Evidentemente non mi conosco abbastanza.
Sono a cinque minuti da casa di Edoardo mentre mi spingo con lo skate per la collina, con tanto di poggia che non smette di cessare, e solo dopo tre giorni in cui lui non mi ha rivolto parola ho deciso io stessa di venire fin qui dopo aver attraversato quindici minuti di città che in macchina sembrano due, inzuppandomi dalla testa ai piedi.
Quando arrivo al cancello prendo la tavola in mano e citofono arrivando però a metà della strada, dove Edoardo mi viene incontro.
<<Ciao.>>
<<Perché sei qui?>> alza la voce per sovrastare la poggia.
<<Sono tre giorni che non mi rivolgi la parola.>>
<<Era quello che volevi.>>
<<Cosa? No, non è vero.>>
<<Avevi detto di andarmene.>>
<<Stavo male Edoardo, avevo bisogno di aiuto.>> continua a guardarmi ma non mi risponde e io continuo a tremare sotto la prima pioggia di marzo <<Sono venuta fin qui per te.>>
<<Non avresti dovuto.>>
<<Cosa?>>
<<Devi tornare a casa.>>
<<Stai scherzando?>>
<<No.>>
<<Edoardo ma che stai dicendo...>> butto i capelli indietro nel momento in cui la voce mi si incrina.
<<Mi dispiace per Tiziano, davvero, e non avrei mai voluto dire che preferisco vederti stare male al farti aiutare da qualcun altro.>>
<<Eh...>> muovo un passo verso Edoardo.
<<Ma non può funzionare.>> e mi blocco non notando il dolore dello skate che si scontra con la mia caviglia.
<<Mi stai lasciando?>> la voce mi trema.
<<Sì.>> si rigira per rientrare dentro casa.
<<Edoardo Palmieri.>> si blocca e mi guarda <<Non farlo.>> mi avvicino al ragazzo che ho davanti e gli prendo il viso tra le mani <<Non farlo.>> faccio lo stesso con le sue ma non fa altro che opporre resistenza. Per quanto non possa versare una lacrima so che sta succedendo qualcosa ai miei capelli, anche Edoardo se ne è accorto ma non dice una parola.
<<Mi dispiace.>> non riesco neanche più a parlare quando indietreggia di botto <<Non sono il ragazzo giusto per te.>>
<<So che non lo pensi davvero.>> gli riprendo il viso tra le mani e lo obbligo a guardarmi negli occhi <<Ti prego non farlo, non abbandonarmi.>>
<<Mi lasci andare per favore?>> mi afferra i polsi e si stacca da me facendo due passi indietro.
<<Non fino a quando non mi dirai perché.>> gli stringo la felpa.
<<Ti prego, vai via.>>
<<È Delilah? C'entra lei con noi?>> gli chiedo ad fiato dalle labbra.
<<Dici noi perché per te è stato importante.>> ma la voce lo tradisce quando gli si incrina.
<<Lo è anche per te. So che lo è anche per te.>>
<<No.>>
<<Allora dimmelo.>> gli prendo le mani e me le porto al viso <<Dimmi che non mi ami. Dimmelo guardandomi negli occhi.>>
<<Aurora->>
<<Visto? Stai solo dicendo un mucchio di stronz->>
<<Io non ti amo.>> si ritrae pian piano e io vengo completamente distrutta <<Non voglio vederti soffrire per me, ma tu non sei abbastanza.>>
<<Non sono abbastanza.>>
<<Aurora tu non sei la persona giusta per me.>>
<<Potevi dirmelo prima.>>
<<Potevo.>>
<<Io non ti credo.>>
<<Non ti ho chiesto di farlo. Adesso vattene.>>
<<No.>>
<<Per favore.>>
<<Edoardo...>> faccio un passo verso di lui quando un figura spunta da fuori la casa e in un attimo anche l'ultimo frammento di speranza viene distrutta con una voce, l'unica tra tante.
<<Edoardo! Muoviti o ti prenderà un raffreddore!>> guardo Delilah con un ombrello in mano che mi guarda con un sorriso mentre scuote la mano, e in questo momento avrei preferito una pugnalata allo stomaco. Pugnalami Edoardo Palmieri, soffrirei di meno.
<<Perché...>>
<<Mi dispiace.>> mi allunga lo skate che mi rimbalza ai piedi. Torna di corsa dentro casa portando la biondina con sé e io mi giro di scatto coprendomi la bocca con la mano, il cancello si apre e io raccolgo lo skate da terra uscendo di corsa in mezzo alla strada. La pioggia mi offusca la vista ma fortunatamente copre le lacrime salate che mi bruciano gli occhi. Con tutta la confusione che ho in testa e il dolore che ho nel cuore quando un clacson suona tra poco non mi faccio investire, guardo la macchina che pian piano torna indietro.
<<Auro'..>> mi da cenno con la testa di salire a bordo e così faccio <<Perché sei così lontana da casa?>>
<<Ero a casa di Edoardo.>> mi schiarisco la voce e lego i capelli fradici in un cipollotto.
<<A piangere?>> mi passa un fazzoletto <<Con questa pioggia ti ha lasciata tornare a casa da sola?>>
<<Mi ha lasciata e basta.>> fa saettare lo sguardo tra me e la strada.
<<Perché?>>
<<Non sono abbastanza.>>
<<Aurora lo sai meglio di me che non è vero.>>
<<Non è giusto.>> la voce trema e insieme a lei tutto il corpo e Federico accanto a me si affretta ad accendere il riscaldamento.
<<Sei una bellissima ragazza, intelligente e divertente, è lui che è una grandissima testa di cazzo.>> mette la marcia <<E poi non era neanche quel granché, insomma c'è di meglio tipo... me! Vuoi paragonarlo a me?>> so che lo fa per farmi ridere ma dentro di me non c'è altro che un mondo a pezzi <<Tanto non sarà né il primo né l'ultimo, i ragazzi sono dei coglioni, fidati di me, è da quando che sei piccola che continuo a dirtelo, invece tu vai sempre a sbattere la testa al muro.>> mi stringe una guancia e torna a guidare <<Quel grandissimo stronzo, dovrei tornare indietro ad ammazzarlo.>>
<<Sì, dovresti.>> sorrido.
<<Vuoi che ti accompagno da qualche parte?>>
<<Te dove andavi?>> frugo nel portaoggetti e prendo un pacchetto di gomme.
<<A casa, vuoi venire?>> annuisco e inizio a masticare due gomme. Federico parcheggia la macchina sotto casa e non appena arriviamo al quarto piano ed apre la porta, Socrate mi salta addosso <<Fai piano!>>
<<Ma lascialo.>> quando entriamo dentro casa il pitbull si butta accanto il caminetto sdraiandosi sulla sua coperta.
<<Vuoi qualcosa da bere?>>
<<No.>> quando mi siedo sul divano mi butta addosso due asciugamani <<Grazie.>>
<<Senti da quant'è che ti conosco? Da quando sei nata? Mi spieghi che ha quell'idiota di tanto speciale da farti stare così?>> alzo le spalle e mi incanto a fissare il vuoto.
<<In realtà non lo so, però c'è qualcosa, qualcosa che mi fa stare così.>>
<<Piccole' hai diciassette anni, anzi, tra quattro giorni diciotto e sarà allora e solo allora che ti affaccerai alla vita, sono questi i discorsi che fai sempre te no? E allora perché stai così male per un coglione?>>
<<Già.>>
<<Senti, io non voglio proprio vederti così, insomma è come se fossi la mia sorellina.>>
<<Che compleanno di merda.>>
<<Compleanno? È per caso il tuo compleanno? Non mi sembra.>>
<<Mancano quattro giorni, cos'altro potrebbe anda->> d'un tratto mi tappa la bocca.
<<Ti stupiresti nel scoprirlo se finissi quella frase.>>
<<Non ho neanche più la voglia di festeggiare.>>
<<Diciotto anni sono importanti.>>
<<Sarebbero stati più importanti con il mio migliore amico.>>
<<Dai stellina.>> si siede accanto a me <<Basta, ti organizzerò il compleanno più bello della storia.>>
<<Ma ti pare, no.>>
<<Sì invece, e poi ricordo cosa avevi detto tempo fa.>> si schiarisce la voce <<Fede, al compleanno dei diciotto miei devi esserci per forza!>> imita la mia voce ma gli riesce malissimo e in un attimo, un solo secondo, nel ricordare quelle parole dette in quel momento tutto il dolore sparisce.
<<Parliamo di anni fa.>>
<<Non guardare me, ormai l'avevi detto.>> alza le mani in segno di resa <<Quattro giorni, da Luigi, con i tavoli a ferro di cavallo.>> scoppio a ridere e mi giro di scatto.
<<Tu ricordi come avevo organizzato la festa?>>
<<Certo che sì, eri una ragazzina davvero strana.>>
<<Va bene, va bene e quattro giorni siano.>>
<<Quattro giorni siano.>> mi allunga la mano e io gliela stringo ridendo. Fingendo di non avere un vuoto allo stomaco e un dolore costante al cuore che non smette di tormentarmi.