Chiarimenti

146 11 1
                                    

La notte arriva portando con sé un po' di freddo, ma io ho bisogno di respirare; così prendo uno scialle, lo metto sulla camicia da notte e scendo in giardino. L'aria fredda a contatto con la mia pelle si fa subito sentire e tutto il mio corpo comincia a tremare.

Iniziano a scorrermi in testa le immagini, I fatti, i volti delle persone... È successo tanto da quando ho lasciato l'ospedale e non è passato neanche tanto tempo. Mi ricordo che dicevo sempre a Nadia che avevo paura di uscire, perché avevo paura di venire a contatto con la vita reale. Temevo di scontrarmi e di immergermi nel mondo e nei problemi. Eppure, ora che ci penso, avrei davvero voluto trascorrere più tempo in quell'edificio? Okay, va bene magari ero protetta e magari non avevo neanche la possibilità di poter soffrire, ma di conseguenza non avrei neanche avuto la possibilità di essere felice. Avrei vissuto come un... verme, ecco come avrei vissuto. È davvero questo ciò che volevo?
Socchiudo gli occhi e sospiro profondamente. Dopo un po', guardo la facciata di casa mia e vedo che mio fratello è alla finestra. Anche lui pare assorto nei suoi pensieri, ma appena nota la mia presenza, fa finta di nulla e mi sorride lievemente. È bellissimo. La luce della luna gli illumina il viso e i suoi ricci da lontano, ora, sembrano più perfetti che mai.
Yousef mi fa cenno di salire.

"Quindi "non la ritiene sua figlia"?", chiede mio fratello basito. A quanto pare anche lui è indignato e non si riesce ad esprimere.
"Sì...", dico alla fine. Lui aggrotta la fronte e il suo viso assume un'espressione che mi pare impossibile da decifrare.
"Ma non è giusto!", sbotta lui d'un tratto e ora comprendo che è arrabbiato.
"Lo so, ma è così", gli rispondo piano.
Segue un momento di silenzio che io poi decido di interrompere: "Come ti va?"
"E a te come va?!", ribatte lui arrabbiato.
"Scusa, è che volevo solo sapere se stava andando bene o meno", dico facendo per uscire dalla sua camera.
"Non particolarmente bene, Daryn. Anzi, diciamocelo chiaro e tondo: mi va male", sussurra piano, facendo sì che io mi fermi sulla soglia della porta.
"Capisco", mi limito a dire.
"Mi ha ferito tanto e non avrei mai pensato che ne sarebbe stata capace", dichiara ad un tratto.
"Non te lo aspettavi", tendo a precisargli.
"No, non me lo aspettavo, ed è proprio per questo che sento di aver ricevuto il colpo di grazia. Se si fosse immedesimata in me, avrebbe capito quanto dolore mi avrebbe causato con il suo comportamento. Ma dato che immedesimarsi in me le avrebbe costato troppa fatica, ha evitato farlo e ha deciso di andarsene".
"Che brutta cosa, non è vero?", chiedo con lo sguardo perso mentre rammento la partenza di Ethan.
"Credo proprio di sì, cara. È che attualmente sto scappando da tutto e da tutti, mi sembra di fare una corsa senza fine", dichiara tristemente.
"Una corsa senza fine per un periodo che può dirsi indeterminato attualmente. È forse così?", domando cosciente di ciò che lui sta provando. Lui mi sorride piano per poi dire: "Bella questa citazione. Dovresti correre subito in camera tua e scriverla da qualche parte. Non è forse questo che fanno gli scrittori?"
Faccio un mezzo sorriso e poi sospiro come se avessi appena fatto un grande sforzo. "Peccato che io non sono una scrittrice", sussurro piano.
"Questo lo dici tu, io la penso diversamente invece", ribatte, "Avanti Daryn, fammi il piacere di non sparare cazzate. È da quando sei piccola che leggo ciò che scrivi e, onestamente, rimanevo senza fiato quando leggevo le tue scritte. Non te l'ho mai detto, ma mi piace quello che scrivi. Continua e non mollare".
"Ci penserò sù", dichiaro infine.
"Dí "Wallahy", chiede lui venendomi incontro per abbracciarmi."Wallahy", rispondo con un sorriso.

Rientro in camera mia e vado a posare lo scialle sulla poltrona per poi andare davanti alla finestra. Mi ritrovo a fissare la casa di Ethan e vedo che la luce della sua stanza è accesa, quindi deduco che sia ancora sveglio, come me d'altronde. Continuo a osservare la sua stanza, ma ad un tratto una figura si avvicina alla finestra. Riconosco subito i capelli lunghi e lisci e le spalle larghe: è Ethan.
Mi fissa ma non fa alcun cenno di saluto, comprendo che sia ancora arrabbiato. E ha ragione, non ha nessun torto davvero. Per la prima volta in vita mia, mi ritrovo dalla parte del torto, dalla parte di colui che deve scusarsi.
Prendo il cellulare e provo a chiamarlo, ma vedo che si limita ad osservare lo schermo, senza però avere alcuna intenzione di rispondere. Sto per perdere la speranza quando ad un tratto, la sua voce si leva dall'altra parte. "Ciao, Daryn. Hai bisogno?"
Segue un attimo di silenzio, poi io rispondo: "Ti va di venire a casa mia ora?". Lui sta zitto per un po', come se fosse indeciso sul da farsi. "Ascolta Daryn, adesso mi sembra un po' tardi. Forse è meglio fermarsi domani, dopo scuola, intendo", risponde mentre guarda il Range Rover di mia madre parcheggiare. "Va bene", mi limito a dire. Segue un momento di silenzio.
"Buonanotte, Daryn", dice prima di riattaccare.
"Buonanotte, Ethan", mi dico ormai da sola.

Amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora