Riflessioni

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Torno nella mia stanza e comincio a guardare le cose che mi hanno portato.
Ci sono parecchi fiori e molte cartoline, che dopo leggerò.
Mi soffermo sui cioccolatini di Ethan e apro la scatola. Sono pochi, ma sembrano molto buoni. Ciò che attira la mia attenzione però è l'interno del coperchio, che riporta una scritta, una frase: "You bewitched me since, the first time I saw you". Sotto c'è la sua firma.
Richiudo subito la scatola e la poso sotto il letto. Non voglio vederla più.

"Ti ho portato il pranzo", dice mia madre entrando nella mia stanza.
"Grazie", mi limito a dire.
"Pensa un po' te: un medico che porta il pranzo a un paziente! Non è divertente ?", chiede ridendo.
"Non ti ho chiesto di portarmelo personalmente. potevi farlo fare benissimo anche a un'infermiera", rispondo rigidamente alla sua sciocca osservazione.
Lei mi sistema il cibo davanti, e non dice nulla per un po'.
"Sì, potevo farlo portare da qualcun altro, ma avevo portato anche il mio. Pensavo che Sarebbe stato carino pranzare assieme", dice sollevando un altro vassoio e andando verso la porta. "Però vedo che non hai apprezzato tanto il gesto, quindi credo che andrò a pranzare con gli altri medici. Buon appetito", continua uscendo dalla stanza.
Quello che ho detto non è stato per nulla raffinato né tanto meno carino; però tutto quello che voglio ora è stare da sola.
Posso almeno soffrire da sola?

Finisco di pranzare e mi alzo dal letto. Decido di darmi una sistemata prima di ritornare, nel tardo pomeriggio, da Nadia.
Ci eravamo messe d'accordo che avremmo passato ancora un po' di tempo assieme.
Vado in bagno e mi guardo un attimo allo specchio. Rimango di stucco quando vedo l'immagine della ragazza davanti a me: le guance sono scavate e gli zigomi sono sporgenti, le labbra sono secche e... bianche; ma tutto questo non è nulla se guardo le mie occhiaie.
Questa immagine di me stessa mi ricorda il mio periodo buio: l'anoressia.
Mi sciacquo la faccia in fretta mentre evito prudentemente qualsiasi occhiata allo specchio.
Esco dal bagno e vado e sedermi sul letto di nuovo. Penso al significato, al senso, delle mie azioni e ai fatui e sciocchi sentimenti che ho provato per quel ragazzo.
Se l'amore per un uomo, mi può condurre ad assumere un tale aspetto, allora, penso che nessun uomo sia degno di tanto amore.
Ricomincio a provare freddo e le gambe cominciano a tremarmi.
Butto la testa sul cuscino, mi copro bene, socchiudo gli occhi e subito dopo, per me, diventa notte.

"Le sue condizioni non sono ancora stabili; il battito cardiaco deve essere costantemente controllato", dice una dottoressa a bassa voce.
"Pensavo che stesse migliorando...", mormora mia mamma con una voce spezzata.
"Karma, sei un medico e, come tale, sai benissimo che le condizioni di un paziente non sono mai stabili, finché non mette piede fuori dall'ospedale", le risponde piano.
"Hai ragione... però, capisci che lei è la mia unica figlia, la luce dei miei occhi in poche parole; se lei... se lei se ne andasse da un momento all'altro, se Dio decidesse di portarmela via, io penso che tutta la mia esistenza smetterebbe di assumere qualsiasi significato. I miei figli, quelli, sono l'unica cosa che mi è rimasta: vivo per loro. Quando uno dei due sta male, io sto male. Le nostre vite sono così legate l'una all'altra a tal punto che si possono definire una cosa sola. Io sono loro e, loro sono me".
La dichiarazione di mia mamma mi lascia un po' senza parole e mi fa ragionare su tutto quello che ci è successo negli scorsi anni.
"Le nostre vite sono così legate l'una all'altra a tal punto che si possono definire una cosa sola", credo che questa frase mi perseguiterà fino all'eternità.

Riapro gli occhi e guardo il comodino vicino a me. La sveglia segna le 20:30. Non è possibile che io abbia dormito così tanto...
sbatto le palpebre più volte per riscuoteremmo dal torpore. Non faccio in tempo a mettermi seduta che vedo mia mamma uscire dal bagno.
"Oh... ti sei svegliata", sussurra con un misto di felicità e angoscia. Ha gli occhi rossi e gonfi: ha pianto.
"Sono viva", dico provando a sorriderle dato che mi fa pietà.
"Grazie ad Allah", mi risponde con un tono commosso.
"Mamma?"
"Sì, Daryn?"
"Puoi portarmi un tappetino da preghiera e un velo? È da tanto che non parlo a Dio".

Amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora