[17] Resta con me

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Can
Ecco la ragazza che ricordo, quella testarda che vuole fare sempre di testa sua.

«Se non abbassi la voce, sveglierai i tuoi.» quanto mi sto divertendo.

Mi sembra di rivivere un dejà vu. Evy smette di maledirmi, ma continua a darmi pugni nella schiena e a tratti mi accarezza dicendo cose incomprensibili.

Ci avviciniamo alla casa. Guardo l'ora, le 3:55 del mattino. Spero che i Cooper non soffrano d'insonnia.
Finalmente Evy, forse per stanchezza, ha smesso di prendermi per un tamburo. Apro la porta della sua stanza, cercando di essere il più silenzioso possibile. È troppo silenziosa e la cosa mi preoccupa un po', non vorrei fosse svenuta.

Non accendo la luce. Vedo bene con quella che filtra dalla finestra. La metto giù molto lentamente e la appoggio di schiena alla porta, sostenendola col mio corpo. Il ricordo di noi mi attraversa la mente.
"È qui che ha rubato la mia anima."
Sposto i capelli che gli ricoprono la faccia. Ha gli occhi chiusi e non da segno di coscienza.

«Evy, che hai...?» le do piccoli schiaffetti e la scuoto leggermente. «Evy!» l'avrò lasciata troppo a testa in giù? La scuoto più energicamente.

Lei scoppia in una fragorosa risata.

«Evy, ci sentiranno. Smettila!» Soffoco le sue risa con la mano.

«No!» continua a ridere.

«Non fare la bambina...»

Lei di colpo diventa seria e mi guarda pensierosa. «Mi hai sempre visto come una bambina. Non mi hai mai considerato niente di più, mentre io...»

I suoi occhi scivolano lentamente sulle mie labbra. Il mio cuore inizia a martellare, riconoscendo il suo desiderio come poco fa nel locale, non l'ho baciata solo perché sapevo che in giro c'erano i fratelli. Timidamente, allunga una mano e mi tocca all'altezza del cuore. Chiudo gli occhi assaporando l'effetto che mi fa.

«Sei così bello...» con l'altra mano mi accarezza alla base della nuca, giocherellando con i miei capelli.

Trattengo il respiro.
"Evy, non sfidare la sorte".

Caso vuole, ci troviamo nella stessa situazione di dodici anni fa, anche se qualcosa è cambiato, Evy non è più una ragazzina innocente, ma una donna sicura di sé che sa cosa vuole. La sua mano esplora il mio petto, insinuandosi tra i bottoni della camicia. Trattengo il fiato, cercando di controllare i brividi che mi provoca lungo la schiena.

«Sì. Proprio bello. L'ho sempre voluto dire.» mormora.

Rido per il suo apprezzamento. Ma ricordo a me stesso che sta parlando con i postumi dell'alcol.

«Sei solo ubriaca, Evy.»

«Pensavo che gli ubriachi dicessero la verità.» mi guarda seriamente.

Il mio cuore manca un colpo. «Allora, è vero anche che... mi odi, che sono un ipocrita. Che altro?»

Ridacchia «Che sei uno Stronzo! È tutto vero. Ti odio, perché sei tornato. Ti odio perché ti accorgi dell'effetto che mi fai. Ti odio, perché non faccio altro che pensare a te. Solo a te.»

Sono colpito dalla sua sincerità.

"Pensa solo a me?"

A quanto pare, l'alcol l'aiuta a sciogliersi e a parlare liberamente.

Le accarezzo la guancia com il dorso della mano «Pensavo mi avessi dimenticato.»

«Ci ho provato, pensavo di esserci riuscita, ma era solo un'illusione. Sei rimasto sempre dentro di me. Tu invece, non mi avrai mai pensato»

Io ho voluto te, Tu hai voluto meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora