55 - Grata (Parte 3)

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La donna non credette alle parole che le sue orecchie avevano appena udito.

Era fermamente convinta che Minhee non l'avrebbe mai perdonata; anzi, era addirittura convinta che non avrebbe nemmeno mai più avuto l'onore e il piacere di rivedere sua figlia.
Invece in quel preciso istante, la giovane dai capelli castani si trovava di fronte a lei; il volto era rigato dalle lacrime, ma le aveva appena concesso il suo perdono e le stava sorridendo, nonostante la voce e il viso rotti dal pianto.

"Non merito il tuo perdono-"

"Chiunque merita una seconda possibilità." Disse immediatamente Minhee.

La madre guardò la ragazza con occhi increduli; non riusciva a riconoscere la propria figlia, pensò che in quegli ultimi due anni Minhee fosse cresciuta tantissimo, e che davanti a sé non si trovava seduta la sua piccola principessa, bensì una bellissima giovane donna adulta e molto intelligente.

La più grande guardò la minore con totale ammirazione, era rimasta rapita dalla maturità che Minhee stava dimostrando di avere, e per il modo in cui stava gestendo quella spinosa situazione.
Stava per ribattere di nuovo, ma la voce della più piccola la bloccò.

"Non posso dimenticare ciò che hai fatto per me. E non mi riferisco solo a quando papà si trovava ancora tra noi."

Senza farsi vedere, e tentando di non destare sospetti alle persone che stavano assistendo al loro incontro, gli occhi di Minhee indicarono le telecamere poste negli angoli della stanza.
La signora Lee capì subito a cosa la castana si stesse riferendo; Minhee si riferiva alla pena che la donna stava scontando, ma che in realtà avrebbe dovuto scontare lei, dato che era stata la più giovane a togliere la vita a quel mostro.

"Ho cercato di agire come avrebbe dovuto fare una madre. Almeno in quel momento." Sussurrò la più anziana, spiegando il perché si era presa lei la colpa riguardo ciò che accadde quella tragica notte di due anni fa.

"Il rancore che avevo dentro di me, e che mi aveva tormentata per tutti quei mesi non mi ha dato per niente modo di apprezzare il tuo gesto. È passato in secondo piano, dando posto all'odio e alla marea di sensazioni negative che avevo accumulato con il passare del tempo. Ma ora che riesco a riflettere con più lucidità, e che la mia ragione finalmente non è più coperta da tutta quella rabbia repressa, posso affermare che ho apprezzato tanto quello che hai fatto per me. Se ho avuto la possibilità di continuare con la mia vita, di andare all'università, e soprattutto di incontrare persone importanti, così tanto fondamentali per me da non riuscire a vedere un futuro senza di loro, lo devo solamente a te. Quindi sì mamma, ti perdono. E ti prego di accettare questa seconda possibilità, perché te la meriti."

La madre di Minhee continuò a piangere ininterrottamente, profondamente toccata e commossa dalle parole della più piccola.
Il desiderio di abbracciarla era forte, e dovette resistere e sopportare con sofferenza tale restrizione.

"Vorrei abbracciarti così tanto, ma non posso..." Singhiozzò la donna.

"Tranquilla, lo so. Quel poliziotto ha detto prima che entrassi che non era permesso alcun contatto tra visitatore e detenuto."

"Che ingiustizia." Commentò l'anziana signora, mentre tentava di asciugare il viso con il fazzoletto che Minhee le aveva dato in precedenza.

"No... è ingiusto il fatto che tu non abbia accettato le cure sin dall'inizio. Hai un tumore al seno mamma, appena scoperto avresti dovuto curarlo subito, invece il medico mi ha detto che sono passati mesi, ma tu continui a rifiutare ogni tipo di cura. Perché? Perché cavolo non accetti le cure? Morirai così!"

Minhee cercò di calmarsi; il suo respiro era irregolare, il nervosismo la agitò ancor più di prima.
Il medico era stato chiaro, un anno fa durante una visita di routine avevano trovato il tumore della madre, e fortunatamente si trovava ancora allo stadio 0.
Questo stava a significare che il tumore non era aggressivo se curato subito, ma successivamente sarebbe potuto diventarlo.
Il vero problema però arrivò quando la signora Lee rifiutò categoricamente ogni tipo di cura; i medici avevano cercato di farla ragionare, di farle cambiare idea, ma la donna fu irremovibile, e non ricevette più alcun controllo.
A distanza di numerosi mesi, adesso il dottore non sapeva quanto fosse diventata grave la malattia che aveva colpito il seno della donna; ma basandosi sulle sue esperienze e conoscenze mediche, sapeva che fosse avanzato di livello, e che la situazione si fosse aggravata.
Bastava anche solo vederla, per capire che fisicamente non fosse messa bene.
Ma senza il consenso da parte della paziente, che era ancora capace di prendere decisioni da sola, il team di medici non potevano muoversi.

𝑺𝒎𝒊𝒍𝒆 | 𝑴.𝒀𝒈. ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora