanza per poter esser, finalmente... felice?

Il sole, ora... rimarrà per sempre?

Si alternerà unicamente alla luna?

E, chissà perché...

"Così bella..." pensò Elisa, sentendo il calore del sole, tornato a illuminarle.

... È guardando te...

... che capisco...

... che il prezzo della felicità, io, l'ho bello che pagato.

...

E ti amo.

Con tutto il sole che io possa assaporare.

Perché il mio sole, Amore mio, sei te.

E poi, un piede in fallo. Perdita dell'equilibrio. Elisa cadde giù dal dirupo che non aveva visto dietro di lei.

Sentì il vuoto sotto il suo corpo, l'aria che sferzava il suo corpo. Gli occhi che ancora guardavano quelli verdi della compagna, irradiati d'amore. Il cuore mancò un battito. E poi scossoni, colpi, dolore e buio.

E poi... il nulla.

[Tutto quello che c'era io l'ho visto, guardando te.

E sono stata ovunque, stando con te.

Cit. Alessandro Baricco]

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