Capitolo Trentasette

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Come Loura si aspettava, mostrandosi persa, e quindi inesperta, una guardia arrivò in suo aiuto, e le mostrò la via. Era un uomo grande e grosso, dalla pelle scura e gli occhi di un vivace turchese. Non si presentò, ma la giovane conosceva già la sua identità. Si trattava di Tolecnal Calud.

Grazie al libro del destino, Loura era a conoscenza di ogni evento, e di un sacrificio che avrebbe dovuto compiere lei stessa, per il bene di Rozsalia. Per il bene di tutti. Il piano dell'Imperatore era ciò che di migliore sarebbe potuto accadere, per gli Ember, anche se i primi a soffrire sarebbero stati proprio lei, sua sorella, e le persone a loro vicine.

Ma era un dolore necessario. Se, anche avendo scelta, Loura avesse potuto virare dalla rotta del suo destino, difficilmente avrebbe scelto di farlo. Il sacrificio era l'unica via per la quale la sua inutile vita avrebbe acquistato un senso.

Loura si era sempre chiesta perché non fosse morta insieme ai suoi fratelli, quella notte. Si era sempre domandata in che modo fosse riuscita a uscire viva da quel vero e proprio inferno. Per badare a Rozsalia, si era sempre risposta.

Ma non le era mai sembrato un motivo sufficiente. Si era sempre sentita inutile, inferiore, condannata. E ora che aveva la conferma che era proprio così, era fiera che l'Imperatore avesse scelto proprio lei come custode di una conoscenza tanto ampia.

Ciò che non sapeva era che nemmeno quella dell'Imperatore era stata una scelta. Si trattava di un semplice procedimento per esclusione. Nessun Ember su Zena avrebbe potuto adempire il ruolo che Loura stava ricoprendo. Quello che era il suo fato era stato scritto nelle stelle molto tempo prima che nel libro del destino.

La guardia pose quelle che erano le solite domande, rivolgendosi alla Megert, e chiedendole informazioni sullo sfregio della Djabel che stava trasportando.

Loura rispose che la giovane dai capelli rossi era una Djabel del Cervo che aveva perso l'uso delle gambe, e che stava gradualmente perdendo anche la capacità di parlare.

Rozsalia si voltò di scatto – non avevano concordato nulla del genere – e quando vide Loura sogghignare appena ebbe la conferma che la sua bugia era fine a costringerla a restare zitta, a non fare domande. Tuttavia, i suoi occhi azzurri furono abbastanza espressivi da compensare la sua bocca sigillata, quando guardò la sorella maggiore di traverso.

Calud studiava Rozsalia con lo sguardo, come a chiedersi dove l'avesse già incontrata, facendo scivolare gli occhi sui punti più indiscreti della sua figura. Quando la sensazione di venire osservata diventò insopportabile, tuttavia, la giovane si limitò a volgere il viso e lo sguardo altrove, nella speranza che il rossore sulle sue guance diminuisse.

Quando Loura si schiarì la voce, Calud sembrò uscire da quello stato di incoscienza, e fece cenno alla Megert di seguirlo. Con grande sorpresa di Rozsalia, tuttavia, l'Orsem non si diresse verso una delle tante porte che si affacciavano sul corridoio dell'ingresso, ma in direzione di quella che conduceva all'esterno.

Calud camminò lungo una delle tante strade asfaltate di Gejta, tenendosi da un lato per lasciare spazio ai trasporti. Non si fermò e non disse una parola. Loura lo seguì in silenzio, e Rozsalia combatté per soffocare un milione di domande che ora annebbiavano la sua mente.

Aveva forse intuito che stavano fingendo? Loura era preparata anche a questo? Dove la stava portando? Che cosa aveva intenzione di fare? Il modo in cui l'aveva guardata poco prima aveva qualcosa a che fare con questo? Loura sarebbe stata in grado di proteggerla o sarebbe stato a lei difendersi, utilizzando l'effetto sorpresa dato dal fatto che non fosse davvero incapace di camminare?

Che cosa devo fare?

La domanda si ripeteva nella sua mente, urlata da una voce così forte e terrorizzata che Rozsalia fu certa che anche Loura doveva averla sentita.

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