[51] Cosa sono per te?

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Can entra come una furia, alza il petto ansimante e sposta i suoi occhi inceneritori tra me e Darrell. Noi lo guardiamo sbigottiti senza capire.

«Si può sapere che cazzo ci fai qui?»

Lo fisso a bocca aperta, «Can, ma che ti prende?»

«Che mi prende? Ti abbiamo cercato per quasi un'ora...»

«Perché?! Dovevo vedermi con Darrell per...»

«Non ti devi muovere senza avvisare!»

La sua rabbia mi fa salire la pressione. «Si può sapere che diavolo hai?! Calmati!»

«Dove hai hai il cellulare?!» sbraita, con il volto contratto da una smorfia di rabbia.

Non capisco il perché di tanta agitazione, ma la sua reazione mi basta per mandarmi in bestia. «Non ti devo nessuna spiegazione. Non hai nessun diritto...» mi blocco vedendo la sua mandibola contrarsi, stringe le labbra in una linea dura.

Darrell fa un passo avanti per parlare. «Se posso...»

«Tu. Fatti i cazzi tuoi!» lo guarda per un attimo con occhi gelidi, poi rivolge lo stesso sguardo verso me. Gli squilla il cellulare che tiene in mano, risponde senza guardare chi sia. «Sì... l'ho trovata, è nel suo ufficio.» 

«Si può sapere perché vi agitate tutti?»

«Mi devi informare su ogni spostamento che fai.»

Guardo Darrell alzando le spalle non sapendo come spiegare questa cosa. «Mi dispiace, io non so cosa succeda...»

«Succede che adesso torniamo a casa. E tu...» gli punta l'indice contro, «Fuori da qui.»

Spalanco la bocca scioccata. «Can non ti permettere!»

Darrell raccoglie le sue cose velocemente, «Non ti preoccupare Evy, avevamo finito, ...» va verso la porta, «ci sentiamo per aggiornamenti...»

«Scusami Dall. Chiamami appena hai novità.» passa davanti a Can a testa bassa ed esce a passo svelto.

Sono imbarazza e incazzata allo stesso tempo.

Alzo gli occhi su di lui, «Sei un mentecatto, egoista, testa di cazzo!»

Mi guarda impassibile, «Ti sei sfogata? Ora andiamo!»

«Vaffanculo, non vado da nessuna parte con te.»
Gli passo davanti furiosa con le lacrime che minacciano di uscire.

Can mi afferra il gomito per fermarmi.«Evy!»

Mi scrollo dalla sua presa «Fottiti, Yaman!» lo guardo piena di rabbia ed esco dal mio ufficio. Sento i suoi passi dietro di me. La caviglia ancora dolorante non mi permette di camminare velocemente. "Maledizione!"

«Evelyn!» il suo tono autoritario mi fa fremere ma non mi fermo. «Ragazzina testarda!»

Accelera i passi, mi prende per le spalle obbligandomi a fermarmi, e prima che possa protestare mi solleva da terra.

«Mettimi giù, subito! Zoticone che non sei altro!»

«Smettila di agitarti o ti farai male.»

Vengo attratta dalla linea del suo collo, odio sapere che lo desidero anche se mi fa incazzare come una iena.

«Stammi lontano. Non voglio vederti!» premo con il palmo della mano sul suo petto per spingerlo via, sento il battito del suo cuore accelerato e una scossa mi percorre tutto il braccio arrivando allo stomaco. "Devo fare un discorso serio al mio corpo sul fatto che in certe situazioni è meglio non eccitarsi."

Io ho voluto te, Tu hai voluto meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora