[48] Lasciami sognare

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Evelyn

Un'ora dopo Can esce dalla stanza lasciandomi appagata sul letto. Siamo riusciti a chiudere il mondo fuori, senza pensare a niente se non a noi. È stato un amante dolcissimo ma rude al tempo stesso. Sento ancora il suo sapore nella mia bocca e il suo profumo sulla mia pelle. Mi crogiolo ancora per qualche minuto nel ricordo delle sue parole che mi hanno sedotto e portato al limite più volte.

Trovo Can che scarica delle assi dal pick-up di Robert. Si volta accogliendomi con un sorriso seducente. È sudato e un po' affannato per lo sforzo, guarda la mia sola stampella che mi aiuta a camminare.

«Stai facendo progressi, amore.»

Il mio stomaco freme, mi abituerò mai a sentirmi chiamare così?

«Sì, se mi muovo in casa posso farne a meno, ma fuori devo ancora aiutarmi.»

Mi guarda inclinando la testa mentre mi porto accanto a lui.

«Hai un'aria stranamente appagata,» mi stuzzica.

«Direi... estremamente appagata».

Mi sembra che arrossisca al mio commento e gonfi il petto orgoglioso. Mi allungo per dargli un bacio, ma i miei occhi si spostano sull'uomo che sbuca dall'angolo della casa.

«Merda!»

«Che c'è?»

Si gira, seguendo la direzione che sto fissando. Appena vede Alex si irrigidisce.

«Forse è meglio che rientri in casa.» dice, fissandolo.

«Nemmeno per sogno.»

Mi guarda volendo protestare ma per tutta risposta butto lontano la stampella.

Sospira alzando gli occhi al cielo. «Come vuoi,» mi solleva facendomi sedere sul bordo del cassone, «ma stai buona, ci penso io.»

Alex si ferma a qualche metro da noi, guardandoci come se fossimo degli alieni.

«Ciao,» lo saluta Can.

Alex alza il mento per rispondere al saluto, spostando gli occhi da me a lui.

Io lo guardo in cagnesco, spero per lui che non sia venuto per litigare o giuro che gli spacco un asse di legno in testa.

Seguo il profilo della sua mandibola dove noto che la stringe nervoso, sono confusa nel vedere questa sua personalità, mi accorgo che è la prima volta che lo vedo sotto questo aspetto. Quasi non riconosco i suoi occhi dolci con cui mi guardava anche quando lo facevo arrabbiare, ora sono freddi e distaccati e ammetto che la cosa mi fa soffrire.

La maglietta larga non nasconde il fisico da persona trainer e i muscoli tesi che sembrano voler scattare da un momento all'altro. Alex intreccia le braccia con le mani sotto le ascelle, si muove da un piede all'altro visibilmente nervoso.

«Vorrei parlarti da solo...»

«Io resto.» lo interrompo subito.

Mi guarda nervoso. «Evy non fare la testarda, sono venuto per parlare...»

«Allora fallo!» incrocio le braccia in attesa.

Mio fratello fa cadere le braccia sui fianchi con uno sbuffo di rassegnazione.

«Non so come iniziare...» Si infila i pollici nella fibbia della cintura.

«Inizia con lo scusarti per averlo preso a pugni.»

Can si gira con aria supplichevole, «Evy...»

«Sì, ho capito!» mi sforzo di chiudere la bocca.

«Ha ragione, sono venuto anche per scusarmi, non dovevo reagire così anche se ero arrabbiato.» mi guarda per un attimo nervoso, poi guarda Can, «quella sera al bar, quando abbiamo parlato. Tu... ti riferivi a Evelyn?»

Io ho voluto te, Tu hai voluto meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora