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Ho sempre amato perdermi in un viaggio costituito da piccolissimi particolari. La curiosità che, piano piano, sfuma i miei occhi allo scorrere di un sentiero, una strada o addirittura un'immensa città. Quel filo sottile – quasi invisibile ma comunque percettibile – che presto raggiunge la traiettoria del mio sguardo, composta dalla naturalezza. Essa contornata da un luccichio, e quel barlume di luminosità è abbracciato proprio dal più chiaro dei dettagli; la spontaneità di vivere a pieno la vita.

Dopo quanto accaduto con Samuel, pensai di dover raggiungere soltanto la porta della mia stanza, prendere posto sul materasso del mio letto per poi farmi stringere da quel tocco tanto straziante, soffocante, che rappresentava il dolore, la consapevolezza di dover assaporare un vuoto proprio all'altezza del petto, che con estrema lentezza inizia a premere contro le pareti dello stomaco, lasciando il mio fiato sospeso a mezz'aria e successivamente incastrato fra le pareti.

Tutto ciò fino a quando incontrai il riccio, il mio cuore cominciò ad agitarsi improvvisamente. Pensai anche di non riuscire più a conoscere nessun altro al di fuori di Samuel, ero convinta che l'umiliazione e quel gesto tanto carico di rancore e rabbia, gettato unicamente su di me, fossero in grado di rubarmi la speranza, la voglia di alzarmi da quel dannato letto una volta per tutte e aggrapparmi ad una forza maggiore, uno spiraglio di luce che mi avrebbe permesso di modificare pienamente i miei pensieri, le mie azioni.

"Penso che sia meglio restare qui, è un posto decisamente più tranquillo per parlare." specificó subito dopo Federico, il tono neutro e lento della sua voce, automaticamente, mi riportò alla realtà.

"Eleonora?" sventoló la mano dinanzi ai miei occhi, cercando di catturare di nuovo la mia attenzione.

"Come hai detto?" boccheggiai, alzando un sopracciglio confusa.

"Possiamo parlare qui, è più tranquillo. - spiegò, mostrando un leggero sorriso comprensivo. - ti senti bene? Eri pensierosa prima." aggiunse, inclinando il capo per analizzare meglio la mia espressione.

"Certo sto bene, non ti preoccupare." lo rassicurai, accennando un lieve sorriso.

Spostai lo sguardo dal suo viso, osservando il luogo nel quale aveva deciso di portarmi. Era un semplice parchetto situato nella zona di Roma da noi più frequentata, ma persino qui c'erano un sacco di ricordi custoditi, tenuti al sicuro da chi avrebbe potuto danneggiarli.

"Mi mancava venire in questo posto. - cominciò, tagliando il silenzio che si era creato. - ricordi quando quel ragazzino ci ha provato con te?" domandó, tentando di soffocare una risata anche se invano.

La mia mente viaggiò proprio in direzione di quei ricordi, e al solo pensiero non riuscii nemmeno io a trattenere una fragorosa risata.

"Aveva in mano una pietra, la sua forma era indubbiamente particolare. - increspai le labbra, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio. - un modo alquanto buffo per chiedere ad una ragazzina di andare a mangiare un gelato." commentai divertita, sedendomi poi sulla superficie di un piccolo tavolo in legno.

Federico mi raggiunse subito dopo, posó le mani sopra le gambe e intrecció le dita tra di loro. Successivamente mi lanciò un altro sguardo divertito, scuotendo il capo.

"Ricordo anche che il suo amico non smetteva di prenderlo in giro. Cercava un ogni modo di non farglielo notare, proprio per non ferirlo." sottolineó, distogliendo velocemente lo sguardo dal mio.

Ridacchiai, assaporando anche quel piccolo ricordo. Da quanto avevo capito, loro due erano amici già da qualche anno. Il più grande, ovvero colui che scoppiò a ridere anziché mostrare comunque del supporto per lui, non pareva essere molto d'accordo con il suo metodo di volermi invitare ad uscire per un semplice gelato.

Soul diesel >> incantava Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora