Neanche sotto la doccia, mentre minuscoli ruscelli andavano formandosi lungo la sua schiena e il suo petto, Larenc riuscì ad allontanare quei suoi tristi pensieri. Lasciò scorrere l'acqua, posò una mano contro il muro, e sospirò, soccombendo alla pioggia nel suo cuore, e alla cascata di lacrime imminente.
L'acqua non avrebbe lavato via il suo dolore, ma lo avrebbe nascosto, come minimo.
Non avrebbe dovuto giustificare delle guance bagnate, e il rossore che avrebbe contornato le sue iridi era facilmente mascherabile con la bugia del sapone negli occhi.
Aveva bisogno di lasciarsi andare. Lontano da occhi indiscreti, doveva lasciare uscire almeno una parte del dolore che provava per la morte di suo padre.
Non si erano mai voluti bene. Larenc aveva semplicemente tentato, per tutta la vita, di ottenere la sua approvazione. Walturn era troppo concentrato sulla guerra, sull'esercito, e sul dovere. Non aveva avuto un figlio perché desiderava una famiglia. Lo aveva fatto per avere un sostituto.
E mentre Larenc si rendeva conto di questo per la prima volta, fu come se una voce tornasse alla sua mente. Non quella di suo padre, ma quella di un bambino.
«Che cosa vuol dire Ember?» aveva domandato, quando ancora viveva nel quartiere Imperiale con il padre, e forse anche con la madre – non che ricordasse – indicando il termine su un libro.
«Significa umano, nella lingua parlata anticamente in questa zona geografica» aveva risposto il padre, parlando di tempi lontani, di prima che l'Imperatore esigesse l'uniformità linguistica in tutto l'Impero.
«E perché adesso non si dice più così?» aveva chiesto Larenc, ancora ingenuo.
«Perché gli umani hanno smesso di esistere» aveva risposto Walturn. «Sono cambiati.»
«E che cosa sono diventati?»
«Questo.»
Così dicendo, Walturn aveva creato l'illusione del cigno nero. L'animale era poi volato fuori dalla finestra, perdendosi tra le nuvole, lasciando indietro solo una piuma, che Larenc aveva raccolto.
«E questo fa capire chi è umano e chi no?» aveva chiesto ancora, mostrando la piuma.
Walturn aveva annuito.
«Allora io sono umano!» aveva esclamato Larenc, felice. Un sorriso era spuntato sul suo volto, e il bambino aveva alzato le braccia al cielo, sempre stringendo la piuma.
«Non è nulla di cui dovresti andare fiero, Larenc» aveva detto Walturn, duro.
Aveva strappato la piuma dalle mani del figlio, e con un soffio l'aveva fatta scomparire, in una minuscola nuvola di fumo grigio scuro, quasi nero, come i suoi occhi.
«Essere Ember significa essere in svantaggio. Significa essere prevedibili. Significa dover faticare di più, per dimostrare il proprio valore. Per dimostrare di essere superiore a chi non è più del tutto umano.»
Larenc si era sentito in colpa. Si era sentito inutile. Aveva deciso che avrebbe rinunciato a ogni giocattolo, pur di mettere fine alla guerra. Avrebbe dedicato la sua vita alla pace, per riscattare la sua debolezza in quanto essere umano. In quanto Ember.
«I Djabel e gli Ember non sono mai stati dalla stessa parte. Non sono mai stati la stessa cosa. Ma finché una guerra contro degli invasori ci tiene tutti impegnati, non avremo tempo di preoccuparci delle nostre differenze. In questo senso, la Guerra di Zena è quanto di più simile alla pace potremo mai ottenere.»
Suo padre parlava ancora, nella sua testa. Larenc poteva sentire il suono dei suoi passi sul pavimento del soggiorno, mentre ripeteva i concetti con cui tentava di rendere suo figlio più cinico e disilluso. Ma lui non aveva mai ascoltato. Non abbastanza. Lui credeva ancora in quella promessa di pace.
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Ember
Science Fiction[Fantascientifico/Distopico] 🏆VINCITRICE WATTYS 2021🏆 Serie "Ember" - Libro 1 Ember è il nuovo nome che l'umanità ha assegnato a se stessa, dopo la Grande Catastrofe, ed è stata sua la scelta di sottomettersi all'Alto Imperatore, un essere onnisci...