Capitolo Quarantanove

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Le visite di Loura all'Alto Imperatore erano ormai divenute una consuetudine. Il ventesimo giorno di ogni mese, la giovane Megert si recava al Palazzo Imperiale di Neza, per ricevere aggiornamenti sulla situazione di sua sorella. Si sarebbe potuto dire che l'avesse seguita da vicino.

Non essendo più in possesso del libro del destino, e non avendo la stessa intelligenza e memoria dell'Imperatore per i particolari che aveva letto – e soprattutto per le date – Loura era costretta a dipendere da lui.

L'Alto Imperatore spiegò che, come al solito, Rozsalia non aveva consultato il libro del destino più dello stretto necessario. Non lo aveva aperto nemmeno per avere un paio di dritte per come entrare a Noomadel, ed era partita di lena per le porte della città, appena si era svegliata, solo qualche ora prima.

«Ha dormito durante il giorno?» domandò Loura, che non ricordava questo particolare, calcolando rapidamente la differenza di orario che la separava dalla sorella. Rozsalia si trovava in un punto di Zena in cui l'orologio doveva essere avanti almeno di nove ore rispetto a Neza.

L'Imperatore annuì.

Loura parve ricordare un evento riportato sul libro del destino, e si portò una mano alla bocca. «Sa della situazione di Solean? Lo ha già scoperto?»

«Non manca molto» rispose l'Imperatore.

Loura sospirò. Sarebbe stato un duro colpo, per Rozsalia.

«Vedo che hai una domanda, Loura» disse l'Imperatore. «Prego.» Fece un lieve cenno con la mano.

Vedo, aveva detto. Chi avrebbe potuto dirlo? Forse l'Imperatore vedeva davvero il futuro.

«Mi chiedevo soltanto se tutto questo fosse necessario» disse la giovane donna. «Il dolore che Solean sarà costretto a patire, per tutto quel tempo, per il Vostro volere. La conoscenza che ne verrà ne vale davvero la pena?»

«I miei interventi sono stati pochi, brevi, mirati e sufficienti perché non fossi costretto a porre fine alla vita di nessuno, preservando anche quella di Solean» rispose l'Imperatore, senza rimorso. Era una sensazione che conosceva, che avrebbe saputo identificare in ogni Ember, ma che non avrebbe mai potuto provare, dietro quegli occhi di vetro, nel suo cuore di plastica. «Se avessi ucciso suo padre per eliminare il problema che lo uccidesse, come sarebbe stato il suo destino, avrei causato la morte di un Ember che ora si trova invece alla clinica di Wedenak, e sulla mente del quale i Megert stanno lavorando, per estrapolare più conoscenza possibile, e donarla agli altri Ember.»

Una conoscenza della quale l'Imperatore era già in possesso, pensò Loura. Tutto ciò che gli Ember stavano facendo era un inutile spreco di risorse. Era solo un modo per farli sentire utili alla loro società, alla loro specie. Era uno spreco di tempo, come ogni singola vita.

«In questo modo, non è morto nessuno. Nemmeno Solean. Con le mie azioni, forse si potrebbe dire con le mie scelte, l'ho portato a un coma, ma ho preservato la sua vita. Potremmo dire che l'ho salvata.»

«E che mi dite dei due Megert che sono morti?» chiese Loura. «I coniugi Raksos» specificò poi. «Queste sono ben due vittime, frutto del Vostro piano contorto per condurre Solean nello stato in cui si trova ora, e rinchiuderlo nel mondo Onirico per il resto dei suoi giorni.»

«Morire era il destino dei Raksos» rispose l'Imperatore.

«Morire è il destino di tutti» ribatté Loura.

«Sai bene che cosa intendo» sorrise lievemente, come a intimarle di smetterla di prenderlo in giro, di fingere di non capire. «Raksos Davar e Anelia erano comunque destinati a venire uccisi dal Djabel che avrebbero adottato, e che avrebbero quindi tentato di plasmare alla clinica di Wedenak.»

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