Capitolo Quarantasei

192 31 246
                                    

Solean entrò nella fortezza di Noomadel, e attraversò l'androne prima che il portone venisse chiuso. Camminava in fretta, senza mai guardare indietro, pensando solo al prossimo passo da compiere, alla prossima battaglia da vincere. Come se non fosse mai abbastanza impegnato. Come se non avesse mai abbastanza da fare. Come se sapesse che il suo tempo era agli sgoccioli.

Era così da più di due anni, ormai. Da quando Jaliarin era morta, Solean aveva smesso di provare qualcosa per i suoi sottoposti. Non li considerava più né Djabel, né Ember, ma semplici numeri. Era tornato a considerarli Yksan. E gli Yksan erano solo delle pedine, che Solean usava ogni giorno, scagliandole sul campo di battaglia, in una partita infinita, contro Neza. Contro Larenc.

Aveva perso Fersenvar, come d'accordo, ma non aveva smesso di puntare a Magastor. Le truppe dei Tesrat sembravano essersi riorganizzate in modo da proteggere le Sette Torri. Pochissimi soldati erano di guardia al portale di Fersenvar, mentre la difesa era concentrata a Magastor e nei dintorni, soprattutto a nord, a Revhely.

Di conseguenza, Solean era costretto a impiegare più navi, e quindi più soldati, e senza riuscire a sfregiare dei Djabel che controllassero le creature marine – gli unici utilizzati a Revhely – era costretto a utilizzare tutti i suoi uomini, anche alcuni con illusioni inutili in battaglie navali, per compensare l'assenza di Yksan con le capacità adeguate. E ancora, questo gli impediva di contrastare pienamente le forze di Neza concentrate a Magastor, se non sacrificando uno qualsiasi degli altri fronti.

Aveva anche dovuto rinforzare la difesa a Noomadel, poiché non poteva abbassare la guardia da un ipotetico attacco tramite il portale di Fersenvar, che non poteva chiudere – erano i Tesrat a possedere tutte le chiavi dei portali onirici sparpagliati per Zena.

Il piano migliore, per Solean, sembrava essere aspettare un'eclissi di Erran, in modo che i mostri attaccassero il fronte del Vuoto. In quel caso, gli Yksan presenti avrebbero battuto in ritirata, e si sarebbero ricongiunti alle forze di Magastor, per sferrare immediatamente un attacco.

Ogni tanto, Solean si chiedeva se Larenc non fosse venuto meno al patto, e avesse voluto conquistare Fersenvar senza dare nulla in cambio. L'ideale sarebbe stato incontrarsi, parlare, porre nuove condizioni al loro segreto accordo, ma era da diverso tempo che non lo vedeva, sul campo di battaglia. Lo aveva cercato tra i Tesrat Comandanti, tra i Paranx Ricognitori, persino tra gli Orsem Guerrieri. Sembrava essere svanito nel nulla. E Solean si ritrovò a sperare che non fosse morto, mentre il ricordo di lui si affievoliva, diventando sempre più insignificante.

Solo un paio di promesse si salvavano, dalla spietata falce dello sfregio cerebrale che mieteva i suoi ricordi come grano. La promessa di ottenere Magastor in cambio di Fersenvar, e quella di non dimenticarlo. E avrebbe tenuto fede alla seconda solo se Larenc avesse mantenuto la prima.

Una volta attraversato il corridoio, Solean svoltò a destra, all'angolo, salendo i primi gradini delle scale che conducevano alle stanze degli uomini al Palazzo di Noomadel.

Si aggrappava al corrimano per darsi la spinta e salire più gradini alla volta, assuefatto ormai alla forma tortile delle colonne di marmo che sorreggevano l'alto soffitto affrescato, agli infiniti tasselli colorati che componevano i mosaici su quasi tutti i pavimenti, e alle rifiniture dorate che decoravano i muri e le porte.

Tutta quella bellezza non valeva più niente. Non aveva mai avuto valore, in realtà. Non era altro che una distrazione. Uno spreco.

Fu allora che notò la figura di Hann Marszen, che scendeva le scale, un gradino alla volta, aiutato dal suo bastone. Lo sfregio cerebrale lo aveva privato dell'uso della gamba destra, e talvolta si portava via frammenti dei suoi pensieri, delle sue parole, che faticava a trovare, sempre più spesso.

EmberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora