Capitolo Quattordici

273 50 527
                                    

21 aprile 1579

Il sogno di Solean si era ripetuto. Di nuovo, Rozsalia era apparsa, ma non sull'uscio del palazzo. Questa volta era riuscita a entrare, e Solean temeva che anche lei, come lui, non sarebbe mai riuscita a uscire.

«Devi andartene» diceva lei.

«Devi andartene» le faceva eco lui.

La stanza in cui si trovavano era buia, illuminata solo dalla fioca luce di una candela che la giovane donna stringeva tra le mani. La cera si scioglieva, creando rigagnoli roventi che scorrevano lungo le sue candide mani. Ma Rozsalia pareva non farci caso.

I suoi occhi erano fissi su Solean, e fu solo questione di tempo perché anche le lacrime, proprio come la cera sulle sue mani, cominciassero a scivolare sul suo viso, accarezzando le sue guance costellate di lentiggini e raggiungendo il mento, dove esitavano forse per un secondo, per poi cadere.

«Dobbiamo andarcene» dissero a un tratto i due all'unisono.

Rozsalia arrossì, e fu come sul punto di chiedere perdono per un torto commesso, ma Solean sorrise, e anche il volto di lei si rasserenò.

Ma non per molto.

«Non c'è più tempo» mormorò la ragazza, spostando lo sguardo sulla candela.

Solean seguì i suoi occhi, e anche lui diede un'altra occhiata alla candela. Si stava sciogliendo. Quando fosse bruciata completamente, la stanza sarebbe rimasta al buio.

«Me ne andrò» promise Solean, avvicinandosi a Rozsalia, prendendo le mani della giovane tra le sue. Erano fredde, in contrasto con la cera, che scottava. Ma neanche Solean se ne curò. «Me ne andrò molto presto» disse ancora, guardando nei suoi occhi azzurri e brillanti.

Rozsalia annuì, fiduciosa, e compì un altro audace passo verso Solean, chiudendo la distanza tra di loro. Posò la propria fronte sulla sua, abbassando la candela in modo da allontanarla dai capelli.

Non erano mai stati così vicini, e la sensazione mandò un brivido lungo la sua schiena. Ma era solo un sogno, pensò Rozsalia.

Era solo un sogno, pensò Solean. Uno che forse non avrebbe nemmeno ricordato, quando si sarebbe svegliato.

«Devi svegliarti, Solean» sussurrò Rozsalia. Il giovane poteva sentire il suo respiro sulle guance. Poteva contare le pieghe nelle sue labbra, le lentiggini sul suo viso. E lo avrebbe fatto. Avrebbe ammirato il suo viso per ore. Ma non ne ebbe il tempo.

Rozsalia prese la sua mano destra, e Solean si morse un labbro per costringersi a non lamentarsi del dolore. I suoi palmi scottavano, più della cera della candela.

Solean si distaccò di quel poco che bastava per mettere a fuoco il suo viso, ma non cercò di fermarla, quando Rozsalia mosse la sua mano in direzione della fiamma.

«Devi svegliarti, adesso» disse, guardandolo negli occhi. E con la mano di lui spense la candela.

 E con la mano di lui spense la candela

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
EmberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora