... Con disperazione amandola

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[Di qualsiasi cosa siano fatte le nostre anime,

la mia e la sua sono la medesima.

Cit. Emily Brontë – Cime Tempestose]

Il cuore lento, opaco, spento. Elisa aveva persino il respiro lento, talmente denso e caramellato che faceva fatica ad uscire dalla sua bocca.

Mia era seduta sul divano, china su sé, osservandosi le mani come se fossero nuove. Le vedeva così sottili. Le sentiva così lontane e... rinsecchite. Le facevano male. Come se ad un albero gli venisse risucchiata la linfa.

È proprio così che mi sento, una pianta rinsecchita.

Un leone privato della sua carne, del suo sostentamento quotidiano.

Il cuore preda di una pinza crudele che ad ogni ricordo stringe e soffoca.

Dio, non ci credo...

...

Sto pregando.

Elisa trafficava con il pentolino e, con la mente concentrata altrove, spegnendo il fuoco dimenticò di prender la presina per versarsi il the.

«AHI!» urlò, portando la mano sotto l'acqua. E, con rabbia, insultò il fornellino, che intanto era ricaduto miracolosamente in piedi sul balcone della cucina.

«Ma sciopa in aria!*» disse, sfregandosi le mani per far scomparire le numerose formiche sotto la pelle ustionata.

Fu con un colpo al cuore quando sentì le mani di Mia, congelate e bagnate dall'acqua corrente, prendere le sue.

«Non devi sfregare, amo... Elisa.» con rammarico Artemiya tagliò l'ultima parola a metà. Negli occhi verdi natura già una goccia formatasi ai confini del suo mondo.

Le sue mani. Così fredde. Eppure l'acqua scivola insensibile.

Mentre nei nostri cuori tutto giace immobile.

Lo sai Elisa, che ho sempre amato le tue mani?

Così strane...

Ogni sua grinza e piega m'ha sempre ammaliato.

Ogni sua cicatrice sul palmo mi ha sempre rattristata.

Per questo amavo baciarle.

Per spegnere in me quel fuoco tristemente accesosi di malinconia.

...

Ma ora non più.

Dopotutto Elisa, non preferisci altre labbra alle mie?

Artemiya staccò velocemente le mani, quasi si fosse accorta in quel momento del contatto involontario con lei. Ma furono le mani di Elisa che corsero quasi per riavere quel contatto, cadendo sulle ginocchia.

«Mia, è di questo che...» tra le lacrime che invadevano il suo volto, la mora ne riversava la metà sulle mani bagnate della compagna, umide e fredde. La bionda intanto osservava, col cuore stritolato e gli occhi freddi di orgoglioso dolore.

«di questo... io non posso viverne senza... io...» i sussulti talmente forti da farla sobbalzare sul posto, mentre l'emozione bloccava le parole nella gola. Un nodo talmente forte da non assicurare persino il pieno respiro.

Sentii il mondo inghiottirmi, un mostro talmente abnorme da ingoiarmi l'anima.

La radice forte della paura s'intrufolò nel mio cuore.

E ebbi terrore persino nello respirare.

«Amore, cos'hai!?» Artemiya si spaventò, sentendo perdere la presa della compagna sulle sue mani. Il terrore l'attanagliò quando la vide crollare sul pavimento, chiudendo il corpo a riccio. Le braccia incrociate sul petto, le ginocchia piegate fino a stringere quel corpo in un piccolo bozzolo, mentre il respiro si faceva sempre più veloce.

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