Capitolo Diciannove

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«La missione è stata abortita. Passo.»

Una voce crudele e metallica risuonò dall'altro capo dell'apparecchio. Gli Halosat impegnati nelle comunicazioni parlavano sempre come se avessero a che fare con un branco di idioti.

«Che cosa?» Larenc lasciò da parte ogni formalità, gridando la sua domanda nella radio. Avevano intenzione di lasciarli lì a morire?

Gli Yksan distolsero l'attenzione dagli ultimi membri della Squadra 840, ormai completamente eliminata. Neanche un membro rimaneva in piedi. Neanche il più codardo aveva avuto la speranza di tornare indietro.

Larenc notò alcuni dei più giovani membri della sua squadra tremare, al suo fianco. Doveva riprendere il controllo, di se stesso e dei suoi uomini.

«Caricate, puntate, e preparatevi all'attacco. Qualcuno verrà ad aiutarci» tentò di rassicurarli. Ma nemmeno lui lo credeva.

Copiò i movimenti dei suoi sottoposti, puntando il fucile nella nebbia. Gli Yksan sarebbero sbucati presto da quella cortina di fumo.

Tuttavia, quando le figure in mimetica grigia emersero da quel nulla, non tutti furono pronti. Gli Yksan spararono per primi, e altri due soldati della Squadra 831 vennero colpiti. Sembravano essere solo feriti. Si poteva ancora fare qualcosa.

Larenc si abbassò di nuovo, spostando il fucile dietro la sua schiena. Prese di nuovo la radio. «Due feriti!» comunicò, ma quando venne ignorato di nuovo, riprese in mano l'apparecchio. «La Squadra 831 richiede rinforzi.»

Il Dragone emise un altro grido, e alcuni degli Yksan vennero distratti. Puntarono all'enorme illusione, sparando verso l'alto, dando a Larenc abbastanza tempo per riporre la radio, e assistere il ferito alla sua destra.

La pallottola lo aveva colpito alla spalla sinistra. La sua giacca nera, ingrigita a causa del fumo e della polvere, si era tinta di un colore quasi violaceo, nella zona attorno a un piccolo foro.

Il Tesrat soffocava grida di dolore, ma non riusciva a trattenersi dall'imprecare.

«Dove vi trovate?» La voce dall'altro capo della radio suonò per la prima volta dolce, alle orecchie di Larenc, e a tutta la sua squadra.

«Letteralmente sotto il Dragone» rispose Larenc. «Ci sta offrendo una sorta di copertura, ma non è abbastanza, e dobbiamo trasportare due feriti.»

«Ritiratevi immediatamente» ordinò qualcuno dall'altro capo. Ora era una voce diversa, più autoritaria, ma quasi apprensiva. Apparteneva a un altro Halosat, ma Larenc non ebbe il tempo di riconoscerla. Non subito. «È il punto più pericoloso. Gli Yksan sono attirati dal Dragone. Ripeto, ritiratevi all'istante. Passo.»

Larenc guardò i suoi compagni. Sembrava che non stessero aspettando altro. Volevano solo tornare indietro.

Ma gli Yksan erano proprio lì, davanti a loro, e non era una semplice illusione, quella al loro fianco. Era un Dragone. Era il Dragone.

Larenc ripensò alle parole di Kerol. Le aveva promesso che si sarebbe fidato di lei, nonostante il loro passato, nonostante le scelte degli altri.

Il Dragone lanciò un altro grido, ma non più rivolto agli Yksan. Era rivolto al cielo. Era un grido di battaglia. Era un segnale. Da Kerol.

La giovane si trovava infatti abbastanza vicina all'accampamento da aver capito la situazione di Larenc e della sua squadra, nonostante forse non potesse vedere le schiere di Tesrat e Yksan a causa della distanza e della nebbia.

«No, dobbiamo restare» disse Larenc, nella radio, lanciando poi un'occhiata alla sua sinistra, per rassicurare la sua squadra. Le espressioni sui volti dei suoi uomini erano sconcertate e tradite. «Il Dragone distrae gli Yksan. Abbiamo solo bisogno di un'altra squadra, per supporto. Mandate la 817. La missione può ancora andare a buon fine.»

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