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La mia testa sembrava un caos; quel turbine di pensieri mischiati insieme, che se raggiunto un punto in comune, una linea sottile posizionata lungo la strada di ognuno di essi, avrebbe formato solamente un enorme disastro. Parole in circolo, immagini sbiadite, situazioni irraggiungibili o addirittura, inevitabili. Resta in macchina, queste furono le uniche parole pronunciate dalla forma delle sue labbra, sottolineate, marcate dal tono indecifrabile della sua voce.

Portai entrambe le mani all'altezza della nuca, mettendo le dita in mezzo ai capelli con frustrazione, con nervosismo. Non sapevo come reagire al momento, come non sapevo se sarebbe stato più maturo ascoltare le sue parole e restare all'interno della sua auto ad aspettare, aspettare e aspettare fino a ricevere finalmente delle notizie da parte sua.

Il mio stomaco cominciò a stringersi con forza su sé stesso, obbligandomi a portare le braccia consorte contro il petto per cercare di camuffare almeno un po' quella sensazione terribilmente fastidiosa, ma il mio gesto non fu abbastanza per scacciare via l'enorme fitta che, piano piano, raggiunse persino le pareti del mio cuore.

Calmati, Eleonora.

Non era il momento adatto per andare nel panico, ma restando in questa dannata macchina sarei rimasta isolata dalla realtà intorno a me, e probabilmente non avrei mai scoperto le intenzioni di Edoardo. E se fosse nei casini? E se non riuscisse a tenere a bada tutta quella rabbia in eccesso? Maledizione, ogni singolo pensiero dentro alla mia testa pareva non voler andare d'accordo con la parte di me più lucida e razionale.

Estrassi velocemente il telefono dalla tasca dei miei jeans, scorrendo nella rubrica alla ricerca del suo numero. Dall'altra parte di questo oggetto sentii solamente numerosi squilli anziché il suono della sua voce, che era tutto ciò che avevo bisogno di ascoltare adesso. Provai a chiamarlo più di una volta, ma non funzionava; suonava, suonava e suonava senza farmi ottenere i risultati che speravo.

"Merda, Edoardo." sbottai, piegando il viso all'indietro.

Feci scivolare il cellulare nella tasca, cacciando un forte sospiro che rimase intrappolato negli angoli di questa macchina.

Senza pensarci un secondo di più, presi anche il mio zaino ed uscii definitivamente dall'auto.

Non poteva impormi di restare qui dentro nella speranza di tornare in questa direzione e trovarmi ancora qui, con le braccia poggiate contro il petto e lo sguardo oltre il finestrino della sua macchina, aspettando il suo ritorno. Qualunque siano i pensieri scolpiti dentro alla sua testa, qualsiasi sia stata la sua decisione, io non potevo semplicemente restarne fuori e basta.

Mi diressi verso la struttura della scuola a grandi falcate, assottigliando rapidamente gli occhi per rintracciare la sua figura il prima possibile. Indubbiamente non poteva trovarsi all'interno delle mura poiché ancora troppo presto per partecipare alla prima lezione.

"No Ele, fermati."

Alzai lo sguardo, notando il corpo di Federico posizionato di fronte al mio in modo tale da non farmi passare. Il tono della sua voce era duro e intimidatorio, le sue iridi puntate nelle mie come a voler analizzare il mio sguardo, quando dovrei essere io a farlo con lui. Che diavolo ci faceva a scuola? Era venuto qui per controllare i miei spostamenti?

"Federico, fammi passare." tuonai con tono deciso e sicuro, tentando di osservare oltre la sua figura. Ma sfortunatamente, lui era molto più alto rispetto a me.

"Puoi soltanto ascoltarmi e restare qui con me?" quasi mi supplicó, poggiando le mani sulle mie spalle e premendo le labbra in una linea sottile.

"Non voglio ascoltarti. - confermai, scuotendo energicamente il capo. - e non voglio neanche restare qui con te, fammi passare." aggiunsi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

Soul diesel >> incantava Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora