Il tuo numero

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"Bene, ragazzi. Mi raccomando esercitatevi ancora sulle frazioni algebriche, perché domani c'è la verifica. Buona fortuna", dice la Kofler mentre esce dalla classe.
È l'ultima ora, suona la campanella e tutti gli studenti cominciano a uscire dalla classe. Alla fine, rimaniamo solo io ed Ethan nell'aula.
Lui mi guarda - sempre sorridente - e si avvicina, mentre io sto mettendo il mio materiale nello zaino. "Andiamo ?", chiede Ethan. "Certo. Vai pure, ti raggiungo fra un attimo. Prendo qualcosa alle macchinette e arrivo", rispondo gentilmente.
"Okay, va bene. Nel frattempo, ti porto lo zaino in biblioteca."
"Grazie, Ethan", rispondo sorridendo. Non manca di galanteria il ragazzo a quanto pare...
Inizio ad andare alle macchinette. Davanti al distributore, sono indecisa su cosa prendere, ma alla fine opto per degli Oreo. Prendo due pacchetti, uno per me e uno per Ethan. Mi dirigo verso la biblioteca e vedo qualche studente ancora nei paraggi. Entro e trovo Ethan già chino sul libro di matematica. "Ti ho preso gli Oreo. Prima mangiamo", dichiaro io sussurrando.
"Oh grazie, Dary".
Rimango sconcertata quando lo sento pronunciare il mio nome in quel modo, ma non lo faccio notare. Iniziamo a mangiare in silenzio.
"Da quando è che sei in Italia tu?", chiede Ethan ad un tratto. "Io sono nata qui", rispondo semplicemente.
"Ah... ma di che origine sei ?"
"Vengo dall'Egitto"
"È bellissimo l'Egitto. I miei lo adorano, ci vanno ogni anno. Sarebbero davvero contenti di conoscerti", dichiara sorridendo.
Non rispondo, perché sicuramente non avrò nessuna occasione di conoscere i genitori di Ethan.
"Ma tu sei musulmana, vero?", domanda lui rompendo di nuovo il silenzio.
"A quanto pare", rispondo indicando il mio velo. Ho messo quello rosa, che mi aveva regalato la mamma. "Ti sta veramente bene questo velo. Ti fa bella", dichiara pensieroso.
A quella frase io arrossisco e guardo i miei Oreo quasi finiti. Non sono abituata a complimenti di questo tipo. Insomma, i ragazzi non si permettono mai di oltrepassare il limite dell'amicizia con me. Non dico che lui lo stia oltrepassando però... Non so esattamente cosa lui stia cercando di fare.
Di solito i maschi si vergognano di fare certi complimenti, di dire certe cose, ma lui è diverso. Gli ultimi tre giorni, che ho passato con Ethan, mi hanno fatto notare alcune delle sue caratteristiche; e posso affermare con certezza che è sfacciato e sicuro di sé, a volte fin troppo anche.
Finiamo di mangiare e iniziamo a fare matematica, non mi perdo in chiacchiere e faccio gli esercizi con lui e confrontiamo i risultati. Stranamente, ci vengono tutti uguali. Aveva detto che aveva bisogno di aiuto, però è piuttosto bravo...
"Va Bene così. Sei preparato. Mi raccomando ripassa la teoria e sarai apposto", dico stiracchiandomi sulla sedia.
"Grazie, Daryn. Davvero grazie", dice Ethan alzandosi. Mi limito a sorridere per poi rimettere le cose nello zaino. "Andiamo a casa?", chiede dopo aver rimesso le sue cose apposto.
"Andiamo", mi limito a dire.
Noi due che camminiamo vicini, è una scena abbastanza comica: una ragazza musulmana con il velo, assieme ad un ragazzo americano bellissimo. Top direi...
"Ti senti preparata per domani?", chiede lui all'improvviso. "Sì, abbastanza. Tu?"
"Sì. Senza dubbio", risponde fiducioso.
Accidenti! È sempre così sicuro di sé, e questo lo rende, in un certo senso, ancora più attraente. "Sei brava a scuola, immagino..."
"No, faccio pena", rispondo io nulla curante.
Lui d'un tratto scoppia a ridere e dice: "Sai essere pure ilonoca".
"Ilonica?", chiedo sconcertata
"Sì..."
"Ethan... si dice "ironica" non "ilonica" ", lo correggo ridendo.
Lui sembra pensarci su un attimo poi dice: "Eppure l'avevo sentita proprio così quella parola".
"No, caro. Si dice "ironica". Questo aggettivo deriva dalla parola "ironia" ", spiego io abbastanza divertita.
"Cosa vuol dire "caro"", chiede Ethan d'un tratto.
" "Caro" lo dici a una persona che ti sta a cuore, una persona a cui vuoi bene insomma", spiego ancora più divertita.
"Quindi io ti sto a cuore?", domanda Ethan illuminandosi d'un tratto. Sembra un bambino. "Cosa? Ma... perché lo pensi?", chiedo abbastanza nervosa. "Perché me lo hai appena detto...", dichiara lui con sicurezza. Prendo una pausa, indecisa su come rispondere. Questo ragazzo mi farà diventare matta prima o poi. "Era un modo di dire, Ethan", dico infine.
"Quindi non mi vuoi bene?"
"Non ti conosco ancora bene per volerti bene". Per tutto il tragitto rimaniamo in silenzio. Io sto attenta alla strada, mentre lui sembra immerso nei suoi pensieri. Arriviamo davanti a casa mia, così sono obbligata a scrollarlo dai suoi pensieri dicendo: "È stato un piacere aiutarti, Ethan. Per qualsiasi cosa chiamami". Mentre sto salendo le scale per entrare nella villa, lui urla: "Daryn, non ho il tuo numero".

Amore proibitoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora