Capitolo Cinque

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1 aprile 1579

Il fronte del Vuoto era sempre stato il più tetro. Il disco del sole faceva capolino da dietro la cresta delle onde di un mare grigio in tempesta, smozzicato da Erran, che continuava la sua orbita nella direzione opposta.

Era un'eclissi parziale, ma forse per i mostri sarebbe stato abbastanza per un'invasione. La Squadra 817 era pronta, così come lo era il suo Comandante – l'Halosat Guerriero Maggiore Khilents Chayon.

Gli Yksan stavano rischiando grosso, attaccando in un momento come quello. Se speravano che bastasse la paura dei mostri a fare arretrare i Tesrat, non sapevano con chi avevano a che fare.

Erano i rimasugli degli ordini dati dalla loro Comandante, Lanes Kerol, che ora era stata catturata e si trovava entro i confini dell'Impero di Zena – attaccare durante le eclissi, ritirarsi alla vista dei mostri.

In questo modo, gli esseri provenienti dal Vuoto sarebbero stati attirati dai Tesrat più che dagli Yksan, rivelandosi degli alleati inaspettati.

Ma, ora che non c'era più Lanes a guidarli, era solo questione di tempo prima che quegli stupidi tornassero ad attaccare senza criterio e senza strategie, come avevano sempre fatto.

Chayon avanzò di qualche passo sulla sabbia scura. Nella zona B-4, incastrata tra il margine del Vuoto e le onde di Tenger, gli unici guerrieri che potevano spingersi erano quelli che non avevano paura di rimanere chiusi in trappola. Quelli che sapevano di essere abbastanza forti da contrastare i nemici, senza vedere una disperata salvezza nelle acque salmastre di fronte a loro o nel precipizio dietro di loro.

Oppure, quelli che non avevano nemmeno idea di che cosa fosse il pericolo.

«Anne, allontanati!»

Se Khilents Chayon alzava mai la voce, era perché il frastuono della battaglia era l'unica cosa che lo costringeva a farlo. Riusciva già a intimidire tutti quanti con il suo tono profondo e irremovibile.

Ma, indipendentemente dai suoi modi e dalle sue parole, sua sorella non lo ascoltava mai.

Khilents Annekha, di tre anni minore del fratello, sembrava danzare sul margine del precipizio. Avanzava, arretrava, e roteava su se stessa in finte che costringevano i suoi avversari a seguirla, e a cadere nelle sue trappole.

Se un'armata delle sue minuscole illusioni realistiche non bastavano a immobilizzare i nemici, creava un singolo scorpione, e utilizzava la tecnica dell'ampliamento. Quando la punta della coda, alzata, raggiungeva l'altezza della sua testa, la donna scagliava la sua illusione in mezzo al campo di battaglia, scatenando il panico.

La donna attese il momento in cui l'Yksan che aveva disarmato fosse costretto a balzare in avanti per raggiungerla. Allora sorrise, e si spostò di lato.

Roteò sul piede destro, mentre la gamba sinistra si alzava. Era un'elegante danza per la morte di un uomo.

Il tacco dello stivale di Annekha colpì la nuca dell'Yksan, che si ritrovò sbilanciato, e cadde in avanti.

La donna non ebbe bisogno di spingerlo, perché l'uomo cadesse dal margine del Vuoto. Il suo grido disperato venne presto coperto dal frastuono degli spari.

«Anne, diamine!» imprecò Chayon, sparando un colpo che la fece sobbalzare.

La donna si voltò di scatto. Qualche ciuffo nero della sua coda alta andò a finire oltre la sua spalla destra. «Che ho fatto?» si soprese lei, gli occhi grigi ora spalancati, come quelli di una bambina preoccupata.

Chayon allungò il braccio destro in direzione del cadavere ai suoi piedi. Annekha balzò all'indietro, come inorridita da un insetto spiaccicato sotto il suo cuscino. «Devi fare più attenzione» disse lui.

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