Capitolo Cinquantacinque

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15 aprile 1582

Ogni settimana, da mesi, ormai, Larenc si recava a Gejta, la domenica pomeriggio. E il pomeriggio di Gejta era l'alba di Neza. Larenc aveva scelto di compiere questa sorta di sacrificio, per passare più tempo con Kerol, per tenerla informata sulla guerra, e sulle scoperte che lui e Loura stavano facendo, grazie a un nuovo libro – non più il libro del destino, ma il gigantesco tomo della Storia Antica.

Avevano scoperto, in pratica, l'origine delle previsioni dell'Imperatore. Tutto ciò che accadeva su Zena era una delle tante combinazioni di eventi già avvenuti, e di cui si era tenuto traccia. Di cui l'Imperatore era a conoscenza tanto quanto gli Ember.

Larenc e Loura avevano cercato informazioni riguardanti la prima orbita di Zena, precedente alla Grande Catastrofe. Il primo 1582 era un'epoca in cui trionfavano l'ignoranza, l'inconsapevolezza, l'ingordigia e la fede in un essere superiore, in parte simile agli esseri umani, che però poteva deciderne e conoscerne i destini. Una versione ultraterrena e invisibile dell'Alto Imperatore.

Se davvero era mai esistito, ora era stato sostituito.

Avevano trovato altre analogie alla loro vita attuale, come una guerra in atto in quella stessa area geografica – nella quale, con loro grande sorpresa, un tempo non vi era il mare. Tenger non esisteva.

Dopo aver tentato di tracciare dei parallelismi, tuttavia, i due avevano ceduto alla tentazione di conoscere il resto della Storia Antica, alla quale si facevano solo vaghi accenni, sui banchi di scuola.

Larenc non era arrivato che a metà, ma aveva già trovato qualcosa che lo affascinava: una gigantesca rete di informazioni, come se la mente dell'Alto Imperatore fosse stata dispiegata, e fosse alla portata di tutti. Un luogo – ma no, nemmeno un luogo, piuttosto un portale – dal quale ognuno, da ogni parte di Zena, poteva attingere e condividere informazioni, o frammenti della propria vita.

Sembrava un'idea geniale, in grado di portare conforto e unità a tutti gli Ember. Eppure, aveva portato solitudine. Aveva frantumato gli umani. Li aveva messi gli uni contro gli altri.

«Era stata creata per agevolare i rapporti e la comunicazione fra gli Ember, per servire la Scienza e la Guerra. Ma si rivelò essere un gran fallimento, e si ritorse contro gli Antichi» raccontò Larenc. «Nel libro è descritta come la peggiore invenzione nella Storia Antica.»

«Anche peggiore di tutti quegli aggeggi usati sui prigionieri di cui mi parlasti la scorsa volta?» chiese Kerol, incredula, che era rimasta in qualche modo affascinata dal primo sedicesimo secolo. Si sentiva come se quelle stesse persone di cui Larenc le aveva parlato stessero camminando al suo fianco in quel preciso momento, tanto le descrizioni erano accurate, e tanto vicine a loro le sentiva. Erano nati e vissuti negli stessi anni, dopotutto.

«Sì, e di gran lunga» confermò Larenc, rispondendo alla sua domanda. «Se nel passato i torturatori uccidevano lentamente un condannato per volta, in quest'era si arrivò a fenomeni di massa. La gente perseguiva i propri ideali fino allo sfinimento, senza nemmeno conoscere il contenuto delle parole che professava. Si era arrivati allo svuotamento della persona. Gli Ember non erano più Ember. Erano gusci vuoti, in cerca di qualcosa con cui riempirsi di nuovo. Fu un'era di estremizzazioni, in cui ognuno veniva etichettato in base alle più assurde caratteristiche, e doveva appartenere a un gruppo di persone che la pensasse esattamente come lui, o era destinato alla solitudine. Si era costantemente impegnati a rincorrere il proprio gruppo, a tenere il passo, a non restare indietro. L'ansia e il timore dovevano essere le uniche emozioni conosciute a quegli Ember.»

«E che succedeva, se qualcuno non voleva appartenere a nessuno di questi gruppi?» propose Kerol.

«Prima di tutto, sarebbe stato etichettato comunque, e categorizzato insieme a coloro che non appartengono a nessun gruppo» spiegò Larenc.

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